Un premio alla libertà di pensiero, nel ricordo di Giorgio Minarelli

È difficile definire mio padre, Giorgio Minarelli, in poche righe, ma lui con questa sinteticità sarebbe stato assolutamente d’accordo. Non amava i lunghi discorsi e gli inutili panegirici, preferiva la schiettezza, amava esporre la sua verità anche quando questa poteva apparire scomoda o sconveniente. Mi affascinava questa sua capacità di trovare sempre un “pensiero laterale”, una interpretazione originale, intelligente e concreta di qualsiasi argomento.

Giorgio Minarelli ha portato la Motori Minarelli, fondata dal padre Vittorio, a essere un’azienda efficiente, innovativa, leader in Europa nella produzione di motori a due tempi. Lungimirante nella partnership con la Yamaha, a cui ha poi ceduto l’azienda, conscio che l’epoca dei motori a due tempi stava ormai tramontando. È così riuscito a garantire che il cuore e la testa del gruppo restassero a Bologna, dove era nato, contribuendo a creare occupazione e benessere. Papà non era, però, solo uomo di fabbrica. Diceva sempre che, se non ci fosse stata la Motori Minarelli, avrebbe scelto la facoltà di filosofia e non di ingegneria. Forse non avrebbe neppure fatto l’imprenditore. Invece lo ha fatto, con grande successo, onestà e umanità, non abdicando però mai al perseguimento dei suoi più profondi interessi: l’arte, la storia e il dibattito intellettuale del Paese. Animato da una curiosità insopprimibile e vorace che non lo ha mai abbandonato.

Collezionista d'arte, amico di molti artisti bolognesi, è stato per un breve periodo direttore del Museo di Arte Moderna di Bologna. Una passione che mi ha trasmesso. Ma in fondo per me è stato facile, fin da piccola portata in giro per musei e gallerie d’arte, per lui invece era stato un qualcosa di innato. Fin dai tempi dell’università, quando riusciva a mettere da parte qualche risparmio acquistava stampe o piccoli dipinti. C’era poi il dibattito politico, da giovane aveva militato nel partito liberale, convinto che la responsabilità di un imprenditore sia anche quella di favorire una discussione pubblica plurale. Sicuro che, senza un forte radicamento liberale, un paese alla fine si spegne: per questo occorre sostenere gli sforzi di chi si batte per la libertà di pensiero e di intrapresa.

È così che nacque la sua amicizia con l’Istituto Bruno Leoni, che conobbe quando stava muovendo i primi passi. Oggi che papà non c’è più, penso che sia importante far vivere il suo spirito in quello che più gli piaceva: la totale libertà di pensiero, la capacità di vedere oltre i luoghi comuni, la fortissima curiosità intellettuale. Questo l’esempio che ci lascia e che avrebbe voluto trasmettere ai giovani.

Sono, per questo, molto contenta (e penso lo sarebbe stato anche lui) di poter promuovere, assieme all’Istituto, il Premio Giorgio Minarelli “Giornalismo e libertà”. Sperando che l’esempio di mio padre possa essere di ispirazione alle prossime generazioni di liberi pensatori, abbiamo deciso di destinare il premio a qualunque categoria, anche innovativa, di prodotto culturale: non solo e non necessariamente articoli di giornale o servizi televisivi, ma anche video brevi, meme, fumetti, saggi e qualunque altro prodotto dell’ingegno. La libertà è anche creatività e la creatività esige un po’ di anarchia. Nessuno più di Giorgio Minarelli ne era consapevole e sono sicura che, da Lassù, saprà assistere i giurati in una decisione non facile, con quel suo sorriso contagioso che ha regalato a tutti quelli che gli hanno voluto bene.

(*) A cura dell’Istituto Bruno Leoni

Aggiornato il 30 aprile 2024 alle ore 10:58