Dal genoma ai derivati

Il termine “hybris”, in greco antico, sta a significare un insieme di tracotanza e prepotenza e può essere usato per descrivere l’eccessivo orgoglio di quanti pretendono di dominare oggi o in un futuro non lontano i segreti della vita o in altre scienze come l’economia, l’indirizzo e il controllo dei sistemi socio economici. A questo proposito, nel saggio “Il sogno del genoma umano”, il genetista Richard Lewontin ricorda come sull’ingresso del dipartimento di Filosofia della Harvard University, costruito nel 1904, ci fosse la domanda del salmista “Che cos’è l’uomo perché tu ti ricordi di lui?”. E ciò che è cambiato oggi non è la domanda ma l’identità del “tu”, perché nello stesso edificio chi cerca di rispondere è il dipartimento di Biologia molecolare e cellulare indagando sulla natura degli esseri umani con microchip piuttosto che con la fede o l’indagine filosofica.

È evidente che le due cose non si escludono, ma certamente esiste una relazione forte che lega lo sviluppo delle scienze esatte e la loro applicazione in diversi campi scientifici al pensiero positivista e alla volontà di dominio più raffinata della realtà. Che uno strumento astratto come la matematica – prodotto dell’intelletto umano – si adatti a spiegare la realtà dipende, come sosteneva già Galileo – dal fatto che questo è il linguaggio in cui l’universo sembra esser stato scritto. I modelli matematici rappresentano un insieme di conoscenze di cui non possiamo fare a meno, ma rischiano di diventare molto pericolosi dal momento in cui si insinua l’idea che siano esaustivi della rappresentazione del governo della realtà. Lo stesso Albert Einstein, d’altra parte, rifiutava l’idea che Dio potesse “giocare a dadi con il mondo”.

Certamente gli importanti risultati ottenuti nella fisica nucleare e spaziale hanno favorito agli inizi degli anni Sessanta la trasmigrazione di questi modelli culturali ad altre scienze in modo sempre più massiccio. E non v’è dubbio che gli importanti risultati ottenuti abbiano contribuito a diffondere un senso di “hybris” nell’idea del controllo della vita ma anche, in economia, per quanto riguarda la possibilità di previsione e controllo delle dinamiche monetarie e finanziarie.

Lasciando ai genetisti il dibattito sulla produttività dei modelli interpretativi del genoma umano, interessa in questa sede sottolineare come la turbolenza e l’imprevedibilità dei mercati finanziari – derivati, mutui subprime eccetera – siano in gran parte legati a un’applicazione da parte degli operatori di raffinate formulazioni matematiche e di modelli derivati dalla fisica nucleare e quantistica, che hanno generato l’idea della governabilità dei mercati stessi. Su questi temi Edmund Phelps, Nobel per l’economia del 2006, ha criticato lo sviluppo e l’ambito applicativo di questi modelli, peraltro proposti da altri economisti vincitori a loro volta del premio Nobel, attribuendo in parte ad essi l’attuale instabilità e imprevedibilità dei mercati.

Non v’è dubbio che ciò è stato favorito dalle inadeguate capacità delle istituzioni preposte al controllo. E questo è dipeso sia dalle modalità di composizione di queste istituzioni e dei processi di raccolta del consenso, sia dal fatto che gli addetti al governo dei mercati hanno gli stessi modelli culturali di quelli che vi operano. La dinamica economico-finanziaria non è controllabile facendo ricorso solo a una modellistica matematica, perché il comportamento umano “non ha mai la possibilità di essere completamente razionale – scriveva Daniel Kahneman, Nobel per l’economia 2002 – ed i modelli non possono mai, la storia lo dimostra, coincidere con la realtà e quindi spiegarla e prevederla in modo esaustivo”.

(*) Professore emerito dellUniversità Luigi Bocconi

Aggiornato il 03 maggio 2024 alle ore 16:19