Odontoiatria forense: intervista al professor Emilio Nuzzolese

Docente di Medicina legale presso l’Università di Torino, Cavaliere della Repubblica, consulente di diverse Procure in Italia nell’ambito della Odontoiatria forense, il professor Emilio Nuzzolese racconta in questa intervista il suo impegno e le sue esperienze.

Professor Emilio Nuzzolese lei si occupa, da molti anni, di prevenzione delle patologie dentarie dei minori ma anche dei maltrattamenti che essi subiscono. Ci spiega questo impegno in cosa si traduce?

Da quando ho iniziato a esercitare la professione ho posto sempre l’accento sull’importanza di promuovere la salute orale, soprattutto nelle fasce sociali più vulnerabili, attraverso programmi di prevenzione e di assistenza odontoiatrica nelle scuole, nei centri di accoglienza di migranti, in favore di bambini e persone con disabilità. Le esperienze di odontoiatria sociale maturate negli anni, collaborando con la Croce Rossa Italiana, l’Unicef, il Rotary, le Caritas e la Lega del Filo d’Oro e le diverse missioni umanitarie svolte anche all’estero, hanno condotto alla creazione di un gruppo di operatori sanitari e insegnanti dedicato alla solidarietà odontoiatrica, che nel 2010 hanno costituito la prima Associazione di Volontariato Odontoiatrico in Puglia, chiamata Solidarietà Odontoiatrica per l’Handicap e l’Infanzia (Sophi). Parallelamente, le mie attività di studio e ricerca nell’ambito dell’odontologia forense hanno portato ad individuare l’ulteriore necessità di coinvolgere i colleghi odontoiatri nella prevenzione del maltrattamento e trascuratezza dentale dei bambini e adolescenti. Non riuscirei a fare una sintesi delle iniziative intraprese nel sociale, perché la lista è davvero molto lunga. Posso per però ricordarne qualcuna: eventi di aggiornamento e sensibilizzazione, già a partire dal 2009, fino al coinvolgimento dell’Ordine dei Medici di Bari dal 2017; progetti editoriali inediti per noi dentisti, volti a informare e sensibilizzare i colleghi sul volontariato odontoiatrico, un manuale gratuito del 2015 sostenuto anche dal Garante Regione Puglia per i Diritti dell’Infanzia e un recentissimo volume multidisciplinare del luglio 2021; sinergie con l’assessorato al Welfare del Comune di Bari, con numerosissime iniziative di sostegno e promozione della salute, come quella intrapresa nel 2017 e tutt’oggi attiva presso la “Casa delle Bambine e dei Bambini” di Bari. Non posso non sottolineare il grande supporto ricevuto dal Centro Servizi del Volontariato “San Nicola”, grazie al quale abbiamo fatto rete con altre associazioni di volontariato del territorio, fino a partecipare a tutte le edizioni del “Meeting del Volontariato” presso la Fiera del Levante di Bari e a manifestazioni di piazza. Possiamo fare tanto per proteggere il sorriso dei bambini e delle persone più fragili, e se siamo riusciti a fare la differenza è solo grazie all’apporto di tutti i colleghi medici, igienisti dentali e insegnanti che hanno aderito e che continuano a crederci.

Quali sono i temi di tutela dei minori che ha affrontato nei due libri che citava?

I due volumi rappresentano la fusione di competenze ed esperienze nell’odontologia forense e nell’odontoiatria di comunità. Nel 2015 il manuale “maltrattamento e trascuratezza dei minori”, scaricabile gratuitamente, prospetta tutti gli elementi necessari per una semeiotica odontoiatrica mirata al riconoscimento di morsicature e segni di trascuratezza dentale. L’ultimo volume, in collaborazione con il Coi (Cooperazione odontoiatrica internazionale) intitolato “La Trascuratezza Dentale e il Maltrattamento all’Infanzia”, contiene, invece, inediti contributi multidisciplinari e plurispecialistici di esperti, fornendo riferimenti normativi, nozioni tecnico-forensi e psico-assistenziali per potenziare il contrasto al maltrattamento e abuso. Temi molto cari ai Garanti regionali per i diritti dell’infanzia e adolescenza, che confermano l’esigenza di percorsi formativi e informativi anche a tutto il personale dello studio odontoiatrico, e il coinvolgimento di noi odontoiatri forensi nei gruppi di lavoro multidisciplinari sul maltrattamento di bambini e adolescenti.

Lei è consulente di molte Procure della Repubblica, in svariate circostanze, a margine di efferati delitti. Quello che ricorda maggiormente e come il suo impegno è stato funzionale alle indagini?

