Ammetto che prima dell’ultimo Festival di Sanremo conoscevo solo di nome Chiara Ferragni, sebbene fossimo tempestati da anni da alcuni spot con la sua presenza. Ma solo ora ho inquadrato il personaggio. Un personaggio che, da relativista weberiano, considero un inevitabile prodotto dei tempi che viviamo.

Tuttavia, dopo aver ascoltato il suo monologo nel tempio delle canzonette italiane, sono rimasto piuttosto sconcertato, più che dalla influencer cremonese, dal coro di apprezzamenti ricevuti dalla critica giornalistica, a parte qualche cattivone di opinionista che proprio non digerisce il dominio del pensiero politicamente corretto che definire debole è eufemistico.

In estrema sintesi, abbiamo assistito a una imbarazzante espressione di narcisismo quasi allo stato puro, intercalato da un consistente campionario di frasi fatte e luoghi comuni che hanno dato vita ad un minestrone autoreferenziale assolutamente indigesto, per chi ancora crede al valore della parola come struttura di un pensiero compiuto.

Invece, cosa sempre più frequente nella comunicazione pubblica a tutti i livelli, è accaduto ciò che il grande José Ortega Y Gasset già segnalava circa un secolo fa: l’uso assai superficiale dei termini e dei concetti, ben oltre i limiti dell’autenticità, che fa equiparare i demagoghi di oggi ai falsari, in quanto i primi usano termini e pensieri senza una base di significati reali, così come i secondi emettono assegni privi di copertura finanziaria.

Ed è esattamente ciò che ha fatto Ferragni con la sua comunicazione a una se stessa, da lei immaginata ancora in una fase infantile, che nell’affermazione grandiosa del proprio ego sembra voler riaffermare ciò che Sigmund Freud definiva narcisismo primario; ossia quella beata condizione dei bambini in cui essi investono tutta la loro libido – intesa come energia psichica vitale – su se stessi, credendo all’onnipotenza dei propri pensieri e dei propri atti.

Tutto il resto, ovvero il femminismo all’ingrosso gettato qui e là come un mero riempitivo di un soliloquio privo di un qualche rilievo, non sembra aver lasciato traccia nelle coscienze collettive dei milioni di telespettatori che si sono sciroppati, forse, il più improbabile discorsetto televisivo trasmesso da mamma Rai. E ce ne vuole.

Aggiornato il 17 febbraio 2023 alle ore 11:22