Letteratura russa come letteratura europea

Non la poesia, non la filosofia, non la musica, non la pittura, non l’architettura hanno avuto influenza sulla cultura europea, anche se vi sono stati poeti rilevanti in Russia con qualche ripercussione nei paesi europei, primo fra gli altri Majakovskij, con le sue metafore iperboliche, con la sua immersione nella società della tecnica, sebbene Majakovskij a sua volta sperimentava il futurismo italiano; e certamente non possiamo non apprezzare Block, Achmatova, Esenin, a parte il “classico” Puskin, e così in pittura non possiamo non ammirare Rublev, Repin, più ampia l’ammirazione nel campo musicale con Musorgskij, Čajkovskij, Prokofiev… ma è nella narrativa che l’incontro dell’arte russa con l’arte  europea raggiunge il vertice. La Russia almeno dall’800 in poi ha dato all’umanità e all’Europa romanzi dal massimo vigore problematico, romanzi che sono specifici della Russia ma che esprimono la condizione umana e segnatamente quella europea e ciò per un fatto abbastanza semplice, che il romanzo russo pressoché generalmente è immerso nella terribile problematica del bene e del male, il romanzo russo ha dato i personaggi più estremi della tragica scelta, ripeto, del bene e del male.

Non vi è testo rilevante nel romanzo russo che non viva ed esprima questa presenza della lotta del male contro il bene più che del bene contro il male. È il male a pervadere il romanzo russo, è il male rappresentato da Napoleone considerato come Anticristo in: Guerra e Pace, di Leone Tolstoj, il male rappresentato da Raskòl’nikov in: Delitto e Castigo, di Dostoevskij, è il male rappresentato come inganno coniugale in Anna Karenina, e ancora come peccato perfino delittuoso nel dramma La potenza delle tenebre, sempre di Tolstoj, è il male come dongiovannismo cinico in Lermontov e Puskin, è il male nichilista, distruttivo, al grado zero di ogni amore del prossimo in Dostoevskij de Gli ossessi, de I fratelli Karamazov, secondo la certezza dell’Autore che se non c’è Dio tutto è permesso, o il male dei nichilisti in Turgenev... Talvolta il male si presenta come demonio vero e proprio, così ne Il Maestro e Margherita, di Bulgàkov, o giunge a giustificare se stesso, se il male sia veramente male o necessario comportamento delle persone superiori a imporre la loro superiorità.

È il caso di Raskòl’nikov che giustifica il male come volontà di affermazione individuale. Forse Dostoevskij prese da Stendhal de Il rosso e il nero e da Byron, in ogni caso quest’ultimo aspetto ha avuto notevole presa in Europa. Non c’è dubbio che Andrè Gide ha ripreso queste tematiche di Dostoevskij e anche Nietzsche di sicuro fu attento alla problematica di Dostoevskij ma in senso capovolto, mentre Dostoevskij considerava il male vincolato al castigo, alla punizione, al pentimento, Nietzsche e pure Andrè Gide lo ritenevano fondamento della vita, della forza, non il male come divertimento narcisistico o atto di libero volere, almeno in Nietzsche, ma come prezzo della vita che non può fare a meno del male, della potenza affermativa dell’individuo.

Un altro aspetto della narrativa russa che ebbe notevole rilevanza nel romanzo europeo viene dal personaggio che non ha la forza sfrontata del male ma una malvagità nascosta, pensieri cattivi, vendette segrete, invidie ingoiate, è anora Dostoevskij a dare vita con la figura dell’uomo del sottosuolo, l’uomo che nasconde la sua malvagità ma non fa altro che schizzare veleno contro gli altri. Certamente Italo Svevo in Senilità, La coscienza di Zeno ne fu influenzato forse indirettamente ma la problematica è la stessa, anche Carlo Emilio Gadda ha un suo “sottosuolo”, certamente ne fu influenzato Kafka e suppongo anche Alberto Moravia, insomma tutta la narrativa di personaggi vili, invidiosi e cattivi impotenti. Nietzsche li definirà “risentiti”, e teorizzerà il fondamento della sua concezione: il “debole” non è buono, cova invidia. Un ultimo aspetto, il personaggio realmente buono, che subisce volontariamente, il cristiano che accetta la volontà di Dio quale che sia, non replica al male, il debole, il vinto sopraffatto ma non cattivo, l’umiliato che decide di sopportare ma non vendicarsi... Dostoevskij e Tolstoj ci hanno suscitato personaggi non dimenticabili, Gabriele D’Annunzio, che prese dal superoromismo di Raskòl’nikov. In chiave aristocratica estetizzante, cercò in Giovanni Episcopo di ricreare il personaggio umiliato e “buono” alla russa.

Vi è o vi fu un altro campo in cui la Russia pervade o pervase l’Europa, il ballo classico, la danza, i balletti. Non solo musicisti ma coreografie, non solo coreografie, danzatori, danzatrici volatili, immateriali, flessuosi come drappi al vento. E poi, il cinema degli anni Venti. Ho pubblicato un libro di dialoghi con ambasciatori russi (Lavoratore imprenditore, 1999, credo esista ancora in vendita su Amazon), la Russia è una cattedrale della civiltà europea. Che non si riesca ad avere relazioni organiche tra le nostre civiltà nella comune civiltà è una ferita. Verissimo che molti russi ci considerino anticristi, satanici, vi sono ortodossi rabbiosi, ma sul campo culturale la Russia è un fiume attraversabile e panoramico. Certe chiese, certi teatri, e sono pienamente europei, i russi, ed amano la cultura, l’arte, bisogna arricchire l’Europa di questo paese europeo. È la “nostra” civiltà, è la civiltà europea, noi dobbiamo difendere la civiltà europea Russia compresa. È inconcepibile che per evitare l’afflusso di gas da Mosca a Berlino “qualcuno” cerchi di mettere guerra tra l’Europa e la Russia. Che ne sarebbe dell’Europa? Noi abbiamo una estrema possibilità di mantenere in vita la cultura umanistica ed a tal fine la Russia è fondamentale. L’Era transgenica antinaturale e meramente tecnica non ha sede in Russia. E non deve vincere.

La Russia è necessaria per impedire la prevalenza del transgenico assoluto anticulturale, efficientismo tecnico e nient’altro, l’uomo robotizzato eterodiretto. Arte, cultura, natura, finite. Che otterrebbe la vita se spegnessimo il sentire personale dell’espressione, del bello! Vi sono prospettive antropologiche annientatrici del libero svolgimento della soggettività senziente, meraviglioso raggiungimento della natura, la soggettività senziente espressiva. L’espressione della soggettività. Sacrificarla, per chi? Per quale civiltà? Dobbiamo scovare una forma di convivenza con la Russia per salvare la civiltà etico-estetica della soggettività dell’uomo europeo. Non esistono rappresentazioni dell’uomo superiore all’uomo europeo. Identificare e salvare tutta l’Europa è lo scopo nostro e futuro. Al dunque né la Cina né gli Stati Uniti valgono il nostro umanesimo greco-romano della libera soggettività espressiva. Espressiva non solo comunicativa. La soggettività solo comunicativa lasciamola agli insetti. Superare la società, il semplice stare insieme, rendendola civiltà, espressione etico-estetica delle soggettività.

Aggiornato il 21 febbraio 2022 alle ore 10:20