Gli etruschi di Alba Gonzales sostano “Lungo il Tevere... Roma”

L’amore, il dramma e l’ironia, ma anche la bellezza, la perfezione e l’armonia. Tutte queste belle cose mescolate assieme rappresentano la vera opera d’arte di Alba Gonzales: la sua personalità. Nata per fare la danzatrice classica, intraprende successivamente la via della musica lirica, complice il nonno materno, direttore d’orchestra. Padre di origini spagnole e mamma siciliana, un mix che le ha donato una bellezza non comune.

L’arte, da lei praticata all’inizio sotto ogni forma, prende infine la strada conclusiva della scultura: tutto ebbe inizio quando Luigi Scirocchi la scelse come modella per la realizzazione della Fontana delle Muse, per l’hotel Cavalieri Hilton di Roma. Durante le pause di posa, Alba scoprì l’attrazione per l’arte plastica che, tuttavia, non si sviluppò immediatamente ma un paio d’anni dopo. E fu l’incontro fatale con l’amore a farle cambiare rotta rispetto ai progetti artistici in programma. Ma si sa, il fuoco sacro della passione artistica non tarda a rifarsi vivo, se questo è davvero forte. Nonostante l’impegno familiare, reso più importante dall’arrivo delle sue due adorate figlie, la ex danzatrice, ex cantante lirica ed ex modella irrompe definitivamente nel mondo della scultura.

La sua prima personale è del 1975 ed è incentrata sulla plasticità del corpo danzante. Oltre all’armonia, Alba Gonzales ricerca la perfezione nell’oggetto da scolpire e ciò l’ha portata a fare un lungo apprendistato presso la Fonderia Artistica Mariani, la Fonderia Del Chiaro a Pietrasanta e la Fonderia Artistica Guastini a Gambellara. Di pari passo alla conoscenza e all’esperienza maturata sul campo, la Gonzales è passata da piccole a grandi opere, fino alle monumentali. Nel 1978 fu invitata ad esporre la sua prima opera di grandi dimensioni, nella piazza del Duomo di Pietrasanta Tettonica Organica, che si discosta dalle opere dei primi anni.

Lo stile si trasforma, sperimenta altri materiali, frequenta i grandi scalpellini della Versilia e di Carrara, in particolare lo studio di Sem Ghelardini e di Carlo Nicoli, e vede le sue opere prendere vita accanto a quelle dei maestri internazionali della scultura contemporanea come Marino Marini, Pietro Cascella, Fernando Botero, Igor Mitoraj. Peculiare è il periodo dedicato alle coppie etrusche interpretandole con la visione di un amore oltre il tempo. Gli altri periodi che hanno caratterizzato il suo iter artistico si definiscono in Uomini e Totem, Amori e miti e Sfingi e Chimere. Molto apprezzata dai critici di tutto il mondo, nel 2011 su invito di Vittorio Sgarbi partecipa alla Biennale di Venezia. Dal 25 giugno prossimo esporrà sulle banchine del fiume Tevere, nella manifestazione “Lungo il Tevere... Roma”, organizzata dall’associazione “La vela d’oro”. La raggiungo telefonicamente nella sua casa romana, mentre è alle prese con i preparativi di una mostra che si terrà a breve a Fiuggi. Simpatica e attenta, precede quasi tutte le domande, in una conversazione piacevole e profonda.

Come nasce l’idea di esporre le sue opere nella manifestazione “Lungo il Tevere... Roma”?

Non è la prima volta che l’organizzatore, il signor Gianni Marsili mi chiede di esporre sul Tevere. È una persona veramente gradevole e, visto il garbo con cui me lo ha chiesto, ho deciso di accettare nuovamente l’invito. Porterò il tema degli Etruschi. Sono quattro opere, due delle quali speculari alle opere originali esposte al Museo Etrusco di Villa Giulia e l’interpretazione dell’Apollo di Veio, dal titolo Omaggio a Vulca.

Sessantatré personali e duecento mostre collettive. Ci pensa mai?

Alcune volte mi capita di sfogliare il catalogo delle mie opere, sembra quasi impossibile che io abbia realizzato così tanti lavori. La memoria sbiadisce, i ricordi sono tanti e si accavallano. Il ricordo della mostra in via Veneto, nel 1993/94, mi inorgoglisce poiché so di essere stata, sino ad oggi, l’unica artista ad avere avuto questa grande, visibile ed esclusiva opportunità. Sono state numerose anche le mie mostre personali all’estero.

I suoi primi lavori rappresentano figure danzanti create con l’argilla scavata proprio sugli argini del Tevere: dall’argilla, appunto, al marmo passando per il bronzo e il tufo. Come è avvenuta la metamorfosi?

Un fotografo di Palazzo Venezia, molto bravo, veniva spesso a casa per vendere, a me e a mio marito, numerosi quadri. Vedendo le mie figurine d’argilla rimase incantato e mi spinse a provare. Evidentemente tutto il “sentire” delle mie esperienze precedenti sia con il canto lirico che con la danza classica si è riversato in quei primi timidi esperimenti. Nel 1975 preparai la mia prima mostra personale all’hotel Cavalieri Hilton di Roma e, contrariamente alle aspettative, andò subito bene. E da lì iniziò il mio iter artistico.

Cosa prova quando, finito un’opera, la vede esposta in una piazza.

La guardo come se non fosse mia. Mi incuriosisce osservare l’espressione di chi la sta mirando. Una grande emozione è stata la personale con le musiche del maestro Ennio Morricone che in quella occasione comprò due opere. Mi fece una dedica su un foglio di un suo spartito, che custodisco gelosamente: “Felice della contaminazione della mia musica con le sue bellissime sculture”.

