Una guerra intra-europea

Gli uomini hanno concepito modi vari per sottrarsi alla certezza che il tutto sia nulla, e che dell’individualità, fenomeno decisivo della condizione di chi è vivente, non sparisca ricordo e ombra. L’anima immortale, il corpo mortale. Anima e corpo immortali. Anima che torna alla unità della grande anima per distaccarsi e incarnarsi nei singoli, e tornare nella grande anima. Reincarnazione. Sono le religioni a fermentare siffatte speranze non sperimentabili, quindi ampiamente diffuse e credute, giacché condividiamo più intensamente quel non può essere smentito non essendo verificale. È tale caratteristica che rende vigorose le religioni, e crepuscolari le filosofie e la scienza. Ma la convinzione che l’entità vivente sormonta la fine e non esaurisca in una sola vita la vita, fu ridotta quando gli uomini scoprirono il ritrovato guaritivo, lenitivo della morte, lasciare ricordo di sé, operare, e tramandare mediante le opere memoria di sé. Talvolta con opere insopprimibili, di cui non potremmo fare privazione, o per utilità o per comprendere o per ammirarne la bellezza.

L’arte assolutamente rende eterne le opere, le opere d’arte, in quanto l’arte contiene sensazioni, emozioni, passioni, ossia ridà il sentire non il semplice conoscere. Il sentire è come l’amore, conserva in vita la vita. Il microcosmo umano osava contenere, esprimere il macrocosmo, la parola diventava “copula” del mondo che univa. Pensate: un individuo che concepisce, si concepisce abbrancatore coniugativo dell’insieme universale. E tutto questo per tramandare se stesso agli altri, attingere la posterità, l’essere ricordati. Un fiero, disperato, confortato sentimento di avvincersi agli altri, i futuri, i prossimi posteri, e vivere in essi con l’opera se non con la vita. L’io, si nobilitava, per lasciare impronta occorre compiere degne imprese. Oggi non è più questa la mentalità. No, non vi è futuro nel nostro presente. Questo si sfascia nel presente, l’evento che svanisce, vocazione alla dissoluzione, l’immediatezza immediata di imprese covate per anni, nessun tentativo, di monaci dell’opera è scomparsa l’apparizione, di gloria al di sopra del successo, di solitudine fuori dalla cronaca vociferante, tramonto eclissante.

Perché diffidiamo del tempo che verrà. Avvertiamo che sta insorgendo un tipo d’uomo così disincarnato di umanizzazione, disinteriorizzato, mescolanze involgarite che prenderanno possesso delle nostre civiltà e dell’arte e della cultura non avranno sospetto interessato. Che vale tribolarsi a curare pagine e pensieri. Di gran maggior valore sarà per costoro la sopravvivenza. Accanto a queste masse sconclusionate e soverchianti, noi di nostro impegno elaboriamo il tipo transgenico con i fili e i pulsanti intrapelle, che lo fanno muovere e pensare a voglia dei reggenti. Tra invasione da fuori e modello transgenico robotico atomico eterodiretto, la persistenza dello spirito toccherà livelli azzerativi. Il terrore è che siano proprio i ceti reggenti che permettono, vogliono, le mescite confusionarie inselettive dall’esterno e la robotizzazione elettrificata del cittadino nazionale all’interno.

Osserviamo il fenomeno, distruzione da fuori, distruzione all’interno. Dunque? Dunque non distruggiamoci. Continuare a essere umanisti, interiorizzati. Tanto, di questi sciami non resterà che terra nera infertile. L’Europa sopravviverà non se vanta una guerra intra-europea come qualcuno spinge che avvenga, e che non deve accadere. Sopravviverà proprio se non accade una guerra intra-europea, e se ferma il diluvio invadente gramignoso dall’esterno ed evita lo sradicamento dell’interiorità storica dei propri cittadini. Anche se vincessimo la guerra (in ogni modo un suicidio) invasi e disanimati del nostro passato interiorizzato non avremmo esistenza consistente. Ci perderemmo. Ma perché tanta volontà distruttiva tra europei? Si può minimamente immaginare cosa ne verrà bene a noi europei? Vogliamo distruggerci per conquistare lo scopo a cui forse aspiriamo. Distruggerci, appunto.

Questo ci fa inattivi a vivere per il futuro con opere che durano. Non crediamo nel futuro. Una guerra tra europei non salverà nessuna democrazia, oggi. Annienterebbe il continente. Lo spirito creativo ha bisogno di estensione nel tempo. Forse, se non vogliamo un tipo d’uomo meticciato, indifferenziato, condizionato, vacuo, un empito unitario europeo lo individueremmo. La guerra più sovente il rimedio al vuoto. Chi ha da difendere alcunché sa interrompere la guerra. Certo, talvolta invece è necessario battersi fino all’ultimo respiro. Valutiamo.

Aggiornato il 30 giugno 2022 alle ore 17:22