Il “Faust” tra magia nera e scienza bianca

Gravato di anni e di conoscenze il Dottor Faust non crede nell’aldilà e vorrebbe essere felice nell’al di qua, trovando da amare e ammirare. Faust è stanco di studiare, stanco di conoscere, ha saperi ampi e vari e vani, ma gli resta ignoto presso che tutto, invecchia scontento, la sua vita sta finendo priva di senso e di gioia. Il Dottor Faust proviene da leggende medioevali, tra medicina, magia, astrologia, voglia di eterna giovinezza. Lo rese personaggio letterario rilevante il drammaturgo inglese Cristopher Marlowe, stabilendolo nel periodo anticattolico della Riforma anglicana e nemico beffardo del cattolicesimo e del papato. Ciò che risultava evidenziato e che verrà ulteriormente rappresentato sta nella magia, nei poteri che Mefistofele, un Diavolo, mette a servizio di Faust. Chi esprime al grado massimo le possibilità di Faust è Johann Wolfgang Goethe. In tre opere: Urfaust, Faust prima parte, Faust seconda parte: l’intera civiltà europea, dal paganesimo al cristianesimo, viene assunta e collegata in una prospettiva futura. La prima parte, comprensiva di Urfaust e Faust, inizia con un Prologo, ha protagonisti l’impresario, lo scrittore, l’attore, ciascuno con personali aspettative sul dramma che verrà rappresentato; schermaglie. In un secondo Prologo, in Cielo, gli Angeli esaltano il Creato. Mefistofele irride questa vanteria, infatti sostiene che l’uomo è perpetuamente insoddisfatto, Dio oppone che l’insoddisfazione è stimolo al fare. Mefistofele vuole scommettere con Dio che riuscirà a sfiancare un uomo animosissimo, il Dottor Faust. Dio non si abbassa al punto da scommettere, concede a Mefistofele di “tentare” il Dottor Faust. Dio è certo che Faust non si rassegnerà all’inerzia.

Faust è nel suo studio, e considera, dicevo, che il suo sapere è vano e irrisolto, viene seguito da un cane nero che poi si rivela, Mefistofele. Discorrono, Mefistofele sa della scontentezza di Faust, giungono a patti, Faust vuole infine godere la vita al punto da proclamare: Fermati, attimo, sei bello! Dopo quell’esclamazione consegnerà l’anima a Mefistofele, il quale pretende che l’accordo venga sigillato con il sangue di Faust. Nel momento di scontentezza solitaria Faust aveva concepito che fondamento dell’esistenza è l’azione non il pensiero. Faust e Mefistofele, che ormai in attesa dell’anima gli starà sempre vicino, si recano in una taverna, Mefistofele si beffa di avventori, studenti, successivamente comincia la vicenda cruciale: Faust ringiovanito con arti magiche seduce la giovanissima Margherita. Mefistofele ne è artefice, attrae Marta, in rapporti amicali con Margherita, e le presenta Faust come un individuo che conosce la sorte del coniuge di Marta, scomparso, e di tale scomparsa Marta si spiace. Per mezzo di Marta, Faust conosce Margherita. Il personaggio di Margherita riprende caratteristiche di Ofelia, è ingenua, si innamora, si concede, non regge le pene che le grava Faust, il quale vuole vivere oltre ogni ostacolo, oltre ogni responsabilità, oltre il male, orientato soltanto dall’adempimento dei propri desideri. Ma i desideri di Faust non sono la gioia di Margherita, piuttosto esclusivamente il piacere di Faust. Margherita, per Faust, è un’occasione di godimento da consumare e sorpassare per altri piaceri. Margherita uccide il figlio nato dall’intimità con Faust. Viene condannata. Anche la madre ed il fratello di Margherita hanno sorte tragica. Ma Dio salva l’anima di Margherita. Ecco riassunti Urfaust e il Primo Faust.

