L’ex suora e i modelli sbagliati

In questi ultimi giorni c’è gran parlare di (ex) Suor Cristina, al secolo Cristina Scuccia, divenuta celebre (qualcuno dice anche a livello internazionale) per aver partecipato alla seconda edizione di The Voice of Italy, vincendo, con un costume caratteristico: quello di suora. Appartenente all’Ordine delle Orsoline, per anni porta avanti la sua presenza all’interno della comunità religiosa e il lavoro discografico e musicale, partecipando anche a show televisivi e diventando uno dei volti più simpatici della tv italiana.

È recente l’annuncio pubblico in cui dichiara di aver rinunciato ai voti (quelli religiosi), per potersi dedicare alla carriera. È una donna nuova, trasformata, passata da quel look sempre più grottesco per la società contemporanea alle sembianze di una comune e convenzionale ragazza da talent. È passata dall’essere quasi “unica” ad essere la manifestazione più compiuta del dozzinale. Quasi tutte le grandi testate giornalistiche hanno parlato del suo ritorno alla vita laica come di una “liberazione”, come se fosse stata rapita da qualche estremista; parlano di “vita nuova” a modo di quegli articoletti in cui si presenta la foto di una donna grassa e poi la foto della stessa donna dopo aver perso 50 kg, tornata allo splendore. Sui social, contenitori dei peggiori tormenti sociali e delle mentalità più aliene, la maggior parte dei commenti è un “me lo sentivo”, “ho sempre saputo che sarebbe finita così”, “bentornata nel mondo”. Appare, raramente, il pensiero di qualche cattolico dispiaciuto per la fine dell’esperienza religiosa da parte di (ex) suor Cristina.

Cristina Scuccia, per chi vive un’esistenza limitata al mondo terreno e dei successi meteora, è l’esempio compiuto della donna che si libera. Invece, non è null’altro che una nuova conquistata dal comandamento dell’“accetta il denaro come tuo Dio”. L’umanità, che come direzione ha solo il consumo, negli ultimi decenni ha visto una piena manifestazione. Lei, Cristina, è davvero il segno dei tempi (come dice spesso un mio caro amico); tempi che hanno la loro pienezza nell’accumulazione di elementi e strutture sociali consolidati, tempi sempre più orientanti allo smantellamento del sacro per il profano; tempi pronti a declassare lo spirito per il secolo; tempi pronti a vendere la storia al miglior offerente, per meno di trenta denari; tempi in cui non si fa altro che giocare a fare gli attivisti, montando ogni giorno qualche rivoluzione colorata, qualche asta per svendere le tradizioni secolari alle tradizioni d’oltreoceano.

Per cosa stanno manifestando in Iran, per diventare l’America d’Oriente? Vogliono dirottare il Paese verso una società tutta Lgbt e black friday? Perché “tradizione” significa “nemico”? Oltre all’Occidente, che spiritualmente è prossimo all’estinzione (a meno che non avvenga una conversione generale all’Islam), anche il resto del mondo – guidato da falsi profeti e cattivi maestri – sembra orientato verso la vita limitata del mangia-compra-spendi, rispetto a quella molto più sana del mangia-prega-ama. Se questa deriva antropocentrica sta esautorando la linfa spirituale è anche colpa delle religioni stesse, soprattutto quella cristiana cattolica, che non ha saputo traghettare il messaggio del Concilio Vaticano II con coerenza verso il mondo in cambiamento e che adesso si trova a fare i conti con seminari vuoti, conventi enormi dove vivono due suore o due monaci, religiosi che si ritirano dal mondo del sacro per “tornare liberi” al mondo degli adepti psichici del denaro, di quelli che fanno dieci ore di fila per compare il nuovo I-phone. Che bella la libertà a cui vogliono tornare. Su tutti questi aspetti rifletterà la sociologia dei prossimi anni, ma anche la storia delle religioni e l’antropologia. Il mondo del futuro non potrà essere più interpretato dai burocrati, dai banchieri, dai Bezos, da chi manderà il primo uomo (o la prima donna) su Marte – sempre alla ricerca di qualche risorsa da dare in mano agli stessi, altro che per salvare l’umanità – ma da chi analizzerà con profondità l’animo umano.

Se è vero che tra qualche decennio non ci sarà più turn-over generazionale e le chiese saranno vuote, sempre tra qualche decennio nel mondo non ci sarà più spazio nemmeno per i modelli turbo-capitalistici e nemmeno per chi si diverte a imbrattare le tele nei musei. Ci sarà unumanità per pochi, per chi si adatta: sarà un mondo dove potranno sopravvivere solo le formiche.

Aggiornato il 23 novembre 2022 alle ore 16:24