“Pensaci Giacomino!”: genitori e figli

Essere o apparire: dov’è l’ubi consistam? Chi ha così tanto coraggio nel separare di netto il suo “Pupo pubblico” da ciò che veramente si è e si ama? Ecco, la figura di un anziano professore di ginnasio, e il dilemma che quel suo stare al mondo provoca negli altri, rappresenta il fulcro dell’opera Pensaci Giacomino! di Luigi Pirandello, in scena al Teatro Quirino fino al 24 marzo, per la regia di Guglielmo Ferro. Protagonista assoluto, un magistrale Pippo Pattavina, nella parte del professore di ginnasio Agostino Toti. Quest’ultimo è in eterna, si fa per dire, lotta contro l’istituzione scolastica e la società delle apparenze di una piccola cittadina siciliana di provincia. L’anziano, infatti, non intende darla vinta al “Sistema”, andandosene in pensione dopo parecchi lustri di onorata professione.

Un po’ perché non saprebbe che cosa fare; e un po’ francamente per dispetto, vista l’insistenza altrui a volersene liberare. Anzi, proprio per rendere più onerosa allo Stato la sua dipartita, il professor Agostino medita di sposarsi con una donna molto più giovane di lui. Questo solo perché, alla sua morte, la moglie rimasta vedova godrebbe di una pensione di reversibilità, che la previdenza pubblica sarebbe costretta a pagarle a vita, nel corso di parecchi decenni. La cosa formidabile, che soltanto un vecchio come Agostino, rimasto solo e vedovo, potrebbe sopportare, è di infischiarsene, anzi, godersela proprio, degli immancabili pettegolezzi, calunnie e dicerie senza limiti di tempo cui questa sua scelta avventurosa di una “seconda vita” comporterebbe. Si immagina, infatti, accanto a una donna di quaranta anni più giovane di lui, costantemente chiacchierato dalla sua piccola comunità di provincia, dove è conosciuto e, all’apparenza, stimato da tutti. Ma lui ci convive benissimo con questa cosa qui, dato che riesce a separare nettamente la “funzione” (il professore) dalla sua persona vera.

Ora, giustamente, questa presenza costante e muta di un popolo ostile ci viene rimandata da una scenografia assai originale, in cui le tre pareti sono occupate da porte e portali aperti, dove sulle cornici frontali sono riportati il nome e il numero delle aule, mentre i due gate laterali fanno funzione di silenziatore, nel senso che i personaggi che transitano al di là perdono voce e consistenza umana, divenendo le ombre silenziose di se stessi. Per di più, in scena restano praticamente sempre tutti i personaggi, seduti lungo piani rialzati di due gradini, rispetto al livello del palcoscenico, in modo da essere sempre visibili. Le loro teste restano immobili, con la nuca rivolta alla platea, fisse davanti ad altrettanti specchi di quelli in uso ai camerini teatrali, sul cui perimetro sono allineate le lampadine (quasi sempre spente) per la sistemazione dei trucchi e delle parrucche. Il dramma-farsa vero e proprio inizia quando si scopre che Lillina, la figlia del bidello del ginnasio Cinquemani, che si fa aiutare da lei e dalla propria moglie Marianna per la pulizia delle aule, rimane incinta di un ex allievo di Toti, un tal Giacomino Delisi, senza arte né parte. E, inviso per questo alla famiglia della sua ragazza perché non la potrebbe mantenere, non avendo né reddito, né lavoro. E qui sta il colpo di genio di Pirandello-Toti: mettere il cappello a questa situazione scandalosa e imbarazzante, sposando Lillina al professore, con grande soddisfazione dei genitori di lei, che potranno così legittimare al resto del mondo i loro pupi pubblici di nonni, offrendosi orgogliosi agli sguardi della gente.

Il tutto senza, però, fare i conti con l’anziano testardo che, sposandosi solo per spegnere sul nascere l’incendio dello scandalo, in cuor suo vede e tratta Lillina e Giacomino come figli, lasciando che il ragazzo frequenti liberamente la sua casa, allietata dalla nascita del piccolo e da una cospicua eredità nel frattempo intervenuta, per la morte del suo unico fratello residente all’estero. E sarà grazie al suo deposito bancario che Toti diverrà azionista della banca, richiedendo per sé un posto sicuro per Giacomino, in modo che possa assicurare un avvenire alla famigliola naturale, dopo la sua scomparsa come marito di copertura. Ma, come al solito, alla gente che parla e, soprattutto, sparla dietro le quinte si aggiunge l’ira sorda e l’astio della sorella di Giacomino, Rosaria. E sarà proprio lei a impigliarlo in un fidanzamento “ufficiale” con una sua giovane amica, nell’intento di impedire al fratello di continuare ancora a frequentare casa Toti. A far da sensale e da tramite della volontà della famiglia di mettere fine a questo (ben finto) triangolo, credendo che Lillina sia sfacciatamente l’amante di Giacomino, è un prete molto influente e rispettato, Padre Landolina, mandato a chiedere a Toti una sorta di “liberatoria” da mostrare alla fidanzata di Giacomino, in cui il professore dichiara solennemente che il piccolo Ninì è figlio suo, e non dei due giovani ragazzi.

Così Agostino si trova di fronte al solito dilemma di salvare le apparenze e condannare di conseguenza la giovane famigliola a lui tanto cara a separarsi per sempre, obbedendo alla morale sociale. Ovvero, rischiare il tutto e per tutto rimandando a casa a mani vuote il sensale togato, per poi recarsi con Ninì nella tana del lupo (la casa di Rosaria Delisi), per tentare il o la va (nel senso che Giacomino abbandona fidanzata e casa paterna), o lo spacca, in cui a restare soli sono proprio lui, Lillina e Ninì. Voi che ne dite: come va a finire? Bello spettacolo, con un cast di attori davvero brillante.

Aggiornato il 20 marzo 2024 alle ore 13:14