Comunicazione e scomunicazione

venerdì 25 novembre 2022


Vengo a conoscenza che è stato venduto o possibile che venga venduto un dipinto di Girolamo Alibrandi. Molti lo sconoscono, Ne dico. Un pittore siciliano, messinese, tra quindicesimo e sedicesimo secolo, 1470-1524. La Sua opera, a quanto mi è noto, la ritengo tutta siciliana. La faccenda mi riguarda. Quando ero ragazzo visitavo il Museo regionale di Messina, accanto al mare, il più consistente robusto mare che io conosca, blu totalmente, salinatissimo, energico, non sciacquettio trasparente come acqua minerale, lava etnea, piuttosto, scorrente. Un gradevole giardino antistante, ed il cielo, fermo nel suo azzurro continuativo.

A mio ricordo, opere, un valletto ragazzino che porta un cuscino ad un Signore inginocchiato presso una tomba, marmo che pareva si movesse, marmo vivo, credo sia tale la figurazione, ed ancora, marmi di Scilla e Cariddi, erculei, quadri di Antonello da Messina, due Caravaggio, uno eccellente, e quadri di Girolamo Alibrandi. Segno virile, anche quando dipingeva Madonne e Santi, li staglia, li statuizza, li architetta, costruzioni statiche, visi fermi, madonne e santi rigorosi, la Madre non sorride al Figlio, ed i Santi stanno assorti; dietro, qualche paesagetto, da feritoie finestrate.

Nessun sfumato, nessuna aura, non ombra, consistenza e una rigidità con tendenza alla solennità. Mi gradivano e rimanevano in mente, e tornando in Sicilia, mi recavo a incontrare Girolamo Alibrandi. Ora, una Sua Madonna è in vendita, intellettuali e gente d’altri impieghi, non accettano che sia venduta. Condivido, apprezzo. Ecco, una presenza del popolo, minima, tuttavia esistente. Non rivedere un Alibrandi mi spiacerebbe. Non è Antonello? Che vale a dire? È amato, fa parte di una Città, oltre ad essere di un qualche merito. Ma conta l’immersione, l’immedesimazione, la relazione che si stabilisce tra il popolo e l’arte. Il popolo dovrebbe avere per le proprie opere d’arte un sentire affettivo da vivente a vivente, come per la natura e gli animali, ed il sovrappiù della bellezza.

L’opera d’arte! La denominazione è una connotazione: quanto è “riuscito”, ha “forma”! Ed anche, il discorso può essere problematico, male inteso, l’amore per l’arte è “utile”, non c’è momento storico della civiltà antica nel quale l’abbinamento tra economia ed arte non sia stato gemmoso, i greci, i romani, i medioevali, rinascimentali, i barocchi, liberty, tutto, tutte le religioni, anche e soprattutto, arte ed economia, non merce artistica, la qualità dell’arte che finisce con l’avere un valore economico sovra esteso e millenario. Pochissimi verrebbero in Italia se non fosse la gioielleria dell’umanità. Che si sta a fare in un paese se non si vede la bellezza? Certo, la bellezza naturale è degna della bellezza d’arte. E noi abbracciamo quella e questa!

Madonna con Bambino e San Giovannino, nessuno sguardo addolcito, nessuna maternità raggiante, espansiva (fu chiamato il Raffaello da Messina, non credo con verosimiglianza, Raffaello ha un’aura amorevole che Alibrandi non vuole ottenere, dico i fini, non l’arte). Se e quando in un modo o nell’altro tornerò a Messina, al Museo antico o forse è stato eretto nuovo, chi sa, quel quadro, ancora la renitenza del “popolo” ha impedito l’esodo. Siamo soggetti nell’essere soggetti specifici, la vita, qualcosa di radicato in ciascuno, esclusivo, memoria, da ragazzo vedo Antonello da Messina, allora e per sempre, la Madonna con viso di bella siciliana serena, la mano in avanti, pudica, cauta forse per l’immane richiesta divina (chi sa, Alessandro Manzoni, l’ha veduta, non credo, ma, una fanciulla popolana che arrossisce!). Se poi uno intende recarsi le benevoli colline messinesi Antonello nelle Crocifissioni te le fa raggiungere dove sei in capo al mondo, ed i volti di siciliani, quello dal sorriso furbino, un malandrinetto o un inizio di imprenditore tutto mondano, e quell’altro, cospicuo ma anche egli fuori dal canone religioso, i primi volti secolarizzati dell’arte italiana, la barba scura sottopelle, così “nostrana” (siciliana). Dunque? L’evento massimo della civiltà, artista e popolo|.

Colgo l’occasione. La comunicazione di massa, strumento grandioso dell’epoca moderna, nasconde un verme nefasto: rende importante ciò che non vale. Una qualsiasi baluginata nei mezzi di comunicazione assume un rosposa enfiatura. Una poesia da cinque zecchini di piombo diventa un fiorino aureo; un quadro che sciupa la cornice diventa una icona, messa in circuito; un rumore stimpanante si tramuta in musica da migliaia di compratori. L’alterazione compiuta dai mezzi di comunicazione disperde il giudizio di qualità. Bisognerebbe non sostare nei mezzi di comunicazione, o non soltanto nei mezzi di comunicazione. Considerare quel che viene presentato, non il mezzo che lo presenta. E poi, lettura diretta, personale, soggettiva, non illusa dal mezzo potente che rende titaniforme una medusa scorticante. Oltrepassare o scansare la comunicazione, fare in proprio. Iniziativa privata della cultura. Se qualcuno ha voglia e modo di conoscere quel che non è clamorosizzato dai tentacoli della comunicazione si spargerebbe in tali scoperte e meraviglie da godersi il bello dell’esistenza, e si vergognerebbe di avere ignorato quanto poi conosce o dato valore al valore svalutato (Per caso mi trovo a guardare pittori che conosco ma non in uso, il Francia, il Moroni... Che si aggira nelle segrete della civiltà! Che livello, nel passato!

Non si tratta del consueto lodare il tempo di ieri contro il presente. Si tratta di non far non valere quanto non vale, per non conoscenza del passato, e non gonfiare il presente con i mezzi di comunicazione enormemente ventosi. Prendi un volume, stattene seduto, apri, leggi: versi di Gaspara Stampa o di chi vuoi, ma leggi tu, cerca di farti una opinione tua, giudica con il coraggio di non vibrionarti nel consenso cementarizzato all’ammasso. Rischiamo di perdere cultura, civiltà. E individividualità. La tana dei serpenti a sonagli del XXI secolo. Segui i mezzi di comunicazione ma anche i mezzi di scomunicazione dei mezzi di comunicazione. Non possiamo tornare indietro. Ma possiamo deviare. Una panchina tutta per noi! Una stradina. Una piazzetta. Una musica che scopri tu in quanto sei un io, quell’io che sei tu.                    

(*) Nella foto il dipinto Madonna con Bambino e San Giovannino attribuito a Girolamo Alibrandi


di Antonio Saccà