Martelli racconta la vicenda umana e intellettuale di Falcone

martedì 28 febbraio 2023


L’interesse che suscita la lettura del libro di Claudio Martelli, pubblicato dalla casa editrice La nave di Teseo e intitolato Vita e persecuzione di Giovanni Falcone, è enorme per diverse ragioni. In primo luogo, perché Martelli, docente universitario ed esponente autorevole del Psi, da ministro della Giustizia nominò Falcone direttore del Dipartimento degli Affari penali al ministero che all’epoca guidava. In secondo luogo, perché questo libro, completo e destinato a rimanere un punto di riferimento per gli studiosi del crimine organizzato, contiene una descrizione del fenomeno della mafia assai rilevante sul piano storico e politico. Racconta come sia stato contrastato e combattuto il fenomeno criminale. Colpisce nell’apertura di questo libro la confessione intima dell’autore, che ammette di avere pensato di scrivere questo libro, che gli ribolliva dentro da trent’anni, da quando la mafia, sventrando l’autostrada a Capaci, provocò la morte di Giovanni Falcone, di sua moglie Francesca Morvillo e degli uomini della scorta. Giovanni Falcone era un uomo intelligente e ironico, tenace e determinato, orgoglioso di essere siciliano, e che senza esitazione e con grande impegno e con il dispiego delle sue energie morali e professionali ha tentato, nella sua vita, di liberare la sua terra dall’oppressione mafiosa e dalla sua tara storica.

Il ritratto umano del giudice che perdette la vita a causa dell’attentato di Capaci è nel libro commovente e molto intenso. Nell’ufficio istruzioni di Palermo Giovanni Falcone era entrato nel 1979, quando Rocco Chinnici, intuendone il talento investigativo e le qualità intellettuali, lo aveva chiamato a far parte del Pool con altri giovani magistrati come Giuseppe Di Lello Finuoli e Paolo Borsellino. Chinnici gli affidò il processo Spatola, in cui era imputato Sindona. Quel processo consentì a Falcone di aprire una finestra sul groviglio mafioso e affaristico che ruotava attorno al finanziere siculo-americano. In seguito, Giovanni Falcone, per indagare sul movimento dei capitali tra la Sicilia e gli Stati Uniti iniziò le indagini sul sistema bancario, destando preoccupazione e sgomento tra gli esponenti del mondo imprenditoriale della sua terra. Infatti, Rocco Chinnici venne convocato dal procuratore della Corte di appello Giuseppe Pizzillo che suggerì al capo dell’Ufficio istruzione di affidare a Giovanni Falcone semplici processi, per evitare il rischio che fosse messa a soqquadro l’economia siciliana. In effetti, qualcosa aveva scoperto Giovanni Falcone con le sue inchieste sul sistema bancario, visto che il 6 agosto del 1980 Gaetano Costa venne ucciso mentre sfogliava dei libri su una bancarella.

Dopo che Rocco Chinnici venne ucciso nel 1983, con un attentato avvenuto di fronte al portone della sua abitazione a Palermo, il posto di capo dell’ufficio istruzione di Palermo venne assegnato ad Antonino Caponnetto, che diede un carattere stabile al suo ufficio, con la collaborazione professionale di Falcone, Borsellino, Giuseppe di Lello, e Leonardo Guarnotta. Il compito del Pool creato all’interno dell’Ufficio istruzione di Palermo era quello di dedicarsi a tempo pieno e in modo esclusivo alle indagini contro la mafia. Parlando con Martelli, quando al Ministero di Giustizia collaborava con il Governo, Falcone ammise la grande influenza che aveva avuto sulla sua formazione morale Giuseppe Mazzini, con il suo patriottismo e il suo imperativo morale. Questa disciplina morale, a cui si attenne durante la sua vita, spiega perché riuscì a forgiare un metodo investigativo rigoroso e rispettoso delle procedure penali, distante dalla concezione dei teoremi giudiziari e nutrito fin dall’inizio dalla idea fondamentale dell’importanza del lavoro collegiale.

Per Falcone, ricorda da intellettuale Claudio Martelli, la mafia era una patologia del potere. Alla metà dell’Ottocento, gruppi armati di campieri al servizio dei latifondisti, quando il sud Italia era immerso in un immutabile contesto feudale, diedero vita a cosche e bande per tenere a bada i contadini, ricorrendo alla violenza e all’intimidazione. Queste caratteristiche della mafia degli inizi, dovute al comunitarismo familista, aggressivo e prepotente, si diffusero con l’immigrazione anche in America. Infatti, le forze alleate, con lo sbarco in Italia durante la Seconda guerra mondiale, per assicurarsi il controllo del territorio in Sicilia si rivolsero al gangster italo-americano Lucky Luciano. A proposito della figura del boss mafioso, tratteggiata in modo magistrale da Leonardo Sciascia nel romanzo Il giorno della civetta (Einaudi 1961), Martelli nota acutamente che vi è un atavismo diffuso e radicato nel nostro inconscio, che attende di essere risvegliato, per cui è legittimo ritenere che vi sia una umanità superiore, archetipo ricorrente, a ogni legge poiché la sua forza e volontà sono l’unica legge in grado di assicurare l’ordine nella società. Storicamente, e questo è un punto fondamentale nell’opera letteraria di Leonardo Sciascia, per secoli lo Stato viene percepito in Sicilia e in tutto il Meridione come un’entità astratta ed estranea che impone le tasse e la leva obbligatoria ai giovani, sottraendoli alle loro famiglie.

