Testimonianze: unicuique suum (a ciascuno il suo)

martedì 13 aprile 2021


Continuano le celebrazioni del settecentesimo anniversario della morte di Dante, con rievocazioni e letture della Divina Commedia. Un programma culturale televisivo (Rai 5) svolge la lettura dell’intero Poema. Gli organizzatori affidano la recitazione a personaggi noti, forse credendo di attrarre il pubblico non già con Dante ma con Dante letto da un ballerino, da una danzatrice, da una scrittrice e da un’attrice che agita le braccia, credendosi animata da un calore fortemente espressivo.

Ma i poeti, come i musicisti, vanno interpretati secondo il loro “verso”. Se un poeta nel suo testo ha un andamento malinconico, sereno, animoso o derelitto, va letto nel modo in cui si esprime. Se Dante scrive “o animal grazioso e benigno che visitando vai per l’aere perso noi che tignemmo il mondo di sanguigno”, la cortesia, la riconoscenza di Francesca è nei versi stessi, che vanno letti come a loro si conviene, come sono nella loro espressione. Se Dante scrive “vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare”, l’imperiosità di far tacere chi ne ostacola il viaggio è nella concisione aspra del verso, che perciò nella lettura richiede un tono peculiare. Lo ha già, quando riesce ad essere espressione.

Ebbene, chi ha recitato i versi di Dante lo ha fatto “a modo suo”, non già secondo il Poeta, unendo il disunibile, senz’alcuna cadenza, come se Dante si fosse limitato a comunicare invece di esprimere, confondendo la comunicazione con l’espressione. C’è un abisso tra comunicazione ed espressione: la comunicazione informa, l’espressione emoziona. La comunicazione è uniforme, l’espressione alterna, varia, rapida, flebile, tonante, secondo l’emozione che contiene e suscita. Basta leggere.

C’è dell’altro. In un diverso programma veniva chiesto ad Alessandro Barbero cosa pensasse di Dante. Rispondeva che Dante era stato accusato di essere un barattiere, un politico corrotto e corruttore. Fare memoria principale di ciò, nel settecentesco anniversario della morte immortale di Dante, non so… ho l’impressione che si voglia degradare per ammiccare alla gente qualsiasi. Come a significare: non c’è grandezza, non c’è superiorità, siamo tutti uguali, perfino Dante.

E al dunque, chi fu Dante? Un barattiere! È con tale condiscendenza al basso che si rovina la civiltà la quale esige, suscita ammirazione, non ricerca della mediocrità in chi non lo è. Non occultare i difetti, ma non valutare solo o prevalentemente i difetti.


di Antonio Saccà