L’epopea dell’alta velocità

lunedì 2 maggio 2022


Sono passati ormai trenta anni ed è normale, di fronte a un arco temporale così lungo, dimenticare alcuni momenti che definisco storici e che hanno caratterizzato la nascita nel nostro Paese di una offerta del trasporto come l’alta velocità. Avendo vissuta quella particolare e interessante fase in prima persona insieme a Lorenzo Necci, Emilio Maraini e Cesare Vaciago, non posso non ricordare un riferimento importante che venne inizialmente non condiviso: la nascita di una Società per Azioni con il 51 per cento di capitali privati e il 49 per cento di capitali pubblici. Una Società per Azioni con un capitale sociale versato inizialmente di 100 milioni di lire e un aumento, dopo circa due anni del capitale, a 1.500 milioni di lire. Ebbene, questa Società aveva grandi aspirazioni. Tra queste, due le ritengo ancora oggi di grande rilievo strategico e, al tempo stesso, di grande attualità:

– non mirare solo al collegamento bipolare tra Napoli e Milano, tra Roma e Milano, tra Torino e Venezia, ma rendere gli assi della famosa T (Milano-Napoli e Torino-Venezia) un sistema metropolitano del Paese. Un sistema in cui la velocità aveva senza dubbio un ruolo ma la componente della “frequenza” rappresentava il vero indicatore che attraeva elevata domanda di trasporto;

non sottovalutare l’integrazione e l’interazione con le altre mobilità di trasporto come quelle relative alle reti urbane e al trasporto aereo; in particolare, per quanto concerne il trasporto aereo, gli Hub aeroportuali, o meglio alcuni Hub aeroportuali, dovevano diventare nodi intermodali paragonabili alle stesse stazioni della rete ad alta velocità.

In fondo, questi due obiettivi erano stati condivisi e ricercati dagli azionisti iniziali della Società per Azioni Tav, perché contenevano una forte carica di attrazione della domanda. Il primo, quello legato alla “frequenza”, faceva vincere il treno rispetto all’auto privata perché offriva all’utente un treno in stazione ogni 15-20 minuti e quindi con la velocità elevata diventava una alternativa vincente, soprattutto nei collegamenti fra città distanti 200 chilometri. Il secondo obiettivo, devo dare atto, inizialmente non fu capito proprio dalle grandi compagnie aeree. Eppure, sempre trenta anni fa, avevamo dimostrato con pregevoli studi e con capillari analisi sulla domanda non solo l’interesse a una simile offerta di importanti gestori dei flussi turistici provenienti dagli Stati Uniti ma avevamo dimostrato anche il loro interesse a diventare azionisti della stessa Tav.

Ricordo anche che nel 2004-2005 per un po’ di tempo si tentò di offrire alla Stazione Roma Termini la possibilità di effettuare il check-in, in modo da assicurare sin dal centro della Capitale la certezza nell’accesso a un determinato aeromobile. L’esperimento non ebbe successo a mio avviso, non tanto per un mancato rispetto dei tempi da parte delle Ferrovie dello Stato, quanto delle attività di handling all’interno dell’aeroporto di Roma, dove all’epoca – e ancora oggi – il numero di finger è limitato e il trasbordo a bordo dell’aereo avviene per il 50-60 per cento con bus. Oggi ripeto, dopo trenta anni, si riscopre e si apprezza questa grande potenzialità, questa rilevante forza di una offerta integrata tra ferrovia e aereo. E la si scopre proprio quando per motivi vari, tra cui il crollo della domanda a causa della pandemia, ci si è resi conto che questa intelligente intuizione della Società Tav, allora con un azionariato privato dominante, non solo incentiva la domanda ma ridimensiona in modo rilevante le attese e quei segmenti dell’intero percorso, che non solo allungano l’intero itinerario ma spesso scoraggiano l’utente a utilizzare il segmento ferroviario.

Ebbene, oggi siamo tornati con grande mia soddisfazione al passato. Abbiamo, cioè, riscoperto la proposta disegnata dall’allora Società per Azioni Tav e si è sottoscritto un apposito accordo tra la Società Aeroporti di Roma (AdR) e Ferrovie dello Stato. Nel comunicato stampa si legge: “L’accordo tra Aeroporti di Roma e Ferrovie dello Stato sulla intermodalità sostenibile mira a potenziare i servizi di connessione diretta tra l’alta velocità ferroviaria e lo scalo di Fiumicino. In particolare, una simile scelta persegue la volontà di sviluppare prodotti integrati treno+aereo tramite accordi commerciali con le compagnie aeree presenti a Fiumicino, per integrare i reciproci sistemi di vendita e distribuzione dei biglietti, con la possibilità di effettuare le operazioni di check-in per passeggeri e bagagli direttamente nelle principali stazioni ferroviarie collegate con l’aeroporto Leonardo da Vinci”.

