La rivoluzione della diretta tivù

lunedì 17 gennaio 2022


Siamo ormai tutti collegati via Internet con i nostri telefonini, computer, satelliti. Trent’anni fa non era così. C’erano questioni tecniche e giuridiche. A ricordarcelo è il trentesimo anniversario della prima edizione del Tg5 di Canale 5. Il 13 gennaio 1992 è una data storica perché veniva interrotto il monopolio della diretta da parte della Rai. Le televisioni private soltanto dal settembre 1992 avevano ottenuto, grazie alla Legge Mammì, la possibilità di fare il grande salto. La Fininvest, dell’imprenditore milanese Silvio Berlusconi, poteva organizzare le trasmissioni in diretta sia per i telegiornali che per lo sport. All’epoca anche Telemontecarlo poteva trasmettere in diretta ma era considerata una emittente straniera come Capodistria. Riferendosi all’applicazione della legge del repubblicano Mammì Adriano Galliani, uno dei top manager del gruppo del Biscione, poteva annunciare che dal 23 agosto era scattato anche per le reti private l’obbligo di diffondere i telegiornali. A interrompere qualsiasi illazione o restrizione ci pensò l’allora ministro delle Poste Carlo Vizzini secondo il quale era scontato che i telegiornali avevano necessità della diretta. Tesi contrastata dall’allora giovane Vincenzo Vita che con Walter Veltroni decidevano le linee guida del Pci in materia di informazione. E infatti il Pci nel 1989 aveva ottenuto con Angelo Guglielmi alla Rete Tre e con Sandro Curzi al Tg3 la gestione di un intero canale.

Era anche un tentativo di sbarrare la strada all’assegnazione delle concessioni tv: nove alle emittenti nazionali (più le tre della Rai) e circa 500 alle tivù locali. Il progetto spiegato da Adriano Galliani partiva subito dal campionato di calcio (una specie della trasmissione per eccellenza condotta da Paolo Valenti e coordinata da Guglielmo Moretti e Gilberto Evangelisti Tutto il calcio minuto per minuto) per allargarsi alle notizie. Il tempo per preparare organigramma, orari di trasmissione, sedi redazionali, scelte tematiche ed ecco la prima scelta: il direttore. A Fedele Confalonieri e a Galliani (lui milanista) piaceva un giovane inviato (anche se interista) del Tg1 della Rai. Enrico Mentana dalla folta chioma, svelto di parola (era soprannominato Mitraglia) era il giornalista adatto per questa esperienza innovativa. Il collaudato Emilio Fede portava avanti Rete 4. Informazione così in tempo reale. Il primo Tg5 del 13 gennaio 1992 è delle ore 13, condotto dalla giovane cronista Cristiana Parodi che si presentò in tailleur giallo firmato Max Mara, poco trucco, top bianco girocollo, orecchini gold. Uno stile. La classe dei conduttori distinguerà sempre Tg5 anche dopo i 12 anni di direzione di Mentana quando subentrò il giornalista “arbiter elegantiarum” Carlo Rossella che rimase al vertice per tre anni fino al 2007 quando prese le redini del comando Clemente Mimun che con i suoi fidi collaboratori da Cesara Buonamici a Claudio Fico dirige ancora la testata che ha inanellato tanti successi e che ha rappresentato l’alternativa al Tg1 della Rai, prima della nascita de La 7 del gruppo Cairo e con al vertice Enrico Mentana. Una grave malattia ha impedito a Lamberto Sposini di continuare il suo diretto impegno giornalistico.

Come ricorda Clemente Mimun, “siamo arrivati quando c’era il monopolio assoluto delle testate Rai. Eravamo 45 giornalisti e sfidavamo una corazzata. Avevamo alle spalle Silvio Berlusconi che quando si tratta di lanciare sfide impossibili non si tira mai indietro. Gli obiettivi di ieri sono gli stessi ancora di oggi”. L’obiettivo è di fare un buon prodotto, raggiungere un vasto pubblico, rigore nel budget. E la soddisfazione dell’amministratore delegato Pier Silvio Berlusconi è quella di essere “un punto di riferimento assoluto dell’informazione italiana. Trent’anni di credibilità, modernità, innovazione conquistati con il lavoro di tutti”. Compleanno con il botto per i quasi 8 milioni di ascoltatori (33, 2 di share) della partita trasmessa da Canale 5 di Supercoppa Inter-Juventus (vinta dai nerazzurri al 121° minuto di gioco).


di Sergio Menicucci