L’arte per cambiare il mondo: Adriano Buldrini, artista dalle tematiche simboliche ed esoteriche

lunedì 18 gennaio 2021


Adriano Buldrini nasce a Firenze nel 1969, si diploma nel 1987 al liceo Artistico della sua città e, sempre a Firenze, nel 1993 consegue una prima laurea in Scenografia. Quindi, nel 2017, ne acquisisce una seconda, in Pittura e Nuovi linguaggi espressivi, all’Accademia delle Belle Arti di Firenze. Contemporaneamente, terminati i primi studi, inizia a collaborare come aiuto pittore negli atelier di alcuni artisti toscani. Nel gennaio del 1995 si svolge la sua prima personale alla Ken’s Art Gallery di Firenze, dal titolo “Il ritorno”. Cui seguono molteplici mostre personali in Italia e all’estero.

La sua pittura, compiendo un viaggio a ritroso nel tempo, sin dagli esordi, è sempre accompagnata dall’estrema cura e amore per il disegno, insieme a una notevole maestria nell’uso del colore. Quanto imprinting c’è nella sua arte, della pittura di mimesi italiana e quanto c’è di influenze contemporanee?

L’evidente tecnicismo da me usato, da una parte non nega e né fa mistero del mio amore per la tradizione pittorica italiana in generale, dall’altra però la mia pittura getta un occhio verso quei percorsi più moderni o contemporanei come lo sono l’impatto coloristico, segnato da ampie campiture monocromatiche tipiche dell’arte informale. Nel mio modo di operare, si fondono diversi linguaggi espressivi. Dalle dorature della tradizione iconografica tardo-gotica, alle linee aggraziate della rappresentazione fiorentina; dall’esperienza della “poesia del colore” di Mark Rothko, ai monocromi di Yves Klein. Chi mi segue da tempo sa che non disdegno la serialità della pop art; non mi astengo a cimentarmi in esperienze di arte relazionale. D’altronde, sono un artista del mio tempo, uno che non si adatta più ai manifesti o a linguaggi, ma dei manifesti e dei linguaggi ne fa un collage in funzione delle sue rappresentazioni.

Nell’ambiente è noto per essersi dedicato, da sempre, a una pittura di taglio esoterico. Le sue rappresentazioni hanno spesso trattato temi come la numerologia, gli arcani maggiori e minori, l’angelologia, i maestri spirituali, la simbologia iniziatica. Esiste un filo conduttore?

Sicuramente, sono uno dei pochi artisti contemporanei italiani a trattare tali temi. Tramite la pittura ho dato spesso la mia interpretazione, come ben riportato nella domanda, a vari argomenti di carattere spirituale. Il filo conduttore è far nascere una domanda interiore in chi osserva le mie opere e cioè “io chi sono?”. Stili, elementi, si alternano e si compenetrano nelle mie opere, tutti in funzione di questo messaggio. Così possiamo trovare geometrismi, graffitismi, numeri, parole che susseguono e sottolineano immagini ritratte con minuzia di particolari ed estremo lirismo. Tale maestria ha come unico scopo, catturare l’attenzione dell’osservatore sulla sua ricerca, sul fare nascere l’esigenza di avere una “risposta”, che ognuno poi trova in sé.

Nel mondo del sovrannaturale a quale dei soggetti, cui si è ispirato, è più affezionato?

Non scindo mai naturale da sovrannaturale, l’esoterismo è qualcosa di pratico è sempre uno studio della vita, della natura. I vari temi sono concatenati, ognuno include l’altro. Sono argomenti giganteschi, profondissimi, fonti inesauribili di ricchezza. Non li ho inventati io.

La pittura come terapia dell’anima. Che metamorfosi compie l’arte sull’individuo?

In primo luogo, nutre. La pittura è un’impressione, un nutrimento sottile per la nostra vita. A ognuno di noi la scelta di cosa cibarsi. Esistono tanti modi di fare pittura, non tutta è digeribile. Far crescere un “bimbo” implica la necessità di dare quel cibo che può renderlo sano e forte. Ecco: la nostra anima è una creatura da sfamare.

Ritiene che quanto racchiuso in una tela possa influenzare la vita di un possessore-osservatore della stessa?

Certamente. Ci sono opere d’arte che sono delle benedizioni contro ogni male. Gli antichi stessi usavano statue per ingraziarsi gli Dei. La consapevolezza, i simboli usati e l’intenzione del pittore, possono rendere sacra una stanza, un luogo, uno spazio. Purtroppo, tuttavia, esiste anche l’opposto. Ci sono oggetti o quadri che, per varie ragioni, devono essere allontanati da dove viviamo, tutto entra in risonanza, è bene saperlo.

L’Urlo” di Edvard Munch...e il conflitto mondiale. Quale immagine del suo incantato mondo di simbolismo, a volte addirittura onirico, sceglierebbe come manifesto di questi tempi?

Io amo dare speranza. In un momento come questo, sceglierei uno dei miei quadri del ciclo pittorico “I Tappeti di Dio”. Sono pitture contemplative che ci invitano a porre una solida base sotto i piedi, per riformulare i perché esistenziali, anche quelli che ci hanno portati all’attuale condizione.

Ritiene che il mercato artistico, con scenari di angoscia e d’incertezza assoluta nel mondo reale, possa dare un messaggio di speranza alla ricostruzione di un modello di uomo nuovo?

Il mercato è il mercato, la parola dice tutto. È fatto di firme, di valutazioni, di investimenti. Chi più pubblicizza, più vende. L’arte non è solo questo: può fare molto, anzi moltissimo. Ragion per cui è sempre temuta da tutte le dittature, muove le coscienze. Con nulla, partendo dal nulla, una tela, una chitarra, un palco, puoi dare inizio a un cambiamento sociale. Questo lo trovo straordinario.

Qual è il tuo ultimo lavoro?

Dopo il ciclo pittorico “Il verbo degli uccelli” ho recentemente pubblicato il mio ultimo libro-catalogo dal titolo “SpazioSacro”: un manuale di Scienza iniziatica, che prende a pretesto la spiegazione della mia ultima istallazione artistica, una cappella meditativa altamente simbolica. Il testo include anche un cd che fa da sottofondo all’opera, composto dal bravissimo musicista siciliano Rosario Di Bella, io ne ho scritto i testi. Lo potete reperire facilmente su Amazon.


di Pierpaola Meledandri