Quest’anno il Festival dei borghi più belli d’Italia è stato ospitato dal Comune di Lucignano in val di Chiana (Arezzo), a buon titolo uno di essi. Il piccolo paese dalla quasi esclusiva pianta ellittica ha mantenuto inalterato il suo aspetto medievale ed è la prova di come la bellezza induca naturalmente al rispetto dei luoghi. Qui si sono confrontati i sindaci dei Comuni interessati su temi quali conservazione dei beni culturali, turismo e sviluppo sostenibile, valorizzazione delle produzioni agricole e crescita dei piccoli comuni. Mai come in queste occasioni il nostro pensiero si rivolge al passaggio della Costituzione che sancisce la tutela del paesaggio e del patrimonio artistico della nazione e di fronte alla consapevolezza che nonostante la lungimiranza e l’attualità del dettato dei padri costituenti il paesaggio italico abbia subito negli anni sfregi irreversibili, consola constatare che esistono angoli del Paese perfettamente conservati e tutelati.

Il festival e l’ambiente che ne ha fatto da sfondo ne sono testimonianza e i fortunati residenti di tutti i borghi rappresentati all’evento di certo hanno avuto la fortuna di aver avuto un accesso naturale al diritto alla bellezza crescendo, pertanto, con maggior senso di appartenenza al territorio e con una particolare identità culturale derivante da tradizioni, dialetti, costumi mai variati nel tempo. Spontanea la riflessione in merito al rapporto tra bellezza e legalità confermata dal dato che la percentuale dei reati di qualsiasi fattispecie commessi in questi borghi è molto al di sotto della media nazionale. Ne deriva che la lotta per la bellezza e per la sua salvaguardia deve essere anche una lotta per la legalità in un ideale rapporto di continuità tra le generazioni che ci hanno preceduto e quelle future. A testimonianza dell’esigenza del connubio bellezza e legalità alla rassegna era presente uno stand allestito dal Centro nazionale carabinieri per la biodiversità forestale di Pieve Santo Stefano (Arezzo) ove spiccava un esemplare dell’albero di Falcone. Il centro, infatti, ha ricreato cloni del ficus magnolia cresciuto davanti alla casa di Giovanni Falcone e divenuto simbolo della lotta rinascita civile per combattere la mafia.

Su quell’albero, infatti, dopo la strage di Capaci iniziarono a essere affissi spontaneamente dei foglietti con messaggi e lettere per dire No alla mafia, a dimostrazione dei sentimenti di dolore e rabbia che avevano permeato i cittadini di Palermo in quei giorni. Era un semplice albero e ora è un simbolo non solo per i siciliani ma per tutti coloro che credono nella legalità e nelle istituzioni. Al fine di diffondere ancor più quel simbolo sono state raccolte le talee dall’albero e sono stati rigenerati centinaia di esemplari con lo stesso genoma dell’originale, al fine di essere donati a scuole ed enti in tutta Italia, nel quadro del progetto di educazione alla legalità ambientale denominato “Un albero per il futuro”, promosso dal Ministero dell’Ambiente unitamente alla Fondazione Falcone e all’Arma dei Carabinieri. Esso si propone altresì di sensibilizzare i bambini sull’importanza delle piante per contenere il cambiamento climatico e ha l’obiettivo di piantare nelle scuole e nei giardini pubblici almeno 50mila alberi nel prossimo triennio.

Circostanza, questa, valorizzata anche dalla cerimonia conclusiva dell’evento che ha previsto la consegna di piante tipiche del proprio territorio da parte di ciascun sindaco convenuto al fine di realizzare a Lucignano il Parco della biodiversità dei Borghi più belli d’Italia. I promotori hanno voluto dare un chiaro messaggio, certi che il seme del rispetto del territorio e dell’ambiente possa attecchire in tutto il Paese, soprattutto tramite iniziative che servano a tenere a mente l’affermazione di un famoso intellettuale del passato secondo cui “non è vero che la bellezza salverà il mondo, la bellezza non salverà nulla se noi non avremo salvato la bellezza”.

Aggiornato il 11 settembre 2023 alle ore 16:49