La seconda parte del Faust è distante nella composizione dalla prima parte e raggiunge la fine dell’esistenza, lunga e straboccante di esperienze, di Goethe, il quale mai negò la vita, addirittura innamorandosi, in età senile, di una fanciulla. Anche se alle spalle ha tragedie da lui stesso cagionate pure Faust vuole vivere, e si rende partecipe al mondo eletto, sovrani, potenti, ama ed è amato da Elena, si avvince, dunque, alla civiltà greca, alla civiltà della bellezza, ne viene ancora un figlio, con Elena, Euforione, che morirà giovinetto... Ma niente frena e appaga Faust, corre, agisce, fatica, è preso dalla “cura”, l’ansia, la preoccupazione, la colpa, e sembrerebbe che mai possa esclamare: “Fermati, attimo, sei bello!”. Mefistofele avrebbe vinto, e Faust resterebbe avvilito. Invece, acquistando delle terre, cacciando da una povera capanna i vecchi Filemone e Bauci, che ne muoiono, Faust immagina che la terra potrà essere posta a vantaggio dell’umanità, e questo sogno, lui vecchio, cieco, logorato, lo entusiasma al punto che, fosse tentato e compiuto tale scopo, egli infine potrebbe: “ All’attimo dire, sei così bello fermati. Gli evi non potranno cancellare l’opera dei miei giorni terreni! Pensando una gioia tanto grande mi godo ora l’attimo supremo”. Mefistofele intende la veemenza verbale di Faust come segno di stanchezza e voglia di morire, e ritiene che tutto sia finito, svanito, annientato, passato. E inneggia al Nulla, gli sforzi umani sono evanescenti: “Passato! Una parola sciocca. Perché passato? Passato e puro nulla sono la stessa cosa. A che pro dunque l’eterno creare! Per far sparire il creato nel nulla. “E’ passato!”. E che senso si ricava? E come se non fosse stato affatto. Eppure gira intorno come fosse. Per me io preferisco il vuoto eterno”. Mefistofele, dicevo, sbaglia. Non comprende che perde l’anima il mediocre, l’inerte, non chi opera anche se insoddisfatto, addirittura l’insoddisfazione fa tendere al perpetuo superamento. Infatti Dio , anche per Faust come per l’infelice Margherita, ne dispone la “salvezza”. Mefistofele consente a Faust la potenza, la giovinezza, la affermazione delle voglie. E tutto ciò è diabolico: supremazia, uso degli altri... ma se la forza viene impiegata a buon fine, muta se stessa, e Mefistofele, involontariamente, fa il bene volendo compiere il male. Mefistofele è chi fornisce mezzi per sé idonei a distruggere, Ma, usati a fin di bene, benefici. E’ in questo capovolgimento che Faust si “salva”.

Johann Wolfgang Goethe, (1749-1832) è figura dominante nella letteratura tedesca ed europea (e mondiale). Visse, per l’epoca, lungamente, un’epoca tra le massime della Storia, con l’esistenza di uomini rilevantissimi e con mutamenti sociali decisivi, effettivamente rivoluzionari: l’affermazione della borghesia e delle ideologie e istituzioni ad essa confacenti. In questo turbinio, Goethe, dopo un esagitato periodo giovanile, si determina a rivivere il mondo classico, le passioni contenute, la ricerca di armonie, l’apprezzamento della vita nell’ambito di una Natura resa fruttifera per l’uomo sia materialmente sia umanamente, la capacità di trascorrerla con la felicità di esistere, il saper stare insieme agli altri, purché di nobile spirito, la sete di conoscenza, il gusto della rappresentazione sociale caratterizzata. Goethe “passa” dal tragico Werther al laborioso Wilhelm Meister, alla ricerca di affinità coniugale, fino alle imprese a favore dell’umanità del redento Faust, come abbiamo visto. Tutto in Goethe è volto al ben vivere, al vivere con misura e pienezza. Questa filosofia considerata scarsamente eroica in un tempo scatenatissimo, altri la considerarono segno di saggezza. In ogni caso l’ampia maestosità naturale dello stile espressivo di Goethe ammanta di serena grandiosità quanto egli scrive e immette in una corrente di vitalità che accresce chi vi si accosta, egli è sempre a favore della vita. Fu pari ai suoi più eccellenti contemporanei, Mozart, Napoleone, Beethoven, Hegel, in quell’epoca, ripeto, verticale dell’umanità.

Faust come simbolo

Faust viene ritenuto l’uomo della modernità, dell’agire, lo accennavo, colui che impiega gli strumenti produttivi a beneficio dell’umanità, si che Mefistofele, che ne voleva l’anima fornendogli però la magia, ossia i poteri, ossia, in fondo, gli strumenti tecnici, diventa strumento di Faust, il quale si dedica a suscitare luoghi per la vita benfatta, la città dell’uomo per l’uomo. In tanto nuovo passo dell’umanità le piccole felicità antiche periscono, Filemone e Bauci, con la loro capanna agreste, vengono annientati, non c’è posto per loro nella fervente società della scienza e delle macchine. Lo scopo di Faust è tutto positivo. Faust non vede sfruttamento o lo stabilisce non sugli uomini ma su esseri preumani, i lemuri. Certo. i lemuri sono i lavoratori ma fingendo che non lo siano Goethe esclude lo sfruttamento dell’uomo avverso l’uomo. Il capitalismo per mantenere il suo ottimismo doveva nascondere lo sfruttamento.

