“Una spiegazione per tutto”: la coccarda fatale

Il film Una spiegazione per tutto del regista ungherese Gábor Reisz è un discorso politico sotto forma di immagini, in cui è il non detto la parte più interessante da indagare, rispetto ai dialoghi diretti tra i vari protagonisti. Il significato profondo resta, infatti, sotteso e mai esplicitamente espresso. Si parte da un interno con alunni e professori nel periodo degli esami di maturità, la cui regola prevede che i maturandi incapaci ripetano l’anno scolastico, in caso di esito negativo. Tra questi ultimi si colloca a pieno demerito Abel (Adonyi-Walsh Gáspár), un mediocre studente totalmente digiuno e alieno dagli insegnamenti di Storia, somministratigli con scrupolo e passione durante gli anni del liceo dal suo professore della materia, Jakab (András Rusznák).

Quest’ultimo, un intellettuale liberale con tanto di codino beat generation, appartiene alla schiera di coloro che si oppongono politicamente a quello che lui stesso definisce “il regime” ungherese. Jakab, pertanto, è una figura emblematica che si contrappone all’anima ultra nazionalista, rappresentata dal padre di Abel, György (István Znamenák), un architetto conservatore e convinto sostenitore di Viktor Orbán. Come nel caso di Paolo e Francesca, “Galeotto fu il libro e chi lo scrisse”, così una coccarda tricolore ungherese, messa da Abel all’occhiello della giacca in occasione delle manifestazioni per la Festa nazionale, e poi da lui dimenticata fino al giorno della prova di maturità dinnanzi alla commissione d’esame, diventa il casus belli. Da lì, infatti, si scatena una furiosa campagna di stampa nazionalista contro Jakab che, incautamente, aveva chiesto ad Abel perché la indossasse.

Vista dalla Luna, la domanda del professore poteva avere un senso costruttivo, dato che Abel aveva fatto scena muta per tutto l’esame di Storia, non sapendo nulla di nulla. Quindi, si deve supporre che se l’esaminando avesse parlato della storia della rinascita nazionalista dell’Ungheria, partendo proprio dalla famigerata coccarda, in questo caso avrebbe potuto ottenere in zona cesarini la sufficienza anche in Storia, visto che nelle altre materie il suo profitto si era dimostrato discreto. Le cose, invece, prendono per il professore una piega amarissima, dato che quel caso da nulla viene ingigantito da un’ambiziosa giovane giornalista, che lavora da precaria in un piccolo quotidiano locale per, poi, in pieno scandalo, essere cooptata per merito nello staff orbaniano che si occupa della comunicazione presidenziale. Così, una cosa da niente, una voce dal sen fuggita, si tramuta in un vero e proprio boomerang nazionale, che vede l’intero istituto scolastico finire con il suo preside e il corpo docente nell’occhio nel ciclone della polemica politica mediatica, alimentata dalla propaganda di regime. Cosicché un fallimento individuale (quello dello studente Abel digiuno di Storia) diviene uno strumento improprio ma diretto di lotta politica, tanto da costringere il Provveditorato scolastico della città a disporre in via eccezionale la ripetizione dell’esame. Così Jakab, che ha una famiglia (moglie e due figlie) da mantenere e che fa il doppio lavoro di cronista televisivo per arrotondare lo stipendio, si vede posto sull’orlo del licenziamento, senza aver minimamente violato le regole. Tanto più che i suoi colleghi della commissione esaminatrice sono i diretti testimoni della scena muta di Abel, ben prima che Jakab lo interrogasse sulla coccarda.

Poi, c’è un terzo elemento nella storia, in questo caso coniugato interamente al femminile che, come al solito, introduce un potente germe di buon senso e realismo, destinato a mitigare le liti tra maschi politicizzati. Le mogli di Jakab e György, in particolare, madri premurose (un po’ troppo apprensiva e protettiva quella di Abel) e con i piedi ben piantati a terra, giocano il ruolo contemporaneo di pilastri affettivi della famiglia e di alter ego fuori dalla mischia politica dei loro rispettivi mariti. Perché, poi, quando si hanno figli da crescere, bisogna badare alle cose e ai bisogni pratici di tutti i membri della famiglia. E sono ancora loro, donne in fiore, come Janka (Lilla Kizlinger), compagna di classe di Abel e di cui il ragazzo è innamorato, a giocare il ruolo di giustiziere, togliendo proprio a quel suo coetaneo vigliacco e mentitore il supporto fondamentale per continuare nella sua recita a soggetto. Bel film. Da non perdere.

Voto 8,5/10

Aggiornato il 03 maggio 2024 alle ore 17:06