Zelensky vuole Ue, cannoni e il palco di Sanremo

In video o con un messaggio scritto e letto da Amadeus? Il 73esimo Festival di Sanremo si apre con il giallo di Volodymyr Zelensky. A dirimere la controversia arriva la notizia sulla presenza in prima fila all’Ariston del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. È la prima volta di un Capo di Stato al Festival. Ci sarà pure Roberto Benigni in platea per celebrare il 75esimo della Costituzione. Le polemiche salgono alle scintille: che faranno gli italiani, tutti presenti o tutti anarchici? In discussione la partecipazione del guerriero di Kiev, determinato a esserci. Ma le polemiche sono roventi con le Cancellerie in imbarazzo, gli americani che si danno da fare a offrirgli altre opportunità e l’Italia che sul limite elettorale vorrebbe evitare scivolate visto che, secondo ufficiosi sondaggi, la metà dei cittadini è indignatissima. Da Mosca si permettono una acida ironia: “Non partecipa? Peccato, poteva vincere!”. L’unico a giovarsene è il Festival della Canzone, che con le polemiche convive da sempre, anche se stavolta i boicottatori sono davvero armatissimi. “Non vedrò Sanremo” è lo slogan. Ma negli ultimi dieci anni 60 milioni di italiani hanno seguito la gara canora con picchi sempre più elevati.

Il Festival ha retto ai suicidi di Luigi Tenco nel 1967, a seguire a quello di Dalida, agli anni di piombo e alle contestazioni operaie. Ce la farà anche questa volta che l’immancabile Zelensky vuole occupare l’ultima serata per lanciare il suo appello. Il problema è che non intende annunciare “la pace” come fu per Mikhail Gorbaciov, sul palco nel 1999, invitato da Fabio Fazio, con la moglie Raissa in platea, il quale era stato insignito del Nobel per la Pace e venne a dirci che “l’Italia era amica, tutto era simpatico” e gli piacevano canzoni e fiori. Zelensky vuole partecipare per dire “datemi cannoni e la Ue”. Ha ragione Marcello Veneziani che nel suo commento su “Panorama” ha osservato: “Mettete dei fiori nei vostri cannoni, cantavano I Giganti al Festival del 1967. Da allora in poi il pacifismo fu uno dei messaggi obbligati. Da quest’anno, invece, si fa la retromarcia e Sanremo canta Donate a Zelensky i vostri cannoni”. Peccato, caro Veneziani, che sia proprio la destra a sostenere senza una piega gli armamenti con la premier Giorgia Meloni annunciata in visita ufficiale a Kiev per fine mese.

Posizioni affrettate e, a quanto pare, non condivise dal Paese reale spiccatamente contro la “propaganda militare”. La politica è in fibrillazione. Se il boicottaggio passasse e si saldasse con il clima elettorale, in calendario per il voto regionale nel fine settimana, i guai sarebbero rovinosi. Il primo a rompere gli indugi è stato il leghista Matteo Salvini, che ha ultimato: “Il Festival resti una gara canora”. Il centrosinistra si presenta in ordine sparso. Una presa di posizione netta, invece, l’ha espressa il vicepresidente e ad di Mediaset, Pier Silvio Berlusconi. “Come cittadino che paga il canone mi sentirei parecchio turbato” ha dichiarato. Ma l’omologo Rai, l’ad Carlo Fuortes, ha replicato che “la guerra è una realtà ed escluderla sarebbe un errore”. Il punto è il come introdurre l’ostinato Zelensky.

