Peron, giustizialismo e socialismo nazionale

venerdì 5 settembre 2014


Juan Domingo Peron (1895 – 1974) - Presidente della Repubblica Argentina dal 1946 al 1955 - fu personaggio senza dubbio emblematico nel panorama geopolitico della Guerra Fredda ed il suo pensiero giustizialista, ovvero socialista nazionale, fu ed è tutt'ora un pensiero di scottante attualità, specie dopo l'avvento della globalizzazione e della conseguente crisi economico-sociale che attanaglia il mondo ormai da parecchi anni. Iniziamo con il dire subito che Juan Peron non fu un populista nel senso spregiativo del termine. Egli fu uno dei pochi politici nella Storia ad essere dalla parte del popolo ed a servirlo, offrendo allo stesso una prospettiva umanitaria.

Eletto democraticamente, alla guida dei descamisados, ovvero dei più poveri dei poveri argentini, e sostenuto dalla moglie Eva Duarte (1919 - 1952), soprannominata affettuosamente dal popolo Evita - la quale si occuperà per tutta la sua pur breve vita di diritti delle donne e degli anziani - l'allora Colonnello Peron divenne Presidente della Repubblica Argentina e fondò, poco tempo dopo, il Partito Giustizialista, ovvero un partito socialista, nazionale e cristiano, ma di matrice anticlericale, come egli stesso amava definirlo. La dottrina sulla quale Peron fondava la sua politica era una chiara ed inequivocabile terza posizione: alternativa al capitalismo borghese ed al marxismo comunista.

Ovvero alternativa ai due imperialismi: quello statunitense e quello sovietico. Il suo governo – che mai accettò aiuti, prestiti o investimenti stranieri - fu caratterizzato sin da subito da politiche in favore del popolo, dell'alfabetizzazione dello stesso e dello sviluppo del lavoro e riuscì, attraverso la nazionalizzazione delle imprese pubbliche, in pochi anni, a ripianare la totalità del debito pubblico che i governi dittatoriali precedenti avevano accumulato, ottenendo una bilancia dei pagamenti in attivo e riuscendo ad accumulare un'ampia riserva aurea. Sotto il profilo della laicità, inoltre, il governo Peron fu avanzatissimo per l'epoca, al punto che introdusse la legge sul divorzio, soppresse l'educazione religiosa nelle scuole e legalizzò la prostituzione e ciò gli costò peraltro la scomunica da parte del Papa dei cattolici Pio XII.

Nel settembre 1955, un'alleanza fra clero, militari e servizi segreti statunitensi, ad ogni modo, bloccò ogni nuova riforma peronista: un Colpo di Stato guidato dal generale Pedro Eugenio Aramburu, infatti, destituì il Presidente Juan Peron da ogni carica e lo costrinse all'esilio. Un esulio che durò sino al 1973. In Argentina, peraltro, il Partito Giustizialista fu dichiarato illegale e per quasi vent'anni l'Argentina ed il suo popolo subirono un lungo susseguirsi di dittature militari e di violenze, oltre che di pesantissime crisi economiche e di ruberie di Stato, che non permisero più al Paese di risollevarsi come aveva fatto, invece, durante il decennio peronista. Juan Domingo Peron, ad ogni modo, nel suo esilio di Madrid, scriverà, nel 1967, una sorta di testamento politico, di documento storico e di esortazione al popolo ed ai popoli e lo intitolerà, emblematicamente, “L'ora dei popoli”. In tale testo, che anticiperà il suo ritorno trionfale in patria nel 1973, oltre a denunciare i suoi nemici in patria, denuncerà il pericolo dell'imperialismo yankee, ovvero statunitense, e l'avanzare dell'imperialismo sovietico e comunista. Inoltre, fu forse il primo a denunciare le manovre speculative dei governi USA relative al dollaro, fra cui il fenomeno dei signoraggio, e del Fondo Monetario Internazionale che, peraltro, sono tutt'oggi all'origine della crisi economica che stiamo subendo e fu il primo che, durante il suo mandato di governo, propose l'unificazione dell'America Latina, ovvero la fondazione degli Stati Uniti Latino-Americani.

Peron nel suo “L'ora dei popoli”, a proposito del giustizialismo e delle sue prospettive scrive infatti: Il giustizialismo si fonda su tre grandi premesse: 1) La necessità di promuovere una riforma che il mondo dei nostri giorni, con la sua inarrestabile evoluzione, stava segnalando come un imperativo ineludibile. 2) La necessità di una integrazione latino-americana per creare, grazie ad un mercato ampliato, senza frontiere interne, le condizioni più favorevoli al nostro sviluppo; per migliorare il tenore di vita dei nostri 200 milioni di abitanti; per creare le basi dei futuri Stati Uniti Latino-Americani, posto che spetta all'America Latina nelle questioni mondiali. 3) L'opportunità di realizzare un'integrazione storica che permetta di consolidare quella liberazione per la quale lottano oggi quasi tutti i popoli sottomessi. La lotta in favore dei popoli sottomessi, infatti, fu la costante del pensiero e dell'azione di Juan Peron. La sua terza posizione, infatti, coincideva con quel Terzo Mondo sfruttato e depredato da Stati Uniti ed Unione Sovietica ed in tal proposito scriveva, anche riferendosi alla dittatura antiperonista che stava in quegli anni martoriando l'Argentina: I governi usurpatori di quelle dittature che pretendono di affermare la propria esistenza con la protezione straniera non possono durare.

I governi militari e imposti dal Pentagono e dal Fondo Monetario Internazionale, incorreranno nella stessa sorte in Vietnam come in America Latina, in quanto nulla di stabile può essere fondato sull'infamia. Socialismo nazionale, integrazione storica del Terzo Mondo e dell'America Latina, sovranità popolare, tutti aspetti che gli imperialismi non potevano e non possono tollerare. Juan Domingo Peron, nonostante il ritorno trionfale in patria nel 1973 e la sua successiva rielazione, lasciando presto il governo nelle mani della seconda moglia Isabelita - che certo non aveva il piglio e l'anima sociale di Evita - non riuscì, causa anche la sua morte avvenuta nel 1974, ad impedire l'avvento di nuovi golpe militari che soffocarono ogni possibile riforma in Argentina. Oggi, nel 2014, forse, avremmo necessità di un nuovo Juan Domingo Peron. L'avrebbe l'America Latina, ancora non unificata ed ancora attraversata da una grave crisi socio-economica. E l'avrebbe l'Europa, unita solo dall'economia e dal continuo sfruttamento monetario e tartassatorio che noi cittadini subiamo ogni giorno, peraltro soggetti alle scelte di politica internazionale dei soliti USA e del solito Fondo Monetario Internazionale.

Una terza posizione di carattere umanitario, socialista libertario e nazionale sarebbe utile all'uscita della crisi. Ma, per ora, possiamo solo guardare agli esempi del passato. Agli esempi di personalità che, da Simon Bolivar a Giuseppe Mazzini, dai coniugi Garibaldi (Anita e Giuseppe), passando per i coniugi Peron (Evita e Juan) e per il socialismo libertario di Hugo Chavez, hanno offerto al mondo prospettive diverse e alternative. Prospettive oltre le divisioni e le ideologie di destra e/o di sinistra, bensì sempre dalla parte dei popoli e degli oppressi.


di Luca Bagatin