I costi delle canzonette in carcere

sabato 22 settembre 2012


Il governo, consapevole della carenza di risorse finanziarie, nel varare le misure operative destinate a migliorare la situazione carceraria intendeva includere i privati nel “disegno risolutivo del piano per l’edilizia penitenziaria”. Sulle colonne di questo giornale avevo già scritto che, forse, prima della fase di realizzazione del disegno risolutivo del piano carceri non sarebbe stato sbagliato promuovere una iniziativa di pianificazione strategica che stabilisse in modo organico, le possibili operazioni da compiere a fronte dell’intero patrimonio esistente sul territorio: riuso, riassetto, dismissione, cessione, ristrutturazione, locazione (ecc.), di taluni edifici penitenziari, di aree pertinenziali (e non solo) all’interno di un ragionato paradigma di azioni da pattuire successivamente attraverso una specifica normativa con i diversi enti locali.

Tale processo, che sembrerebbe positivamente essere stato avviato da parte del Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) con alcune più sensibili realtà locali, potrebbe trasformarsi ancora oggi, ma soprattutto per il domani, in una grande opportunità per innescare un ciclo virtuoso in rapporto diretto con le attività produttive presenti sul territorio. Individuando all’interno delle diverse filiere nuovi ambiti di recupero sociale del detenuto come momenti alternativi, ma non disarticolati e sporadici, destinati all’applicazione della pena. Così concepito, tutto il percorso, collegato alle catene produttive locali, ai servizi sociali, alle strutture cooperativistiche e al volontariato, ai valori architettonici ed ambientali espressi dalla nazione, potrebbe ricucire sistemicamente le molte connessioni funzionali esistenti nelle realtà territoriali. Da un lato, quindi, va dato atto alla capacità del governo centrale di saper predisporre chiari criteri tecnici di intervento e, dall’altro, l’incerta e diversa sensibilità politica e culturale di recepire queste linee da parte degli enti locali. Fatta questa premessa, necessaria per inquadrare in parte la complessità dei problemi di fronte ai quali si trova lo stato, veniamo ora alla nostra più vicina realtà. Per certi casi poco edificante.

Tra scandali, denunce, sperpero di pubblico denaro, (inutili) chiarimenti politici e doppie auto blu al servizio del presidente Abruzzese, la regione Lazio di questi tempi ha ben altri problemi di cui occuparsi. Tuttavia, non finisce di stupirci la pervicace insistenza da parte dell’assessorato regionale ai “Rapporti con gli Enti locali e alle politiche della sicurezza” di continuare nella sua azione volta a portare cantanti e canzonette all’interno delle carceri laziali. Dopo gli interventi canori nel carcere di Civitavecchia ad agosto con la band di Luisa Corna, di Franco Califano prima a Velletri poi a Latina e, infine, di Marco Masini nel penitenziario femminile della stessa città, chissà quali altre idee evasive saranno partorite dalla fervida fantasia dell’assessore Pino Cangemi: l’infaticabile pianificatore culturale e attento programmatore delle giornate estive musicali all’interno delle carceri laziali. 

Vista l’attuale situazione carceraria di cui solo i Radicali tengono viva l’attenzione con costante, encomiabile impegno e i tanti problemi irrisolti riguardanti il mondo della detenzione e della post detenzione (è di ieri la rivolta con incendi nel carcere minorile Beccaria di Milano) il nostro sensibile assessore che fa? Studia e coordina forse iniziative volte ad assicurare programmi aventi come obiettivi il possibile coinvolgimento degli enti locali nella gestione di questi problemi, magari con il contributo dell’imprenditoria privata supportata dalle cooperative di ex detenuti? Si applica, sulla base di programmi di riabilitazione sociale e qualificazione professionale, a mettere a punto (con il conforto ministeriale) misure alternative al carcere e il reinserimento nel ciclo produttivo destinato al riuso, sotto altre forme e funzioni, dello stesso patrimonio edilizio carcerario? Per le “politiche della sicurezza” (di chi?), analizza e propone attività lavorative e impiego di risorse economiche per creare occasioni imprenditoriali con lo scopo di creare lavoro, sostegno e reinserimento nel ciclo delle attività produttive? Per caso promuove corsi di formazione professionale per gli ex detenuti, per i giovani disoccupati e ragazzi allo sbando? No, per l’assessore alle “Politiche della sicurezza” tutto questo è inutile e superfluo esercizio. Preferisce meglio applicarsi (per un sicuro attraction/appeal?) al più impegnativo e oneroso censimento di gruppi canori. Visionando cantanti e orchestrine, scegliere testi, parole e musica degli artisti migliori da portare nelle carceri per passare un po’ di tempo per (in)utili evasioni musicali.

C’è però qualcosa di irrisolto in tutto questo, sul quale problema (politico) occorrerebbe fare qualche riflessione. Mi riferisco al costo di queste iniziative evasive, al modo come vengono impiegate ingenti risorse economiche, in questo periodo di carestia, da parte di chi è autorizzato, dalla politica dei politicanti, a spendere pubblico denaro. C’è una indubbia perplessità che riguarda il vero scopo politico di chi spende, di come spende e di quanto spende. E secondo quali principi e obiettivi intende continuare a spendere, compatibilmente con le finalità di istituto del proprio assessorato, coerentemente con i programmi politici collegialmente condivisi tra i nostri pubblici amministratori. Vorremmo sapere, se non è troppo irritante la domanda, quanto siano costate queste “evasioni musicali” volute dall’assessore Cangemi. A quanto siano ammontati i cashè per i Franco Califano, Mario Zamma, Manuela Villa, Martufello, Marcello Cirillo, Tom Sinatra, Luisa Corna con il suo gruppo musicale (costituito da quattro musicisti e un corista), Marco Masini e quanti altri hanno contribuito alla iniziativa. E, se tutto è regolarmente in ordine, come spero, mi domando comunque che ci “azzecca” con gli enti locali e le politiche per la sicurezza, questa non meglio identificata evasione musicale che fa sorridere solo chi nulla capisce dei veri problemi della detenzione? Tanto valeva che la presidente Polverini affidasse a Cangemi un assessorato di più alto prestigio culturale ove potesse meglio esercitare la sua sensibilità musicale ad un ben altro e qualificante livello.


di Alessandro De Rossi