Bene i conti Mediaset, male Rai, incerti Dazn

Ci sono i primi conti di metà stagione: bene Mediaset, male la Rai, non chiari quelli di Dazn, l’ultima arrivata nel mondo dei diritti televisivi. La ripresa della programmazione autunnale sta evidenziando cambiamenti, spostamenti, revisioni condizionati dalla pandemia sanitaria. Nell’industria dello spettacolo all’ottimo successo della Mostra del cinema di Venezia non sta, per ora, rispondendo il ritorno del pubblico nelle sale cinematografiche, anche a causa delle incertezze sugli ingressi green pass e sugli spostamenti con i mezzi pubblici. Nel frattempo però fervono a Cinecittà lavori di ampliamento, di ristrutturazioni per rendere la struttura seconda soltanto ad Hollywood, rivalutando studi (celebre il 5 di Fellini), ricerca di nuovi spazi e valorizzazione dell’enorme e prezioso archivio dell’Istituto Luce. I dati dicono per quanto riguarda Mediaset che c’è una ripresa degli introiti della pubblicità, affossata per un biennio dalle restrizioni imposte dal coronavirus.

Nel presentare la “semestrale” Pier Silvio Berlusconi e Matteo Giordani, manager marketing di Publitalia, hanno evidenziato che la raccolta (+526 milioni nel secondo trimestre 21) sarà superiore dell’1 per cento nei primi 9 mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo del 2019, cioè prima del Covid. Mediaset torna quindi all’utile pari a 226, 7 milioni, frutto dei ricavi netti consolidati saliti a 1.387, 2 milioni (963, 7 in Italia e 423,6 in Spagna). Bene quindi i risultati della partecipata al 40 per cento El Tower e la partecipazione in ProsiebenSat 1. Il gruppo di Cologno Monzese guarda con moderato ottimismo la crescita in Europa. L’appuntamento più ravvicinato è quello del 28 settembre quando sarà perfezionata la fusione per incorporazione di Mediaset spa nelle newco con sede legale ad Amsterdam che darà vita a Mediaset Nv, che prenderà il nome di Mfe, finita la battaglia legale con Vivendi del bretone Vincente Bollorè.

Male i conti della Rai. L’amministratore delegato e direttore generale ad interim Carlo Fuortes, nel presentare l’offerta 2021/22 di Radio Rai, non ha nascosto la necessità per l’azienda di viale Mazzini di operare tagli consistenti dei costi. Sui tavoli del settimo piano c’è il dossier dei 300 milioni in rosso da recuperare. I nuovi vertici devono operare risparmi. Le eventuali nomine che saranno effettuate dopo le elezioni amministrative saranno condizionate dagli equilibri politici e dagli aspetti economici, che dovrebbero impedire acquisizioni esterne. Quasi sicuramente salterà la costruzione della Saxa Rubra del Nord voluta all’ultimo momento dal vecchio Cda guidato da Marcello Foa. L’operazione Portello avrebbe comportato l’esborso di milioni e milioni per un progetto che ha raccolto molte critiche. Tra l’altro un polo milanese di questo tipo avrebbe danneggiato fortemente Roma che ha una grossa struttura nel settore dell’audio-video, nella produzione di film e documentari. A Saxa Rubra c’è, comunque, aria di fibrillazione, come ogni qualvolta che cambiano i vertici di Viale Mazzini. Due gli aspetti su cui si discute maggiormente: la scarsa presenza delle donne ai vertici aziendali, la contestazione del Pd alla consigliera Francesca Bria non ritenuta sufficientemente in linea con le decisioni del partito essendo stata spinta in Cda dal ministro del Lavoro Andrea Orlando. C’è poi la questione degli appalti esterni di troppe trasmissioni di approfondimento: da Uno Mattina a Domenica In, dai Soliti ignoti alla Vita in diretta. L’Agcom, infine, ha aperto un’istruttoria sulla rilevazione degli ascolti Dazn, metodica non considerata conferme.

Aggiornato il 17 settembre 2021 alle ore 11:16