“Sono una parte di quella forza che desidera eternamente il male e opera eternamente il bene”. Questa notissima espressione che Mefistofele dichiara su se stesso è intesa come fondamento dello spirito capitalista, nel quale il male, la distruzione della società e dei valori è indispensabile per progredire. Ma che il Male serva al Bene è concezione antica. Per lungo tempo ed ancora oggi il Mito dell’epoca faustiana ha retto e regge, attualmente è meno consistente e convincente che nel passato, ma regge. Se nell’Ottocento la Scienza venne ritenuta la fiaccola del Progresso che avrebbe assicurato pace e benessere universali, quantunque la convinzione fosse e sia attaccata, come dicevo, resiste. Molti sono convinti che dal progresso della Scienza verranno soprattutto benefici all’umanità. Che in ogni sfera pratica l’uomo abbia compiuto in qualche secolo quanto non aveva compiuto in migliaia di anni è accertabile, specie nella sfera medica, delle comunicazioni, dei trasporti, della tutela, dell’igiene, della soddisfazione di bisogni alimentari, per dire, si sono ottenute risultanze superiori alle stesse utopie. Ma il progresso generale fa progredire anche le armi, anche le guerre, e siamo pervenuti a una situazione che rende possibile lo sterminio dell’umanità, inoltre cogliamo una realtà stupefacente e rattristante, i mezzi strepitosi che inventiamo potrebbero universalizzare il benessere ma ciò non avviene. Siamo in un’epoca faustiana nei mezzi ma niente affatto faustiana negli scopi. Ancora c’è miseria, diffusissima, ma non la combattiamo, Anzi, la mentalità faustiana si volge alla distruzione (armi, guerre).

Quali che siano le riserve, i timori, i terrori dell’epoca faustiana, essa durerà finché durerà l’uomo. Talune conquiste sono irreversibili, non possiamo abolirle, e quando pure guerre nucleari ci distruggessero, noi ed il pianeta, non sparirebbe tutto né l’uso dell’atomo, specificando. In ogni modo, la connessione dell’uomo con la scienza e la tecnologia, e ciò si intende per epoca faustiana, otterrà effetti che l’immaginazione più farneticante stenta a concepire. Abiteremo pianeti al di fuori della Terra o li costruiremo artificialmente; attingeremo materie prime dagli astri, meteoriti, dalle comete, dagli abissi marini, riprodurremo le materie prime, le trasformeremo, le combineremo, ogni parte dei corpi sarà ristabilita meccanicamente o con dei pezzi corporei esterni o ricreati, vivremo molto a lungo, le macchine sostituiranno il lavoro, disporremo di tempo libero per attività creative ma è possibile che masse sbandate, annoiate, senza lavoro scardinino la stabilità sociale.

 Talvolta sembra che l’umanità abbia finito il suo breve ciclo di esistenza. Ormai non fa che ripetere se stessa sapendo che è destinata non solo alla morte degli individui ma alla morte come specie. In ogni caso, potenzieremo le nostre facoltà mentali, chimicamente, meccanicamente. E sarà quel che sarà. Dei Personaggi dell’Era Moderna il più duraturo è stato e rimarrà il Dottor Faust. Sia che viviamo millenni sia che ci distruggiamo domani. L’epoca faustiana si è trasformata in epoca in-faustiana proprio nell’essere totalmente e sempre di più epoca faustiana. L’accrescimento della potenza tecnica reca un possibile aspetto distruttivo, sia naturale, sia umano. Nell’ aspetto umano, l’uomo potrebbe delegare alle invenzioni tecniche presso che tutto di se stesso: memoria, conoscenza. Modificare se stesso in se stesso con ritrovati chimici, con innesti tecnologici, umani, come accennavo.

Potremmo costituire il vagheggiato superuomo, falsando l’uomo...La distruzione della natura verrebbe dalla guerra, dall’uso degenerato del suolo, delle piante, degli animali. Difficile immaginare una distruzione radicale della nostra specie perfino con la guerra, che tuttavia sarebbe una catastrofe piena. Ormai l’epoca faustiana ispira evenienze più negative che benefiche. Eppure saremo in possesso di strumenti atti a prevenire e sanare, a dare benessere, ad accrescere la vita. Oltrepasseremo l’epoca faustiana, ci spingeremo tra il Superuomo di Friedrich Nietzsche ed il Superuomo di Marx. Il Superuomo di Nietzsche vive soltanto per fedeltà alla Terra, al di sopra della colpa, del bene e del male, nella potente affermazione vitale; il Superuomo alla Marx, verrebbe dallo sviluppo delle nostre capacità una volta liberati dalla servitù del lavoro manuale e disponendo di mezzi eclatanti, educazione, benessere. Ma forse prevarrà il Superuomo chimico-biologico-meccanico. O chi sa che forse la più consistente impresa faustiana sarebbe estendere la vita. Il benessere per tutti e mantenere il valore dell’arte. Della civiltà. Perché il Bene poco vale senza il Bello.

Aggiornato il 22 settembre 2021 alle ore 11:44