“Il teorema di Margherita”: la matematica in ciabatte

Chi è Margherita? Nel bel film Il teorema di Margherita (nelle sale italiane dal 28 marzo), scritto e diretto da Anna Novion, per la convincente interpretazione di Ella Rumpf nel ruolo della protagonista, Margherita è una brillante, semiautistica ricercatrice di matematica che se ne va in ciabatte alla revisione di dottorato. Un essere umano molto complicato, verrebbe da dire. Fisico ben impostato da nuotatrice, alta e dalla deambulazione reclinante, la dottoranda ci appare come sopraffatta da un peso incombente, carico di materia grigia al pari di un gas compresso di particelle, che accumula forza ed energia per fare a pezzi il suo contenitore umano, guadagnando così la libertà di espandersi nello spazio infinito. Margherita, brillantissima mente matematica ventiseienne, vive il suo momento topico di studentessa prodigio, in attesa di comunicare i risultati della sua tesi di ricerca all’interno di un seminario ultra specializzato di pari, convenuti da tutta la Francia per l’occasione. Il grande amico-nemico e ossessione della sua vita è una congettura matematica sui numeri primi, a tutt’oggi non dimostrata né confutata, formulata nel 1700 da Christian Goldbach, che recita: “Ogni numero maggiore di 2 può essere scritto come somma di due numeri primi”. Ora, direte voi, come può appassionare un film così sulla teoria dei numeri? Infatti, la storia vuole essere, innanzitutto, un discorso sulla gioventù, sulle sue passioni ultramoderne e antichissime: la discoteca, la ricerca del piacere sessuale, l’amicizia.

Al centro di tutto, l’eterno rapporto conflittuale tra i due sessi che, in questo caso, mossi da una travolgente passione comune per Goldbach, si combattono, complementano e compenetrano in una sfida della mente ben al disopra delle capacità medie di un individuo “normale”, decentemente laureato in qualche disciplina scientifica o umanistica. Ed è, al contempo, una sfida (al passo coi tempi) al patriarcato, impersonato in questo caso specifico dal barone universitario di turno, il professor Werner, che pensa bene di privare degli ancoraggi accademici e della sua fiducia una brillantissima dottoranda, per essere mancata all’ultimo appuntamento con la lode. Ma, soprattutto, è un’impresa riuscita per rivelare al grande pubblico l’immensità dell’intelligenza e della creatività umana, che la stragrande maggioranza conosce come “Matematica pura”, vivendola come cosa aliena da sé, terrorizzante e temuta, perché nemica del linguaggio comune. C’è, poi, l’inanimato protagonista della Lavagna, estensione calcarea della mente umana, che nel film si allarga a macchia d’olio sui muri della casa dipinti di nero, propagandosi lungo centinaia di pagine ricolme di caratteri della cabala. Questo perché, in matematica, le costruzioni logico-algebriche utilizzano lettere dell’alfabeto ebraico per denotare insiemi, i quali, grazie ai simboli convenzionali di connessione e sommatoria, formano ricche di sequenze logico-formali del tutto incomprensibili ai comuni mortali, valide solo a patto di rispettare le regole di coerenza interna.

Ed è proprio quest’ultima a venire mancare a Margherita, una volta giunta al termine della faticosissima dimostrazione del risultato finale della sua tesi di dottorato. L’innesco della tragedia silenziosa è la mancata giustificazione di una costante “c”, così come richiestole dal suo prossimo futuro giovane sconosciuto grande amore, che ne invalida l’intera dimostrazione. Rimasta senza parole, contraendo rigidamente i muscoli del collo e atterrita dal suo insuccesso, Margherita abbandona in silenzio l’aula, come svuotata dalle sua stessa essenza. Ovviamente, Werner, il suo patriarca dotto, la fa immediatamente scendere dalla sua arca, invitandola a scegliersi un altro relatore e a consumare altri dolorosi anni nella nuova ricerca. Margherita e il suo ego, però, decidono per la fuga: mollare tutto (soprattutto quel vecchio egoista irriconoscente) e ricostruirsi una vita per sempre lontana e nemica della matematica. Piena di debiti (occorre restituire tutto l’importo della borsa di dottorato) Margherita conosce casualmente una bellissima aspirante ballerina di colore, che le offre di dividere il suo piccolo studio nella Chinatown di Parigi. Ma, nell’intimo, Margherita, scienziata frustrata, continua a essere una matematica: impara a memoria i cataloghi di scarpe in un negozio dove fa la commessa, per poi licenziarsi per illogicità manifesta del suo datore di lavoro.

E quando non ha più soldi, ne vince quanti bastano al tavolo del Mahjong, popolarissimo gioco cinese di abilità. Grazie a una madre deliziosa, insegnante di matematica alle scuole medie e precocemente abbandonata dal marito, Margherita scoprirà che c’è qualcosa ancora più importante oltre la scienza, come l’amore. Per la critica ora. Grazie alla sua profondità, e coniugato al femminile (dato che la sapienza non ha impedimenti di genere), il film va oltre le pietre miliari di A Beautiful Mind, in cui John Nash impazzisce per poi ricevere i più alti riconoscimenti per la sua Teoria dei giochi, e de L'uomo che vide l’infinito, dove un elegantissimo genio matematico indiano, Srinivasa Ramanujan, riceve le sue formule astruse di Teoria dei numeri direttamente dalla lingua della sua dea protettrice. Piuttosto, il caso più simile è la vicenda Frege-Russell, laddove il famoso matematico filosofo fa il castigamatti della situazione, inviando una lettera a Frege in cui gli dimostra l’inconsistenza della sua bellissima teoria logica. Cosa che porterà quest’ultimo a perdere la ragione. Invece, qui l’amore salverà Margherita dalla pazzia, coniugando il suo essere donna alla sua geniale mente matematica.

Voto: 8,5/10

Aggiornato il 22 marzo 2024 alle ore 12:50