La deriva cibernetica della giurimetria nel diritto

Nel 1948 fu pubblicata l’opera di Norbert Wiener La cibernetica, in cui venne affrontato per la prima volta l’utilizzo degli elaboratori nell’attività giuridica. In seguito, in un articolo del magistrato e avvocato statunitense, nonché responsabile della divisione antitrust dell’epoca negli Stati Uniti, Lee Loevinger, fu elaborata la teoria della “Giurimetria” per velocizzare la legislazione, utilizzando gli elaboratori elettronici per la sua applicazione. Il giurista Hans Baade, verso la fine degli anni Sessanta, pubblicò un libro intitolato Jurimetrics, che declinò questa nuova teoria per tre tipi di obiettivi. Il primo era quello di applicare dei modelli razionali al diritto tradizionale, il secondo era quello di applicare all’attività giuridica all’elaboratore elettronico e il terzo obbiettivo era quello di riuscire a prevedere le future sentenze giudiziarie. Dopodiché, il filosofo italiano del diritto e dell’informatica giuridica, Mario Giuseppe Losano, teorizzò la “Giuscibernetica”, con la quale suddivise la succitata materia in quattro modi distinti di affrontare i rapporti tra diritto e cibernetica. Essi furono i seguenti:

1) Il considerare la società un insieme composito di diversi sistemi interagenti fra loro, di cui il sottosistema di grande rilevanza è il sistema giuridico, come generatore delle regole su cui sia basa il sistema generale.

2) Il diritto acquisisce un’accezione cibernetica a retroazione, secondo la quale la sanzione irrogata al reo funge da strumento per riassestare l’equilibrio sociale, turbato dall’illecito.

3) L’applicazione della logica, tramite gli elaboratori elettronici, per gestire l’attività giuridica.

4) L’apprendimento delle tecniche indispensabili per l’applicazione dell’elaboratore elettronico al diritto.

Con l’evoluzione di questa teoria, si è fatto sempre più pressante il problema riguardante il fatto se un elaboratore elettronico, in sostanza un computer, possa anticipare un procedimento giuridico e la sua sentenza. Il ragionamento svolto dal giudice è improntato sulla valutazione ed interpretazione di tutti quei fatti rivelatisi pertinenti, in quanto giudicati secondo la legislazione vigente. Il suddetto ragionamento è costituito da diversi fattori decisionali e ciò impedisce che esso possa essere formalizzato a priori, anche perché il giudice fonda le sue decisioni sulla propria facoltà interpretativa. Quando un giudice interpreta ed applica una norma giuridica ad una fattispecie concreta, da un lato individua le norme da applicare e dall’altro lato ne ricava la soluzione normativa. Il procedimento ermeneutico svolto dal giudice fa riferimento all’aspetto oggettivo e generale della fattispecie astratta enucleata nella norma che egli intende applicare alla fattispecie concreta del fatto giuridico sottoposto al suo giudizio, tenendo conto, di conseguenza, anche dell’aspetto soggettivo. Secondo quanto finora esposto, risulta alquanto difficoltoso formalizzare in modo scientifico l’attività giudiziaria.

Invece, secondo i sostenitori della giustizia predittiva, riconducendo le diverse forme di interpretazione a modelli matematici, è possibile applicare la loro teoria partendo dall’analisi di specifiche sentenze fino a sviluppare e concretizzare la così detta giustizia predittiva, riducendo in tal modo la decisione del giudice all’applicazione di una formula matematica. Il pericolo più evidente è che la declinazione della succitata teoria possa determinare dei risvolti aberranti, in cui la giustizia diviene oggetto di procedimenti informatico-cibernetici e proprio per questo motivo bisogno tenere bene a mente, come monito prioritario, che gli sviluppi tecnologici, che tendono ad una assoluta e predominante autonomia, la quale a sua volta consente loro di svolgere una funzione propulsiva che prevale sulla volontà e le finalità degli attori, sono rigorosamente da evitare.

Un esempio concreto di questa teoria è ciò che accaduto nel processo per la tragedia del ponte Morandi di Genova. La procura di Genova ha utilizzato un software dell’Fbi, basato su algoritmi complessi, allo scopo di incrociare i tutti gli svariati dati raccolti con i dati dei dispositivi elettronici sequestrati, con i documenti tecnici e con i pareri dei consulenti tecnici di parte della difesa e del pubblico ministero. In finale, merita citare, un’altra suggestiva applicazione della “Giurimetria”, ossia la ricerca svolta presso l’University College London, in cui i ricercatori hanno sviluppato un giudice virtuale, cui sono stati sottoposti alcuni casi già trattati dalla Corte europea per i diritti umani. Il sorprendente risultato è stato quello che nel 79 per cento dei casi il verdetto emesso dal computer è coinciso con quello emesso dai giudici umani e il rimanente 21 per cento, non coincidente, ha riguardato quelle sentenze in cui la Corte ha applicato un metodo di giudizio basato su una interpretazione estensiva e non letterale della norma di riferimento, fatto che sottolinea quanto il ruolo del giudice non possa non essere basato su un esercizio realistico (non formalista) delle proprie funzioni.

Et posteris judicas

Aggiornato il 27 novembre 2022 alle ore 10:48