Questo comunicato è identico a quello prodotto circa trenta anni fa, in particolare nell’agosto del 1992, ed è diverso solo perché quello attuale invoca la frase “intermodalità sostenibile”. Aggiungo che, sempre nel lancio mediatico di trenta anni fa, si precisava anche quanto detto ultimamente. E cioè: “Si potrà salire su un treno in stazioni come Roma, Firenze, Bologna o Napoli e scendere dall’aereo direttamente nella destinazione di arrivo anche Oltreoceano”.

Questo mio lungo ricordo di un passato lontano dimostra che parlare oggi di integrazione treno-aereo come una corsa verso la “mobilità 4.0” è solo un modo per ammettere la lungimiranza di chi aveva creduto, sin dall’inizio, in questa vera rivoluzione della offerta trasportistica; di una offerta trasportistica, quella dell’alta velocità, voluta e lanciata dalle Ferrovie dello Stato ed è stata, a mio avviso, la vera offerta sostenibile quella di trenta anni fa, perché ha prodotto un blocco della crisi della modalità ferroviaria (il trasporto passeggeri, anno dopo anno, si avviava verso la soglia del 10-12 per cento) e ha cambiato concetti errati di concorrenza tra distinte modalità di trasporto. Ricordo la concorrenza tra l’alta velocità ferroviaria e il trasporto aereo soprattutto nei collegamenti bipolari Roma-Milano o Roma-Venezia. Sempre in questi giorni, si è appreso di iniziative relative ad accordi tra le Ferrovie dello Stato e la Società che gestisce gli aeroporti milanesi, Sea; ma andando sempre indietro nel tempo, ricordo che anche con il presidente Enrico Marchi nei primi anni 2000 si definirono protocolli tra Ferrovie dello Stato e la Società Save, cui compete la gestione dell’aeroporto di Venezia, mirati a rendere possibile ed organica la interazione tra aereo ed offerta ferroviaria veloce. In realtà, con una operazione diffusa sull’intero territorio nazionale, oggi, con investimenti anche non rilevanti, sarebbe già possibile dare attuazione a un simile piano funzionale. Ad esempio:

– in Sicilia, quando sarà pronta l’alta velocità ferroviaria Palermo-Catania (purtroppo non prima di dieci anni), sarà possibile regalare ai due aeroporti di Palermo e Catania una offerta contestuale, cioè i due aeroporti offriranno per l’arrivo e la partenza le stesse condizioni; con un collegamento ferroviario di un’ora, soprattutto per i viaggi intercontinentali, i due impianti rappresenteranno un unico Hub;

– in Puglia, con il completamento dell’asse ferroviario ad alta velocità Napoli-Bari, il nodo urbano di Bari sarà collegato funzionalmente con l’aeroporto di Bari-Palese;

– in Campania, nel Lazio e in Toscana, l’aeroporto di Capodichino, quello di Fiumicino e quello di Peretola a Firenze potranno essere collegati con la rete ad alta velocità, nell’arco di un’ora, un’ora e mezzo, diventando in tal modo un maxi Hub capace, per i voli intercontinentali, di offrire un teatro di ricchezze artistiche e archeologiche uniche al mondo, in termini di qualità e di quantità;

– in Piemonte, in Lombardia, in Veneto, in Emilia-Romagna e in Liguria, gli aeroporti di Caselle a Torino, di Malpensa e Linate a Milano, di Orio al Serio a Bergamo, di Montichiari a Brescia, di Tessera a Venezia, di Catullo a Verona, di Marconi a Bologna e il Cristoforo Colombo a Genova potranno, anche nel prossimo biennio, disporre di una griglia ferroviaria ad alta velocità che possiamo considerare rara su scala internazionale e, al tempo stesso, in grado di ottimizzare al massimo gli arrivi e le partenze soprattutto di voli internazionali.

Se qualcuno dubitasse, sono sempre pronto a fornire l’ampia documentazione utilizzata nel 1992 per motivare le possibili funzioni, le potenzialità di una offerta ferroviaria che, dobbiamo purtroppo ammetterlo, oggi è condivisa e apprezzata da tutti ma che trenta anni fa fu ampiamente osteggiata. È triste ma vero.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole


di Ercole Incalza (*)