Facebook nel panico dopo audizioni Usa

lunedì 16 aprile 2018


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Il panico sta giocando brutti scherzi a Mark Zuckerberg e soci dopo le due audizioni fiume al Congresso e al Senato degli Stati Uniti d’America. Infatti, come usano fare tutti coloro che si buttano con le mani in avanti per non cadere dietro, ecco i messaggi di blocco temporaneo come quello su citato che sono stati inviati a migliaia di utenti, e non solo in Italia. La triste verità, emersa dalle due audizioni fiume, circa dieci ora tra Senato e Congresso tra il 10 e l’11 aprile scorso, non è quella quasi agiografica letta nei maggiori quotidiani europei. No, Mark Zuckerberg ha dovuto ascoltare, quasi a capo chino, le contumelie sulla privacy e sui dati venduti o lasciati acquisire sotto banco alle varie Cambridge Analytica di mezzo mondo. E anche in Italia ci sono stati acquirenti commerciali e politici e non è nemmeno troppo difficile immaginare chi possano essere.

In particolare, non è piaciuta l’allusione di Zuckerberg alla possibile contromisura contro gli avvoltoi dei dati degli utenti: mettere una privacy a pagamento. Qualcuno ha scritto sui giornali americani che è veramente inaudito che chi porta la responsabilità di questo casino – che la metà basta – “osi” offrire come parziale rimedio a questo avvelenamento fatto di fake news una sorta di antidoto ma a pagamento. È come se un costruttore di case antisismiche farlocche che non abbiano resistito a un modesto terremoto da due gradi della scala Mercalli si offrisse di ricostruirle per le vittime, ma a loro spese.

La verità e che l’azienda Facebook è nel panico. Nata per caso e sviluppatasi senza regole - e soprattutto senza alcuna organizzazione - nei tempi d’oro della crisi dei subprime americani, adesso si ritrova a fare i conti con questi problemi cui si aggiungono quelli dei misteriosi moderatori dei Paesi arabi e terzomondisti che dividono il bene e il male di chi pubblica e condivide secondo proprie personalissime visioni del mondo. Va detto che la capitalizzazione in Borsa di un gigante come Facebook ne fa di fatto una ditta “too-big-to-fail”. Ma di sicuro né Zuckerberg né i suoi soci sono così potenti da evitare incriminazioni e arresti futuri se dovesse emergere qualcosa d’altro di grave e indicibile. E finora non detto.


di Rocco Schiavone