“Ostinato” perché il condottiero ucraino dall’inizio della guerra è andato a caccia di consensi ovunque. È apparso in Parlamenti e consessi internazionali con l’inconfondibile t-shirt verde militare e l’aria stralunata per la pressione. L’exploit risale al 1 marzo 2022 quando si materializzò sul grande schermo della Plenaria del Parlamento europeo, ottenendo una standing ovation all’insegna del “voglio essere in Ue”. Da lì, un tour mondiale. A maggio è apparso alla cerimonia di inaugurazione del 75° Festival di Cannes al Grand Théâtre Lumière, dove ha detto: “Il cinema non dovrebbe restare muto. Serve un altro Charlie Chaplin”. Già, perché Zelensky non si limita a rappresentare i dolori del suo popolo, si considera capo di Stato e anche attore, comico, influencer, esperto di guerra e di economia, in particolare adora il business dello spettacolo e vuole dare a tutti le sue ricette esplosive. Il 17 giugno 2022, per esempio, è stato il primo politico a palesarsi come ologramma in una fiera tecnologica a Parigi, dove ha fatto riferimento a Star Wars e alla necessità di sconfiggere l’Impero. Ha bucato per poco il Super Bowl 2023, dove voleva esserci, ma essendo la grande finale del football americano proprio la stessa notte – tra il 12 e 13 febbraio – o Sanremo o l’America. E Volodymyr Zelensky ci tiene moltissimo al palco dei fiori, allo star system italiano ed europeo, quest’anno rappresentato dal meglio degli influencer e dei provocatori.

Inizialmente, infatti, sarebbe dovuta essere un’edizione sanremese rivoluzionaria, tutta gender fluid, tutta super political correct, con le voci più di rottura del momento. A cominciare da Manuel Franco Rocati, in arte Rosa Chemical, coi suoi contenuti su sesso, poligamia e porno Onlyfans. Ma dai banchi di Fratelli d’Italia la deputata Maddalena Morgante ne ha chiesto l’esclusione: “La rivoluzione fluida era arrivata già da tempo al teatro Ariston, ma trasformare il Festival di Sanremo, un appuntamento che ogni anno tiene incollati allo schermo famiglie e bambini emblema della tv tradizionale, nell’appuntamento più gender fluid di sempre è del tutto inopportuno”.

Così l’astuto Amadeus ha mitigato anche la partecipazione del comico cattivo Angelo Duro, che fa il pienone in teatro coi testi zeppi di cattiveria e irriverenza, e ha infarcito il teatro Ariston di tutto un po’. Ci ha messo il prima e il dopo, la tradizione e le rotture. Tra cantanti e ospiti si va da Gianni Morandi a Massimo Ranieri, Ornella Vanoni e il duo Gino Paoli e Peppino di Capri ad Anna Oxa, Marco Mengoni, i Cugini di Campagna, i Pooh e anche il ritorno dopo ventidue anni di Giorgia, con il brano dedicato all’ex fidanzato Alex Baroni. Ma anche Ultimo, Mahmood, Tananai, Levante ed Elodie super scandalosa che ha annunciato “voglio fare la puxxana fino all’ultimo”.

Cosa non si fa per scandalizzare. Per non sbagliare, Amadeus e la Rai hanno buttato nel contenitore sanremese un minestrone di generi e interpreti per soddisfare la famiglia italiana, la tradizione e insieme richiamare i giovanissimi che, a quanto pare, rispondono alla volgarità imperante. Ma questo è Sanremo, specchio dei tempi, e la sua forza sta proprio nella rappresentazione fenomenologica della società. Poi, quello che contano sono gli incassi. E l’attuale edizione ha in previsione costi vertiginosi ma anche fatturati stellari.

Poco conta che i Black Eyed Peas e i Depeche Mode chiedano circa 800mila euro a sera. O che Gianni Morandi si accontenti di 60mila euro. Il grosso va ai co-conduttori: Francesca Fagnani, la pallavolista Paola Egonu e l’attrice Chiara Francini prenderebbero 25mila euro a serata. Alle stelle arriverebbe Chiara Ferragni, che per partecipare alla prima serata e all’ultima riceverebbe un compenso di 100mila euro, secondo le intenzioni devoluto in beneficienza, anche perché altrimenti le tasse spennano. Tutto ripagato dalla raccolta pubblicitaria, che secondo il Sole 24 Ore nel 2023 potrebbe superare i 50 milioni di euro.

Ma Volodymyr vuole i cannoni e la Ue, per cui il più costoso in tutti i sensi rischia di essere l’avversario di Vladimir Putin. Le diplomazie sono al lavoro: ore frenetiche tra ambasciate e dirigenze Rai. Per evitare l’escalation, dal Parlamento europeo meditano di distrarre l’ucraino con un invito spettacolare in presenza in aula a fine mese. Ma il palco è il palco e Sanremo resta Sanremo.

Aggiornato il 07 febbraio 2023 alle ore 13:53