Nuovi incentivi per gli scienziati che tornano in Italia

Il Ministero dell’Università ha messo a punto tre incentivi che sfruttano anche i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), per riportare in Italia i cervelli in fuga. Queste agevolazioni mirano a destare anche la curiosità di ricercatori stranieri, attratti dalla possibilità di lavorare lungo la penisola. I primi due provvedimenti – de-contribuzione da 7500 euro sui neoassunti a tempo indeterminato e Welfare del personale universitario – sono già attivi, arrivati grazie all’ultimo Decreto Pnrr (legge 13/2023 del 24 febbraio scorso). La terza fetta di agevolazioni è già in cantiere, in dirittura d’arrivo, e prevede un nuovo incentivo stipendiale, fino al 30 per cento della retribuzione, per i vincitori di una borsa competitiva dell’Unione europea che optino per un ateneo italiano.

Le buone notizie, però, non arrivano solo dal ministero. Seguendo la tendenza delle borse di ricerca europee, soprattutto del programma Horizon 2020, ora ribattezzato Horizon Europe. Tra il 2014 e il 2015 su 1572 proposte solo 99 hanno ottenuto il finanziamento, con un tasso di successo del 6,29 per cento. Se invece si guarda al biennio 2021-2022, l’Italia si è aggiudicata finanziamenti da Heu per ben 128 progetti, con un tasso di successo del 12 per cento (quasi il doppio rispetto a sette anni fa). Questi dati sono rassicuranti per fugare il dubbio per cui i ricercatori, ingolositi dalla gallina dalle uova d’oro (il Pnrr), possano snobbare le opportunità legate alle sovvenzioni europee tradizionali. Ma il problema dei cervelli in fuga è tutt’altro che risolto. Di 32 consolidator grant (borse di studio riservate a esperti con un’esperienza di 7-12 anni) italiani, solo 21 hanno deciso di stabilirsi in laboratori dello Stivale. I restanti 11 (quasi un terzo) hanno optato per l’estero.

Gli scienziati non portano avanti i loro studi in Italia per via dell’imposizione fiscale non conveniente, prospettive di carriera spesso limitate e stipendi poco competitivi rispetto agli omologhi europei. Ed è qui che scendono in campo i tre incentivi del ministero guidato da Anna Maria Bernini, che si pongono l’obbiettivo di colmare il gap con gli Stati europei più amati dai ricercatori, come Regno Unito, Francia e Germania.

Aggiornato il 13 marzo 2023 alle ore 16:47