Il piano Banda larga modificato sul nascere

Nelle ultime settimane il Governo appare un po’ confuso. Certo è che i dossier sul tavolo sono certamente tutti scottanti e delicati, ma è altrettanto vero che il “Governo delle riforme”, capitanato dal giovane “Premier degli annunci” si propone di “partire”, ma non sempre conosce bene la strada da intraprendere. E quindi assai frequenti sono le inversioni di rotta, gli stop&go, i ripensamenti…

Ed è quello che è accaduto anche al “mitico” piano per la Banda larga. Il tema è stato centrale nelle ultime settimane e tuttora ha un ruolo – assieme alle appassionanti vicende relative a alle torri di Ray Way e alla riforma dell’italico servizio pubblico radiotelevisivo – di estremo rilievo nelle rassegne. A nemmeno di 48 ore dalla presentazione ufficiale, che ha visto svanire l’ipotesi avanzata in precedenza di switch-off del rame, il piano ha già subito delle modifiche. E finanche il testo che compare sui siti di Agid e Mise è differente a quello di martedì. E le implementazioni sono state sostanziali, e non di pura forma.

Al di là di altre questioni minori, quello che colpisce è il capitolo relativo ai vincoli imposti dalla Commissione. Ovvero “cosa non è possibile fare”. Stando a quanto si legge, non è possibile “ipotizzare il controllo integrale da parte di un solo operatore sulla nuova rete, sovvenzionata anche attraverso aiuti pubblici”. Detto in altre parole, o Telecom scorpora la rete, ovvero la propria rete, o non potrà approfittare di contributi pubblici. Problemino non esattamente marginale… Nella nuova versione è inoltre sparita anche la quantificazione dei bonus a quanti migrano dal rame alla fibra ottica, un meccanismo di incentivo che dovrebbe stimolare la domanda. Nella versione dello scorso martedì questi bonus venivano quantificati in 1,7 miliardi di euro. Ora non è dato sapere… figurano dei generici e non quantificati “incentivi economici alla domanda”. Infine sembrerebbe che dal nuovo testo si profili una sorta di corsia preferenziale per la fibra fino a casa, la così detta Ftth – acronimo appunto di “Fiber to the home” – l’unica in grado di consentire una velocità di collegamento a 100 mega.

Quel che preoccupa sinceramente non è tanto il piano o le sue modifiche ma la sua concreta attuazione. Più volte, anche su queste colonne, abbiamo ricordato il pessimo posizionamento dell’Italia in materia di banda larga e utilizzo della rete, elemento che arreca danni impensabili all’economia e alle chance di ripresa del Paese che, oggettivamente, arranca (anche se il Premier Renzi parla di “ripresa”). Statistiche europee su dati 2013 evidenziano come nella percentuale di soggetti che utilizzano la rete l’Italia si collochi 64esima, 40esima nella sottoscrizione alla banda larga. Il problema è certamente infrastrutturale – ci sono aree del Paese che rappresentano dei veri e propri “buchi neri”, dove appare un miracolo avere segnale telefonico – ma anche culturale – in molti strati della popolazione il messaggio che una connessione veloce sia determinante nell’aiutare la ripresa economica ed occupazionale non è ancora passato. Quel che è certo è che bisogna agire concretamente. E farlo in fretta.

Aggiornato il 28 novembre 2022 alle ore 02:53