Il Consiglio di Stato non torna indietro: niente proroga per le concessioni balneari

L’annosa e complessa questione delle concessioni balneari torna a far discutere. Una situazione che non ammette più proroghe secondo il Consiglio di Stato, ritenendo l’attuale gestione degli stabilimenti balneari, che operano in virtù di concessioni rinnovate in modo automatico da decenni e senza adeguamento del canone, in completa violazione degli indirizzi comunitari. Nulla di nuovo se si considera che la cosiddetta Direttiva Bolkestein dell’Unione europea, nella quale si è imposto all’Italia di mettere a gara le concessioni, così da aprire al mercato della concorrenza, porta la data del 2006. Ma dal 2006 a oggi cosa è successo?

L’attuazione della suddetta linea è stata rinviata in prossimità della scadenza delle concessioni, ammettendone una proroga. L’ultima proroga è quella che porta la data del 31 dicembre 2024, introdotta nella Legge di bilancio approvata nel dicembre del 2022, sebbene Palazzo Spada non sembri più lasciare spazio. L’ultimo grado di giudizio nella giustizia amministrativa ha, infatti, confermato la scadenza delle concessioni balneari al 31 dicembre del 2023, annullando le eventuali deroghe fino al 31 dicembre del 2024 concesse da alcune amministrazioni comunali.

Pronunciandosi su un ricorso presentato nel 2023 dal proprietario di uno stabilimento balneare a Rapallo, Liguria, il Consiglio di Stato richiama “i principi della Corte di Giustizia dell’Unione europea” sottolineando la necessità di dare “immediatamente corso alla procedura di gara per assegnare la concessione in un contesto realmente concorrenziale”. Un punto sul quale il giudice amministrativo resta fermo, tanto da invalidare qualsiasi rinnovo delle concessioni dopo il 31 dicembre 2023, compresa la decisione del Governo di prorogarle fino al 31 dicembre di quest’anno. Ma c’è un altro profilo su cui si sofferma il Consiglio di Stato: la sentenza mette in discussione quanto rappresentato dal Governo a Bruxelles in un rapporto di mappatura volta a dimostrare la non scarsità delle risorse balneari sulle coste italiane e, dunque, la non necessità di gare d’appalto come richiesto dalla Direttiva Bolkestein. A seguito della sentenza, le reazioni non sono mancate.

Federbalneari resta sgomenta “per l’ennesima sentenza del Consiglio di Stato che non rispetta neppure la Legge Draghi sui termini del 2024 in attesa di una riforma del settore balneare ormai attesa”. Mentre per le associazioni di categoria la sentenza del Consiglio di Stato si pone “in disaccordo con quanto definito nel Milleproroghe, e avrà effetti devastanti sull’occupazione mettendo a rischio l’intero settore che arriva a occupare fino a 300mila lavoratori, in gran parte già assunti, per la stagione”.

Di contro fonti di Fratelli di Italia rassicurano che “la mappatura delle coste, svolta nei mesi scorsi dal tavolo tecnico sulla base dei dati forniti dal Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, è frutto di un lavoro serio che ha visto coinvolti tutti i ministeri competenti. I risultati di tale lavoro sono oggetto dell’interlocuzione in corso tra il Governo e la Commissione europea, volto a superare la procedura di infrazione e a definire una norma di riordino dell’intero settore che dia certezza agli operatori e alle amministrazioni locali”.

E sebbene questo tempo sia ancora ballerino, non resta che attendere, l’estate è vicina.

Aggiornato il 04 maggio 2024 alle ore 11:18