I luoghi sospesi di Annamaria Ferramosca, domande di senso per sopravvivere

Se il tempo è spesso vuoto, decadente, violento, le poesie di Annamaria Ferramosca riconciliano con l’essere e aprono universi di essenza. La poetica di questa eccellente “artigiana della parola”, nata a Tricase nel Salento ma romana d’adozione, è benefica e rigenerativa. E nell’ultima fatica letteraria, “Luoghi sospesi”, Premio Voci Città di Roma 2021, Annamaria Ferramosca compie una trasformazione. O meglio, un nuovo approdo. Se la sua poesia era stata profondamente civica, stimolante, legata ai tempi, nella recente pubblicazione per la casa editrice “Puntoacapo” la scrittrice volge l’animo maggiormente al metafisico. Come se l’incedere della cronaca e lo smarrimento contemporaneo le avessero suggerito di salire di gradino e scrutare l’animo da punti più alti. E la lettura di “Luoghi sospesi”, una pregiata edizione quasi tascabile, minuta come un sussurro nel malessere, esorta anche il lettore a compiere questa ascesi.

La materia che Annamaria Ferramosca destreggia con la sua nota volontà forte e granitica è esistenziale, affonda nel grumo intrecciato e assillante dei “perché”. Un “labirinto dei perché”, come lo ha definito il poeta e critico Franco Campegiani, alla presentazione del volume presso la Galleria Arte Sempione, a Roma, il quale ha sottolineando come tuttavia il dedalo filosofico della Ferramosca pur affondando nel nulla e nel tutto non sia mai negativo e come il suo conio espressivo abbia la forza di scolpire distillati di vita, frasi per sempre, epitaffi testamentali. “Se tu mi abbracci, la guerra scompare”. Oppure: “Verità è che tutto vive e nulla sopravvive”.

Lezioni di vita in “un gioco dei perché”, come ha aggiunto il poeta e critico Sandro Angelucci, citando alcuni brani d’apertura. “Piove/ma piove davvero?/e io sono davvero?/come sono arrivata qui?/per fare cosa?...”. Sono le riflessioni della “bambina isola d’occhi indagatrice” che corrisponde alla bambina Ferramosca quando dalla sua finestra a Tricase scorgeva il mare e in lontananza le coste dell’Albania. “Penso dunque sono?/e tutto questo pensare avviene/solo dietro la mia fronte?/sarebbe così egocentrico! Eppure/perché non vedo il pensiero degli altri?/forse loro non sono?”. “Gli interrogativi, destinati a finire nell’età adulta – ha fatto notare Angelucci – diventano dilemmi sul senso della vita”.

“Luoghi sospesi” si compone di cinque stanze e ai versi che costituiscono il corpus dell’opera si affiancano versi lirici distinti dal corsivo, che rappresentano odi e reminiscenze, rime vergate in un altrove, frasi che cercano di fornire risposte. “E se non risposte propriamente organiche e definitive”, come ha spiegato l’autrice, “sono la musicalità che risale da una nostra residua armonia perduta, il senso profondo della bellezza, citazioni dall’inconscio collettivo”. Sono muse, sono cetre, sono dee che parlano e suggeriscono soluzioni rispetto alla caducità del vivere. “La volta è cielo crollato”, “sto ritornando alla pre vita, all’esultanza dell’embrione” sono espressioni che si collegano alle deduzioni irrazionali sulla nostra provenienza: “Forse veniamo entrambi da una stessa stella/di cui non ricordo nulla/dove dove eravamo prima io e il mio gatto?”.

Il gioco di parole di Annamaria Ferramosca è fatto per emozionare, commuovere, stralunarci. Come se conoscesse i nostri mali, il nostro dolore, lo spaesamento, l’ossessione dei dubbi, il malessere che ci toglie il fiato, che a tratti disintegra. Ma la sua poesia, come ci ha guidato nella lotta civica, femminile, materna, come ha dato senso a quei tanti giovani delle scuole dove la poetessa ha insegnato o è andata a portare la sua parola, così ci guida per il cielo stellato, così ci aiuta a sollevare lo sguardo e con esso la mente e il cuore. E ci trascina in un pantheon lucente. “Nebbia mi cura la ferita/nebbia è l’amica preferita/con lei parlo di stelle/cosa fanno lassù stupide stelle/a luccicare nella nebbia/ che spreco antiecologico di luce”.

“Un libro bello e importante” lo ha definito Mauro Ferrari, direttore editoriale di “Puntoacapo”, nato dai successi di Annamaria Ferramosca, alla sua dodicesima opera, versi tradotti in inglese, spagnolo, romeno, turco e arabo, in particolare dal conferimento nel 2021 del Premio Città di Roma. Un libro di poesia che si offre anche ad esperienze immersive, perché da tempo la scrittrice coltiva l’aspetto della fruizione e di fatti affianca la scrittura alla recitazione. “Luoghi sospesi” è anche un recital coi versi letti con trasporto originario dalla Ferramosca inseguita dalla voce di Federica Sciandivasci, che diventano un unicum teatrale. “Quando la poesia fa anche spettacolo”, come ha detto Maria Rizzi animatrice dell’Associazione “Insieme per la cultura”. Momenti esaltanti, che fanno ricordare quando la poesia in tv la portavano Carmelo Bene e Vittorio Gassman, ma non erano solo altri tempi. Era la gioia e l’attenzione che mancano e che chi ha ruolo dovrebbe sforzarsi di recuperare la circolazione di offerte culturali soprattutto per i giovani, soprattutto per l’identità italiana in coniugazione con le etnie e le storie degli altri. Perché la poesia cura, la poesia pulisce, la poesia educa, nobilita e racconta. “È la nostra capacità di aderire alla bellezza”, ha spiegato l’autrice. “Riconoscere l’effimero che siamo, contenti anche solo di aver vissuto per un tempuscolo la dimensione cosciente”. Che detto con le sue rime diventa l’esortazione a “stare in cerchio”: “Quando siamo dico siamo insieme/ insieme anche nel perdere/chè se solo uno perde/perdiamo tutti ma/ sarà come vincere”.

Aggiornato il 12 settembre 2023 alle ore 16:29