Tra le indagini penali nel quale un odontoiatra forense può essere coinvolto, oltre i casi di denuncia per presunta malpractice, c’è l’identificazione di resti umani e l’analisi forense di lesioni da morso umano. I segni di morsicatura si possono riscontrare in casi di violenza domestica, abuso sessuale, maltrattamento di minori e omicidi. Come ogni prova di un crimine, è necessario l’esame peritale da parte di un perito odontoiatra quando si tratta di evidenze dentali. Il caso giudiziario che mi ha visto particolarmente impegnato sotto il profilo odontologico-forense è stato un processo per omicidio, noto ai media come “Delitto di via Poma”, nel quale ho difeso l’unico imputato. Un caso irrisolto nel quale la povera vittima, Simonetta Cesaroni, fu trovata uccisa con numerose coltellate inferte da qualcuno che conosceva il 7 agosto 1990, insieme a una presunta lesione da morso umano sul seno. Il mio coinvolgimento inizia nel 2009, quanto la Procura della Repubblica di Roma, dopo nuovi accertamenti tecnici svolti da un ufficiale del Ris, due medici legali e due odontoiatri, riapre il caso e rinvia a giudizio l’ex fidanzato Raniero Busco. Le prove scientifiche a suo carico sono la presenza sulla vittima del suo profilo genetico e di una piccola lesione ecchimotica sul seno, che il medico legale già nell’autopsia del 1990 aveva attribuito ad un morso contestuale all’omicidio. Quest’ultima lesione nel 2008 viene considerata corrispondere alla dentatura di Raniero Busco. Ho scelto di difendere tecnicamente l’imputato, perché proprio la prova della morsicatura rappresentava la “prova regina”, cioè la prova più importante poiché contestualizzava la presenza dell’autore con il momento dell’omicidio. Non era la prima volta in cui svolgevo un incarico peritale pro bono, e la lettura della relazione peritale dei due medici legali e dei due odontoiatri mi imponeva di riportare l’intera analisi a una più corretta criteriologia odontologico-forense. La lesione osservata sulle fotografie del 1990 senza adeguati riferimenti metrici, e la comparazione con la dentatura dell’imputato del 2008, dimostrava – secondo gli odontoiatri coinvolti nel primo grado di giudizio e persino secondo l’odontoiatra forense nominata nel processo di appello dalla parte civile – che l’autore del morso fosse proprio Raniero Busco. Nulla di più infondato e tecnicamente non dimostrabile, se non attraverso una somma di approssimazioni che un perito non dovrebbe mai assecondare, indipendentemente dal ruolo assunto. Come sa, quel processo si è poi concluso con l’assoluzione di Raniero Busco, avvallando la mia ipotesi di non poter attribuire quella lesione da presunto morso ad alcun soggetto adulto. Nella mia analisi odontologico-forense, pur nei limiti delle evidenze, concludevo della possibile compatibilità della lesione con un morso umano dato lateralmente non attribuibile ad alcuno, lesione che era ugualmente compatibile con i “denti” del fermacapelli rotto ritrovato accanto alla vittima al momento del primo sopralluogo della polizia, ignorato da tutti gli inquirenti.

Questo caso giudiziario ha messo a dura prova la validità e l’utilità di un’analisi forense di evidenze da morso umano, perché troppo contradditorie le conclusioni tecniche dei diversi periti coinvolti. Credo che il vero limite nelle indagini scientifiche sia la presenza di medici iscritti nell’albo dei periti dei Tribunali privi di quella “speciale competenza”, spesso più autocertificata che supportata da adeguata attività di studio e ricerca.

Esiste un tema ampio del riconoscimento dei cadaveri attraverso l’analisi della dentatura, anche in questo è impegnato da anni. Esiste oggi un coordinamento a livello europeo dei professionisti come lei impegnati nella odontoiatria forense, oppure ci sono criticità?

Ci sono diverse associazioni nazionali e internazionali che organizzano eventi di aggiornamento e formazione nelle scienze forensi. Difficile parlare di coordinamento, anche se stiamo lavorando alla standardizzazione di processi e terminologie forensi nei gruppi di lavoro Iso (International organization for standardization) di cui sono anche componente per l’Università di Torino. Tra le criticità, l’esigenza di una maggiore tutela dei Diritti umani dei corpi senza nome attraverso la promozione di migliori pratiche negli accertamenti medicolegali e un più autentico apporto anche degli odontoiatri forensi nelle autopsie a fini identificativi. L’Italia rappresenta già un modello comportamentale per molti Paesi, ma dobbiamo porre maggiore enfasi alla raccolta delle informazioni dentali post mortem, che permettono di pervenire ad una identità, in modo veloce ed economico. Ecco perché il laboratorio di identificazione personale dell’Università di Torino sta lavorando all’autopsia orale a distanza in un modello chiamato “virdentopsy, che rappresenta un innovativo strumento volto a integrare l’odontoiatria forense in tutti quegli scenari in cui ci sono presenti evidenze dentali da esaminare, come nel caso degli accertamenti medico-legali sulle migliaia di migranti deceduti e non ancora identificati.

Un’emergenza, non abbastanza nota mediaticamente, è rappresentata proprio dal numero dei “corpi senza nome”, in Italia oltre 2600. Proviamo a immaginare lo stato d’animo dei familiari delle persone scomparse che attendono da anni di sapere il destino del proprio caro, la cui salma magari è stata ritrovata ma rimasta senza un nome e un funerale. La maggiore criticità in questo contesto è un protocollo Europeo che disciplini le autopsie medico-legali a fini identificativi, che è rimasto fermo ad una raccomandazione del 1999, che – ad esempio – non prevede il sistematico contributo dell’odontologia e dell’antropologia forense, come invece propone l’Università di Milano e di Torino. Ho fortemente sostenuto la necessità di promuovere un gruppo internazionale di esperti nell’odontologia forense chiamandolo Association Forensic Odontology for Human Rights (Afohr), anche offrendo il nostro contributo in iniziative umanitarie. Proprio lo scorso settembre la Afohr, che annovera quasi trenta nazionalità, ha organizzato il primo simposio internazionale affrontando il tema della Dignità e Diritti dei Corpi senza Nome, che poi è anche quanto ho presentato nella Maratona europea dei ricercatori il 24 settembre scorso a Torino.

Nonostante i denti siano il mezzo più efficace per il processo identificativo, l’odontoiatra forense rimane ancora il meno coinvolto negli accertamenti autoptici. Resto, tuttavia molto ottimista, grazie all’operatività delle Società Scientifiche del settore e alle Università italiane che promuovono percorsi di formazione in odontologia forense, che stanno provando anche ad attivare una scuola di specializzazione in odontoiatria legale e forense.

Aggiornato il 11 ottobre 2021 alle ore 11:28