Canone e pubblicità i guai di Viale Mazzini

Pubblicità occulta al Festival di Sanremo. Il presidente Giacomo Lasorella dell’Agcom (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni), d’intesa con il Consiglio di amministrazione, ha aperto un’inchiesta sugli spazi indebiti davanti a 12 milioni di telespettatori durante la kermesse canora. L’Associazione Utenti dei servizi radiotelevisivi a sua volta ha chiesto alla Procura della Repubblica e alla Corte dei conti il sequestro dei compensi della Rai ad Amadeus, Chiara Ferragni e ai dirigenti responsabili del Festival. Non solo record di ascolti allora ma anche record di polemiche. La Rai ha 30 giorni per le controdeduzioni dopo di ciò scatterà una supermulta e forse anche la richiesta di un danno erariale. Secondo le norme vigenti quando viene utilizzata la pubblicità (tipo anche riprese dalla nave Costa al largo di Sanremo) deve essere chiaramente inserita la scritta “Messaggio promozionale”. Il discorso risorse Rai sta riproponendo il problema del canone. Anche per tutto il 2023, nonostante le polemiche e l’intervento di Bruxelles, gli utenti lo pagheranno nella bolletta della luce. Una proroga non gradita perché l’Europa considera questa riscossione “un onere estraneo al settore energia”.

La vicenda dell’introduzione e della riscossione da parte dello Stato di questa imposta è lunga e complessa. Ma da milioni di utenti è considerata un odioso balzello, soprattutto dal 2016, quando il governo Renzi decise d’inserire il pagamento obbligatorio per chi possedeva un televisore nella bolletta dell’energia elettrica. In effetti il provvedimento riuscì a ridurre l’enorme mole dell’evasione, consentendo di portare a 90 euro l’anno la quota da pagare dalla somma primitiva di 113,5 euro. L’esborso di 90 euro in 10 rate resta nonostante il governo Draghi si fosse dichiarato favorevole alla tesi dell’Unione europea in materia di “oneri impropri” legati ai costi dell’energia. La Commissione di Bruxelles aveva chiarito che il pagamento del canone Rai in bolletta appesantiva l’imposta delle forniture dell’energia elettrica che diventavano così, in maniera artificiosa, più care rispetto a quanto effettivamente dovuto. La discussione politica e parlamentare è andata avanti per mesi e mesi e alla fine il Ministero dell’Economia (ex Tesoro, azionista di maggioranza della Rai) ha deciso di prendersi un anno di tempo per regolamentare la materia.

Legata alla questione canone c’è il problema della certezza delle risorse dell’azienda pubblica. Sarà questo uno degli argomenti alla base del “contratto di servizio” che il nuovo vertice di Viale Mazzini dovrà affrontare assieme al problema del pluralismo. Con il varo della riforma del mercato dell’energia il Parlamento non può più consentire confusione nella riscossione delle imposte. Il canone rappresenta circa il 73 per cento dei ricavi della tivù di Stato. I contribuenti cioè sborsano circa 1,726 miliardi di euro mentre con la seconda fonte di reddito, la pubblicità, la Rai incassa un altro 35 per cento, pari a oltre 500 milioni di euro. Nonostante l’importante flusso di denaro la Rai, guidata dall’amministratore delegato Carlo Fuortes, ha fatto registrare perdite di esercizio per circa 35 milioni nel 2021 e 20 milioni nel 2022. Sui conti di Viale Mazzini è sospeso un indebitamento finanziario di 528 milioni di euro a causa dei necessari nuovi investimenti. Gravoso è poi il costo del personale (circa 12mila dipendenti, di cui oltre 2mila giornalisti) che, secondo i dati, si aggirerebbe sui 915 milioni. La riduzione delle risorse e la decrescita degli introiti pubblicitari stanno creando allarme, e da più parti si sollecitano interventi di razionalizzazione dell’intero sistema Rai.

Aggiornato il 20 marzo 2023 alle ore 18:08