Leggevo in una precedente intervista che a un certo punto della vita ha abbandonato ogni legittima ambizione di lavoro per dedicarsi alla famiglia. Oggi lo rifarebbe?

Dunque, oggi dovrei riprovare quella condizione di essere molto innamorata. Quando ho conosciuto mio marito ero all’apice della carriera come danzatrice solista al Teatro dell’Opera di Roma, e si prospettava una eccellente carriera come soprano. Lui frequentava il mondo della lirica per diletto, ma portando avanti la sua professione con un profondo progetto di famiglia nel quale mi sono rispecchiata, poiché privata dell’affetto paterno e di una famiglia nel suo insieme. Nella mia sfera affettiva ho avuto presente solo mia madre, una donna estremamente affettuosa, che con i miei fratelli ha rappresentato l’unico modello familiare. Mi mancava il senso della famiglia tradizionale e a quel punto, poiché sono una perfezionista, decisi di abbandonare la carriera per dedicarmi completamente al matrimonio e successivamente alle mie due figlie. Quando mio marito, essendo un uomo intelligente e sensibile, ha capito che l’arte mi mancava, e visto il nascere di questa nuova mia passione, mi ha incoraggiata e sostenuta.

Come ricorda la sua infanzia?

La prima infanzia abbastanza triste. I primi ricordi sono della guerra, del suono degli allarmi per andare nei rifugi. Ho chiaro il ricordo di mia madre mentre mi metteva il pigiamino e puntualmente dovevamo scappare, richiamate dal suono delle sirene. Abitavamo in Prati e i ricoveri erano in viale Giulio Cesare. La seconda parte della fanciullezza la rimembro più piacevole e piena di speranza. Dall’età di 8 anni ho frequentato l’Accademia di danza del Teatro dell’Opera di Roma. Lì ho conseguito il diploma: 20 su 20. Una bella iniziativa in voga nell’Ottocento e rispolverata da Mussolini era “Il Carro di Tespi”. Una sorta di teatro itinerante, dove si esibivano orchestrali, ballerini, cantanti, coristi. Girava soprattutto in provincia. Non c’era l’aria condizionata, si viaggiava un po’ come in un carro bestiame ma la gioia era tanta. Il canto è arrivato dopo.

Cosa consiglia a un giovane che ha intenzione di percorrere la sua strada?

Sicuramente si troverebbe meglio se frequentasse l’Accademia. Io sono un’autodidatta, ho avuto l’aiuto di un amico, lo scultore Alberto Ricci. Mi ha insegnato come fare l’armatura per tenere in piedi la creta da modellare.

La storia, soprattutto la sua, ci insegna che si può avere successo anche senza… Accademie.

Credo che molto del fascino che hanno le mie opere (“mi do delle arie”), sia tutto quello che deriva dalla mia formazione passata. La danza, il canto, la musica che respiravo in casa. Quando creo il corpo si eleva, trasferisco la mia anima nella materia. E questo trasferimento probabilmente si può avvertire. Per le emozioni non ci vogliono le Accademie, per la formazione sì.

Dove custodisce le opere quando non sono esposte?

Ebbi una fortuna, a suo tempo, parlo della fine degli anni Ottanta, di trovare una villa a Fregene. Chi me la portò a vedere mi disse di considerare solo il terreno. Io invece, quando vidi la struttura, fantasticai subito. Sapevo già cosa ne avrei fatto. Le opere sono tutte lì.

L’opera più pesante?

“La centaura di Ares”, dovrebbe pesare sui 600 chili.

Quella a cui è più affezionata?

Come per i figli: a chi vuoi più bene? Non ce ne è uno preferito. Provo una gioia costante per quella esposta nella rotonda di Fregene: “Chira, Centaura di Enea”. Quando vado lì e la vedo svettare al tramonto, beh, devo dire che mi emoziona.

Nel ’98 istituisce assieme a suo marito il premio “Pianeta Azzurro-I Protagonisti”. Come e perché nasce questo premio?

Le confesso una cosa che non dico mai: decidere di danzare alla mia epoca era una cosa inusuale e difficile da attuare. Dopo la scuola correvo all’Accademia di danza a piazza Lodi facendo il giro di mezza Roma, prendendo prima la circolare rossa e poi il 14 fino a Piazza Lodi. Senza sacrifici non si ottiene niente e io ricordo la bambina che ha sacrificato tanto per ottenere quello che ha avuto. Il premio vuole essere un riconoscimento per chi si è distinto in una professione, mettendo a disposizione la propria vita, i propri sacrifici. Amo la cultura e l’arte in ogni sua forma ed espressione.

Cosa si augura per il futuro?

Ho un’età che non mi permette tanti sogni. Sto tentando di trasformare la casa di Fregene in Casa-Museo. Mettere a disposizione attraverso delle visite guidate le mie opere, insieme ad alcune che mi sono state donate da scultori amici. Un modo per trasmettere e lasciare la mia energia, cosa in cui credo, la possibilità di trasformarsi in altro dopo la morte. Qualcosa che vada oltre e non venga mai distrutta.

(*) Nella foto in alto Alba Gonzales con la Sfinge situata a Piazza dello Statuto a Pietrasanta, proprietà del Comune.

(**) Nella foto al centro “Apollo, omaggio a Vulca”, opera che verrà esposta per “Lungo il Tevere… Roma 2021”.

(***) Nella foto in basso “I Protagonisti”, opera che verrà esposta per “Lungo il Tevere… Roma 2021”.

Aggiornato il 11 giugno 2021 alle ore 13:31