Le sfide future del giornalismo

Era il 20 febbraio del 1963 quando la Gazzetta Ufficiale pubblicò la legge approvata dal Parlamento 17 giorni prima sulla costituzione dell’Ordine dei giornalisti. Era l’ultima tappa di un travagliato iter parlamentare, condizionato dall’esperienza del ventennio fascista, anche se la sequenza storica come esercizio e pratica dell’attività giornalistica risaliva alla fine dell’Ottocento e la prima Federazione professionale era datata 1908.

La legge del 1963, di cui si sono celebrati pochi giorni fa i 60 anni, è stata preceduta e seguita da accese polemiche. Ancora di recente ci sono sulla sua natura e disciplina delle divergenze. Anzi i Radicali, con Marco Pannella in testa, in più occasioni ne hanno chiesto l’abrogazione. La base delle discussioni nasce dalla presenza di due articoli della Costituzione. L’articolo 2 secondo cui la Repubblica “riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo come singolo e nelle formazioni sociali”. Fondamentale l’articolo 21 che sancisce il diritto di libertà d’espressione per tutti come baluardo al pericolo di chiusure e restrizioni alla libertà di stampa. L’organizzazione giuridica venne considerata uno dei punti centrali del sistema. Da qui le ragioni della disciplina, peculiarità della struttura, qualificazione e deontologia degli iscritti. L’Italia, a differenza di altre nazioni, privilegia il concetto “ordinovistico” che viene applicato a tutte le attività professionali (medici, ingegneri, architetti, geometri, ostetriche). Il sindacato al contrario dell’Ordine non è istituito dalla legge ma è una libera associazione anche se garantita dall’articolo 39 della Costituzione (in realtà, articolo mai regolamentato in materia di contratto collettivo come il successivo 40 sul diritto di sciopero). Il sindacato ha funzioni collettive ma è un’associazione volontaria, al contrario dell’Ordine al quale è obbligatorio iscriversi per l’esercizio dell’attività. E in questa sfera rientra il segreto giornalistico.

È passato un tempo molto lungo dalla sua nascita. Le sfide del futuro riguardano la gestione delle trasformazioni della società italiana inserita nell’Unione europea. In sessanta anni l’Ordine, come sosteneva l’allora Guardasigilli Guido Gonella, è stato una garanzia dei professionisti dell’informazione, ma anche dei cittadini ai quali deve essere assicurato il diritto di essere informati. Nell’intervento del presidente nazionale Carlo Bartoli che ha introdotto le manifestazioni del sessantesimo anniversario, c’è stato un preciso richiamo al percorso dell’Ordine che ha attraversato la storia della Repubblica. I giornalisti, ha ricordato Bartoli, nella loro ricerca della verità e per illuminare le vicende nazionali e internazionali hanno pagato un pesante tributo di sangue. Trentuno di loro sono stati uccisi perché testimoni scomodi di conflitti sui campi di battaglia e di guerre non dichiarate; testimoni di stermini e barbarie. Ancora oggi 22 giornalisti vivono sotto scorta causa delle aggressioni, delle minacce subite, delle auto bruciate, delle buste con proiettili o animali sgozzati recapitati nei loro domicili. Non mancano gli atti intimidatori più sofisticati ma non meno terribili come le querele per diffamazione palesemente infondate e che spesso contengono esorbitanti richieste di risarcimento. Nel suo messaggio il presidente Sergio Mattarella ha scritto che “i giornalisti hanno una responsabilità enorme, ma resta il dovere di cercare la verità”, anche in un ecosistema digitale quale quello che si sta profilando.

Aggiornato il 07 febbraio 2023 alle ore 11:16