Casentino, terra di castelli e di leggende

Il Casentino è un’ampia vallata, in provincia di Arezzo, solcata dall’alto Arno; si tratta di una terra bellissima coperta da fitte foreste e costellata da antichi borghi murati, chiese romaniche e soprattutto castelli. Il Casentino fu infatti il principale feudo di una delle famiglie più nobili della Toscana: i conti Guidi.

Il capostipite di tale schiatta fu Guido Bevisangue, descritto come un tipino poco raccomandabile, se è vero quel che testimonia Carlo Beni: “Nella sua voluttà dell’odio e della vendetta solea leccare sulla spada il sangue tratto dalle vene dei suoi nemici”.

Da lui discese Simone da Battifolle che elesse Poppi a propria dimora. Fu lui a trasformare l’antica rocca in una solida fortezza, con tanto di turrito palazzo comitale, giunto integro fino a noi. Oltrepassato il cortile, un tempo piazza d’armi con gli stemmi dei vicari, alcuni di scuola dei Della Robbia e la pedana di pietra dove si esercitava la giustizia, dal cortile si accede nella sala d’armi e da qui si può scendere nei sotterranei o visitare gli altri vani, posti al primo piano con il salone del consiglio e la “Biblioteca rilliana” che conserva 20mila volumi, 519 manoscritti e 784 incunaboli. Al secondo piano vi è invece la cappella con affreschi attribuiti a Taddeo Gaddi.

Il castello di Poppi, oltre ad accogliere opere d’arte considerevoli, ospita numerose leggende. Si narra che nelle notti di luna piena, nella piazza d’arme, si svolgano cruenti duelli fra ombre di cavalieri; uno di questi armato, sorveglierebbe l’ingresso e scoprendo qualche estraneo lo colpirebbe letalmente.

La torre del castello si chiama “Torre dei Diavoli”: qui dimorava la Contessa Telda, giovane e bella vedova, atta a consolarsi con i giovani del paese. Tuttavia la donna, una volta stanca dell’amante di turno, lo faceva fuori, facendolo precipitare nel fossato, affogandolo nel pozzo o strangolandolo con una sottile funicella. Tutto finì quando gli abitanti del paese dettero l’assalto al maniero, catturarono Telda e la murarono viva nella Torre del Diavolo facendola morire di fame. Nei racconti fantastici raccolti lo spettro di Telda avrebbe un viso bellissimo, un corpo seducente e una grazia incredibile: vestirebbe solo di bianco o di nero.

Del castello di Porciano rimangono tratti delle mura perimetrali e la possente Torre del Cassero, alta 35 metri, perfettamente restaurata, dopo i danni subiti nel corso della Seconda Guerra mondiale. Si dice che Porciano avrebbe ospitato anche Dante che, condannato a condurre la vita di esule, sarebbe approdato anche da queste parti dove avrebbe scritto due lettere, vergate “dai confini della Toscana sotto la fonte dell’Arno, l’anno prima [1311] del scendimento in Italia del divino e felicissimo Arrigo”.

Altre leggende raccontano che a Porciano l’Alighieri non sarebbe stato trattato benissimo cosicché egli, che aveva già definito gli Aretini “botoli ringhiosi”, affibbiò gentilmente agli abitanti del luogo l’epiteto di… “brutti porci”. Un’altra vecchia storia narra che nelle prossimità della rocca vi sia un grande tesoro. Una filastrocca recita: “A Porciano in Casentino, tra una fonte e uno spino, v’è una campana d’oro fino, che vale quanto tutto il Casentino”. Non possiamo lasciare il Casentino senza menzionare il castello di Romena di cui rimangono imponenti ruderi. Questa fortezza, che sorge a 621 metri d’altezza, era nel Medioevo un vero e proprio nido d’aquila. Era protetta da tre cerchie murarie e da numerose torri, al suo interno vi era una fonte, abitazioni per cento persone, il Cassero e nei sotterranei terribili prigioni; erano su livelli diversi (come l’inferno dantesco), quelle più profonde ospitavano i condannati a morte. Romena fu protagonista di fatti di sangue ed è citata nella Divina Commedia.

Nel castello dimorò, difatti, mastro Adamo da Brescia, noto falsario che riproduceva i fiorini d’oro. Nel celebre poema è lui stesso che racconta la propria drammatica fine: “Ivi è romena, là dove falsai la lega suggellata dal Battista; per ch’io il corpo su arso lasciai”. Inutile aggiungere che anche dello sfortunato falsario vi è il fantasma che si aggira emettendo agghiaccianti grida di dolore fra i ruderi del diruto maniero, anche se sembra che egli sia stato arso a Firenze o in un’altra località del Casentino chiamata “Omo morto”.

Aggiornato il 11 giugno 2021 alle ore 17:53