Amnesty: in chat  la privacy è un diritto

Amnesty International boccia Snapchat e Skype. “Non adottano le protezioni minime in materia di riservatezza nei loro servizi di messaggistica istantanea”, ha infatti “sentenziato” l’organizzazione per la difesa dei diritti umani nel suo nuovo rapporto sulla riservatezza dei messaggi che scambiamo ogni giorno in Rete.

Dopo aver effettuato una lunga ricerca sulle undici aziende hi-tech che producono le più popolari applicazioni di messaggistica, l’organizzazione internazionale ha stilato la “Classifica della privacy dei messaggi”. Ultima, con un totale di zero punti su cento, l’azienda cinese Tencent, tristemente seguita dai 20 punti totalizzati da BlackBerry e dai 26 di Snapchat.

“Chi pensa che i servizi di messaggistica istantanea siano privati, si sbaglia di grosso: le nostre comunicazioni sono sotto la costante minaccia della cyber-criminalità e dello spionaggio di Stato. Sono soprattutto i giovani i più inclini a condividere fotografie e informazioni personali su app come Snapchat, quelli più a rischio”, ha infatti dichiarato Sherif Elsayed-Ali, direttore del programma Tecnologia e diritti umani di Amnesty International.

La classifica, che valuta le aziende su una scala da 1 a 100, si basa su cinque parametri fondamentali. La capacità di riconoscere le minacce on-line alla privacy, la trasparenza sull’eventuale richiesta da parte dei governi di conoscere i loro eventuali dati, sono solo alcuni di questi. Primo fra tutti spicca, però, l’esigenza di prevedere di default la crittografia end-to-end in tutte le applicazioni, “requisito minimo” per garantire che le informazioni scambiate attraverso le applicazioni rimangano riservate. Ne sono per ora sprovviste, oltre a BlackBerry e Snapchat, anche Skype, Google Hangouts e Google Allo, dove però è possibile attivarla.

Malgrado nessuna azienda possa definirsi davvero “inviolabile”, il sistema più sicuro sembra essere quello di Facebook. Il colosso di Menlo Park, grazie a Messenger e WhatsApp, ha infatti totalizzato il punteggio più alto: 73 su 100. Sessanta punti, invece, quelli guadagnati da Apple che, pur utilizzando la crittografia end-to-end, dovrebbe informare gli utenti che i messaggi mandati via sms sono meno sicuri di quelli inviati tramite iMessage e “dovrebbe adottare un protocollo di crittografia più aperto per consentire complete verifiche indipendenti. Il futuro della privacy e della libertà d’espressione on-line dipende in larga misura dalle aziende, se forniranno servizi in grado di proteggere le nostre comunicazioni o se invece le serviranno su un piatto a occhi indiscreti”, ha aggiunto Elsayed-Ali.

Amnesty International ha inoltre scritto alle undici aziende valutate, chiedendo loro di prevedere la crittografia end-to-end di default su tutte le applicazioni di messaggistica e pretendendo inoltre che vengano resi pubblici tutti i dettagli relativi alle procedure adottate per soddisfare il diritto alla privacy e alla libertà d’espressione dei propri utenti. Da BlackBerry, Google e Tencent, per ora nessuna risposta.

Aggiornato il 28 novembre 2022 alle ore 03:00