Probabile? Allora è certo

Secondo una nota barzelletta, un giorno il buon Dio decise di creare l’uomo perfetto e, allora, creò il professore universitario. Poi, decise di creare il suo opposto, l’uomo peggiore e, allora, creò il collega del professore universitario. La recente proposta avanzata da un deputato di consentire agli scienziati di parlare in pubblico in tema di pandemia solo se autorizzati da una apposita commissione è francamente inappropriata ma trae la sua apparente ragionevolezza, fra l’altro, anche dalla continua contrapposizione fra scienziati di diverse scuole di pensiero.

D’altra parte, la proposta non solo assume una posizione illiberale ma, se attuata, genererebbe inevitabilmente il “mercato nero” delle notizie o, per meglio dire, uno dei fenomeni più studiati dai sociologi: le dicerie, come se non bastassero quelle già assai abbondanti su Internet. Tuttavia, essa nasce da una evidente situazione di disagio da parte di una notevole quantità di persone combattute da dubbi, ansia e, in definitiva, scarsa fiducia nella scienza nonostante la maggioranza della popolazione abbia deciso di seguirne l’orientamento fondamentale, e largamente condiviso, aderendo alla vaccinazione.

È comunque evidente che l’apparizione di uno scienziato in televisione e la popolarità che così viene acquisita giocano un ruolo rilevante, come dimostra la fulminea pubblicazione di libri divulgativi nella speranza di vederne vendute il maggior numero possibile di copie. Su questo fatto ognuno di noi può avere l’opinione che crede ma è indubbio che il protagonismo individuale e l’attraente richiamo del successo mediatico stanno esibendo il loro più alto valore motivazionale. La disputa fra scienziati, da parte sua, è decisamente normale nella ricerca scientifica ma ha il suo naturale palcoscenico nei convegni, nei laboratori e nelle riviste scientifiche e non certo in talk show nei quali, fra l’altro, i conduttori non si fanno scrupoli nel sollecitare gli scontri intuendone evidentemente la capacità di sostegno al successo della propria trasmissione.

Non mancando, tuttavia, di presentarli come omaggio alla “libertà di pensiero”. Una libertà che, tuttavia, non compare quando l’argomento è un tema percepito dal pubblico come meno coinvolgente e minaccioso nell’immediato come, per esempio, i “cambiamenti climatici” e in particolare la loro causa antropica che non è affatto, come si pensa, universalmente ritenuta indiscutibile. Su questo tema si veda la breve ma attenta critica di Pierluigi Barrotta in Esperti scientifici e complessità. Il ruolo della competenza nelle società democratiche (Pisa University Press, 2020).

In ogni caso, il vero guaio sta non solo o non tanto nella spettacolarizzazione persino di una pandemia ma nel fatto che nessuno, nemmeno istituzionalmente, sta pensando di trarre profitto dalla caoticità attuale per introdurre alcune conoscenze di base sul tema dal quale dipende tutta la questione pandemica, ossia la natura e il buon uso delle probabilità, sia nella spiegazione scientifica sia nelle pratiche di mitigazione. Il risultato è che qualsiasi affermazione di un virologo o epidemiologo – i vaccinati possono infettare, il vaccino protegge dalle forme gravi di malattia, la mascherina protegge, all’aperto il virus non è pericoloso, gli effetti collaterali del vaccino sono rari – viene trattata dal pubblico come verità consolidata oppure rifiutata sulla base di proprie preferenze, timori, simpatie o antipatie per chi la esprime e non, come invece è, probabilistica, cioè dotata di una sua propria “forza” sempre minore di 100 e, come tale, da tenere presente soprattutto se composta o totale, ossia considerata assieme ad altre.

Si badi bene che, nella vita quotidiana, ognuno di noi adotta un comportamento che si basa sulle probabilità, quanto meno su quelle soggettive, nel momento in cui decide di prendere una strada piuttosto che un’altra per evitare il traffico oppure quando decide di investire i propri risparmi in questa o quella forma. Il passaggio ad una condotta un po’ più razionale, attraverso un saper “far di conto” aggiornato e introdotto sin dalle scuole elementari, non dovrebbe risultare faticoso in una società nella quale, invece, circola una abbondante sicumera fondata sulla sola emotività e sulla pretesa di impossibili certezze.

Aggiornato il 24 settembre 2021 alle ore 10:24