Il partito di Bibbiano non è assolto, “io non sto”

Un conto sono la giustizia e la cronaca, altro sono le narrazioni ad effetto e la manipolazione ad uso politico. La cronaca nera da tempo è uscita dal binario dell’attendibilità e della deontologia, usata come arma di propaganda per dirottare l’opinione pubblica. L’ultimo eclatante caso è quello relativo all’assoluzione in secondo grado dello psicoterapeuta Carlo Foti, il fondatore della onlus Hansel e Gretel al centro del processo “Angeli e demoni” sullo scandalo degli affidi illeciti contro cui la politica, soprattutto di centrodestra, si è schierata duramente.

Ricorderete le prese di posizione di Giorgia Meloni, ai tempi a capo di Fratelli d’Italia e oggi premier. Ma anche del leader della Lega Matteo Salvini, pure del pentastellato Luigi Di Maio, che indossò la maglietta “io non sto con quelli di Bibbiano”. Un coro di indignazione contro non solo la onlus e i suoi addetti, ma contro l’impianto che tendeva a stravolgere la tecnica degli affidi, preparatoria delle maternità surrogate e della genitorialità Gender, della rivoluzione dei generi nel campo della “non famiglia” tradizionale a favore delle “famiglie plurime” senza madre e padre biologici. Dietro a tutto questo fu ravvisata la lunga mano del Partito democratico, che non si opponeva a quei percorsi che oggi trovano sostanza in molti aspetti dei diritti Lgbt. Ma gli esperimenti sugli affidi illeciti sollevarono denunce e un’indagine capillare su un armamentario di “torture”, che fecero scattare gli avvisi in campagna elettorale.

Non fu per motivi elettorali che molti leader presero posizione. Non lo fece certamente Giorgia Meloni, che articolava la sua scalata sui valori irrevocabili e cristiani della natura umana e della famiglia. Ma oggi c’è chi vorrebbe che la premier fosse la prima a piegare la testa e che addirittura “chiedesse scusa a Foti”. Una delle solite campagne che invadono media e tv al suon di “montatura politica”, “si vergognino”, “quelli che dissero non stiamo col partito di Bibbiano ora si pentano”. Una gigantesca propaganda per destabilizzare e arrampicarsi sugli specchi. Tuttavia, stavolta spicca anche il giornale di Matteo Renzi, il quale sempre attento a non fare del giustizialismo, stavolta va proprio fuori strada. Sulla prima de Il Riformista pubblica una foto della Meloni di allora con un cartello che diceva “siamo stati i primi ad arrivare” e un titolo acre che recita: “Bibbiano, Giorgia: spegni la luce così nessuno vede la faccia rossa di vergogna”. Eh no, caro Renzi, spegniti tu la luce e fai dimenticare questa brutta svista, perché i fatti non stanno come pensi.

A parte che Carlo Foti fu condannato in primo grado e assolto ieri in secondo. A parte che c’è la Cassazione e il processo ai 17 imputati è tutt’altro che concluso, la corsa a politicizzare la cronaca nera, danno madornale, porta sempre a sbagliare.

Il processo a Bibbiano non è finito. Nessuno può cantare vittoria invocando tanto più scuse nazionali. Perché? Non lo diciamo noi, ma la giustizia. “Non si può dire che con questa pronuncia crolla l’accusa. Né si può parlare di sconfessione dei fatti”. Lo ha dichiarato chiaro e fermo il Procuratore Capo Calogero Gaetano Paci, subito passato al contrattacco dopo l’assoluzione in Appello di Claudio Foti. “Abbiamo ricostruito un imponente impianto accusatorio, con milioni di conversazioni in chat estrapolate da 50 telefonini – puntualizza – Un’attività complessa e ampia. Lo dico perché non ritengo sia corretto dire, al di là delle dichiarazioni di soddisfazione delle difese, che sia crollato l’impianto accusatorio. Non è così. Oltretutto c’è un processo in corso a Reggio”.

Il Procuratore Capo si addentra nei dettagli tecnici del dispositivo: “L’assoluzione è ai sensi del secondo comma articolo 530 del Codice penale, il quale dà la facoltà al giudice di assolvere l’imputato quando la prova c’è, ma non è completa o non è univoca. Significa che se il giudice avesse ritenuto che i fatti non sono minimamente provati avrebbe utilizzato come formula assolutoria più ‘convincente’. Non è un particolare di poco conto. Semplicemente la corte ha valutato diversamente i fatti del primo grado. Noi, come ha detto il procuratore generale Lucia Musti, serbiamo il massimo rispetto per la decisione della Corte d’Appello. Appena avremo le motivazioni valuteremo se fare ricorso”.

Sapete qual è, secondo noi, il punto? La giustizia non è uno spettacolo, non serve a fare audience e affari. La giustizia si fa per gradi. E noi speriamo arrivi agli aspetti tecnici delle attività psichiatriche che stanno dietro a svariate manipolazioni di fatti, eventi sociali, estremismi tesi a mutare e rivoluzionare equilibri fondamentali. Sono passaggi delicati e complessi, tempo al tempo. Per cui è stoltissimo chiedere “le scuse”, addirittura “il vergognarsi”. La politica dovrebbe imparare a fare un passo indietro dalla cronaca, dagli anni Settanta ne ha fatto il suo grimaldello per la sostituzione ideologica sociale.

Nell’incauta posizione su Bibbiano qualcosa emerge. Abbiamo capito che “dietro c’è il Pd”, e chi con loro, visto che non hanno atteso la fine del processo per andare alla carica. Allora mai come oggi vale impegnarsi e ribadire “io non sto col partito di Bibbiano”.

Aggiornato il 08 giugno 2023 alle ore 13:17