Successo per il capolavoro di Sofocle al Teatro Arcobaleno

Si sono concluse, al Teatro Arcobaleno di Roma, le repliche dell’Edipo a Colono, tragedia di Sofocle, rappresentata postuma nel 401 avanti Cristo. Il drammaturgo è il secondo nome (dopo l’iniziatore Eschilo, e prima dell’altro “mostro sacro” Euripide) della “triade eletta” della poesia tragica greca. Un grande evento, che ha visto protagonista (nel ruolo appunto di Edipo) Giuseppe Pambieri, attore di livello assoluto, capace d’attraversare le infinite profondità di un archetipo teatrale basilare per la cultura occidentale (e, in questo, degno erede del grande Vittorio Gassman, già Edipo in una memorabile rappresentazione anni Ottanta, trasmessa dalla Rai, della stessa tragedia). Ad accompagnarlo, un cast di grande valore: Micol Pambieri, Gianluigi Fogacci, Luigi Mezzanotte, Elisabetta Arosio, Roberto Baldassari, Melania Fiore, Vinicio Argirò.

Quest’ultima opera di Sofocle in parte coincide – come “coordinate” mentali ed esistenziali – con la senilità dell’autore: che, com’è noto, aveva avuto veri e propri incarichi di governo, con “l’olimpico” Pericle. Edipo, che è stato una sorta di homo novus ellenico, trovatello di umilissime origini ma ritenuto principe ereditario di Corinto, giunto poi al potere a Tebe, ormai abbacinato (in tutti i sensi, diciamo amaramente: per espiare le sue gravi colpe giovanili di parricidio e incesto, ai danni del padre Laio e della madre Giocasta, da lui sposata, si è accecato) dall’evidenza di una verità che non è stato in grado di percepire, deve ricomporre la sua identità e la sua psiche. L’enigma dell’essere umano rimane irrisolto, perché Edipo stesso è un enigma: che vive tormentato dal rimorso.

L’ex re di Tebe, allontanato allora dai suoi cittadini, inorriditi dalla vicenda, accompagnato dalla sola figlia Antigone, si dirige verso il demo di Colono, alle porte di Atene, ultima tappa del suo viaggio. Atene, portatrice di valori democratici ineludibili, costituisce il centro della tragedia, mentre città che le fa da contraltare, è appunto Tebe: chiaro riflesso, nell’opera sofoclea, dell’imminente, sanguinoso scontro politico-militare tra le due póleis e la terza grande potenza, Sparta. Edipo, ormai cieco, accompagnato dalla figlia, capace di un amore assoluto, che va al di là di qualsiasi vincolo parentale e convenzione sociale, cerca asilo e accoglienza a Colono, presso Teseo, mitico re di Atene: che si manifesterà allora, come campione non solo di democrazia, ma anche di umanità, nell’accogliere un ospite apparentemente così indesiderato perché empio e mostruoso.

Quando Creonte, fratello di Giocasta e nuovo leader tebano, cercherà di riportare a Tebe il vecchio re, per impossessarsi in maniera apparentemente legittima del potere vacante e occuparne quindi il trono, il sovrano di Atene giocherà un ruolo centrale, opponendosi alle sue pretese e proteggendo gli ultimi giorni di Edipo. Che deciderà di “togliere il disturbo” nei confronti del sovrano amico suo ospitante, andando stoicamente incontro alla morte, chiamato dagli dèi in un’altra vita. Le sue figlie Antigone e Ismene lo piangeranno, spargendo con grande pietà dalle sue ceneri “ogni ria parola”. Adattamento e regia di Giuseppe Argirò, per una produzione di Teatro della Città srl. I costumi, tra antico e moderno, sono di Emiliano Sicuro. Scene, molto essenziali, di Claudio Cutisposto, e luci, suggestive al massimo, di Andrea Chiavaro.

Aggiornato il 06 marzo 2024 alle ore 16:35