Per molti anni la cultura giuridica del nostro Paese, quando non negava l’esistenza della mafia, teorizzava la non belligeranza e la convivenza pacifica con questo fenomeno criminale, sottovalutandone la pericolosità eversiva e gli effetti destabilizzanti per la democrazia italiana. Alla metà degli anni Sessanta la relazione di minoranza della Commissione antimafia, di cui furono autori Emanuele Macaluso e Pio La Torre, pervenne alla conclusione che la Dc era il partito politico che era risuscito a conquistare i voti controllati con metodo violento dai latifondisti agrari e dai capi di Cosa nostra. Nel corso di due generazioni, alla mafia dei campieri al servizio dei latifondisti, subentrò quella urbana degli appalti, e in seguito quella del narcotraffico, che aveva il suo epicentro a Palermo e Trapani, in cui vi era la più grande raffineria d’oppio d’Europa, dove erano impiegati gli esperti di chimica francesi che vendevano la loro professionalità a chi li retribuisse di più. Il lavoro investigativo basato sulla specializzazione e il coordinamento delle inchieste sfociò nel Maxiprocesso di Palermo che, grazie alle tante prove raccolte, al confronto delle testimonianze, e alla collaborazione dei primi pentiti, consentì in primo luogo la stesura di una vasta istruttoria e in secondo luogo la condanna di molti imputati per mafia in primo grado, compresi i diciassette ergastoli inflitti ai capi della organizzazione, fra i quali figuravano Totò Riina e Bernardo Provenzano.

Tra quei magistrati del Pool costituito da Rocco Chinnici e definito da Antonino Caponnetto si sviluppò il talento investigativo di Giovanni Falcone. Nel libro, ed è la parte che suscita nel lettore incredulità e sorpresa, viene raccontata dall’autore la persecuzione di cui fu vittima Giovanni Falcone, che pure aveva il merito di avere istruito il Maxiprocesso e vinto il mito dell’invincibilità della mafia. Dopo l’uscita di scena di Caponnetto, il Csm non volle metterlo a capo dell’Ufficio istruzione, preferendogli il giudice Antonino Mele solo perché più anziano. Antonino Mele, che di mafia sapeva poco, mise in discussione il metodo investigativo del Pool basato sull’unità e specializzazione delle inchieste, sicché si ritornò a indagare come si faceva prima che fosse celebrato il Maxiprocesso. Secondo l’interpretazione di Martelli, la decisione del Csm mirava ad attenuare le condanne inflitte agli imputati nel Maxiprocesso, nei successivi gradi di giudizio, cosa che non avvenne visto che la Corte di Cassazione confermò le condanne inflitte in primo grado.

Perché la storia di Falcone appare diversa e singolare, al di là della tragica sorte che gli costò la vita? È diversa, la vicenda umana e professionale di Giovanni Falcone, per l’ampiezza degli orizzonti esplorati, visto che instaurò una collaborazione internazionale con gli Stati Uniti; per i risultati raggiunti grazie al Maxiprocesso, uno dei più grandi della storia giudiziaria di un Paese democratico; per il contributo intellettuale e professionale che diede al Governo del Paese, prima di essere ucciso, favorendo la istituzione della Procura nazionale antimafia e la creazione delle procure distrettuali. Se la mafia ha una organizzazione piramidale e verticale, lo Stato deve privilegiare un metodo investigativo collegiale e evitare il rischio della sovrapposizione delle inchieste e della dispersione delle notizie. Negli anni in cui collaborò con il ministro Martelli, Falcone contribuì e favori l’introduzione delle norme contro il riciclaggio dei capitali provenienti da attività illecite e la legislazione premiale in favore dei mafiosi disposti a collaborare con lo Stato in seguito al pentimento. Vita e persecuzione di Giovanni Falcone di Claudio Martelli è un libro destinato a rimanere negli annali per le tante informazioni che propone al lettore sulla criminalità mafiosa e le sue cause politiche storiche.

Vita e persecuzione di Giovanni Falcone di Claudio Martelli, La nave di Teseo 2022, 368 pagine, 19 euro


di Giuseppe Talarico