Condominio e canne fumarie a uso esclusivo

Trattiamo delle canne fumarie a uso esclusivo, cioè poste al servizio delle singole unità immobiliari. Si tratta di impianti, infatti, spesso fonte di discussione in ambito condominiale perché installati il più delle volte in appoggio al muro comune (se non all’interno dello stesso), che non sempre rispettano le distanze legali e che non di rado sono causa di immissioni (fumo, calore oppure odori) che disturbano gli altri condòmini.

Proprio in ragione dei problemi che sollevano, tuttavia, si può contare su un notevole numero di sentenze in materia; pronunce da cui è possibile trarre interessanti conclusioni. La prima di queste riguarda la possibilità, da parte di un singolo condòmino, di installare la canna fumaria su un bene condominiale. In proposito, la giurisprudenza ha distinto tra installazione in appoggio a un bene comune e installazione all’interno dello stesso. Per la Cassazione, nel primo caso, non ci sono dubbi: si tratta di un uso più intenso della cosa comune, consentito al singolo condòmino ai sensi dell’articolo 1102 del Codice civile, purché da ciò non derivi un pregiudizio all’altrui paritario uso, oppure un danno alla stabilità, alla sicurezza o all’estetica dell’edificio (cfr., ex multis, sentenza n. 6341 del 16 maggio 2000).

Nel secondo caso, invece, sempre secondo la Suprema Corte, l’indicata operazione esula dall’ambito del predetto articolo 1102 del Codice civile, concretizzandosi in un atto invasivo “della proprietà altrui (qual è anche quella non esclusiva bensì comune)” che crea, in particolare, una “limitazione rispetto ad altre possibili e diverse utilizzazioni” del bene condominiale (sentenza n. 8852 del 10 maggio 2004).

La seconda conclusione attiene all’obbligo di rispettare le distanze legali. Al riguardo la giurisprudenza più risalente era orientata per il necessario rispetto di tali distanze anche in ambito condominiale (cfr., sentenza della Cassazione n. 1345 dell’8 aprile 1977 e sentenza della Cassazione n. 13170 del 25 ottobre 2001). Più recentemente, però, l’orientamento è mutato e le norme sulle distanze sono state ritenute applicabili solo nel caso in cui risultino compatibili con la disciplina particolare relativa alle cose comuni (cfr., ex multis, sentenza della Cassazione n. 30528 del 19 dicembre 2017).

(*) Presidente Centro studi Confedilizia

                   

                                                   

Aggiornato il 26 maggio 2022 alle ore 12:35