L’Unione europea: dal mercato unico a una tragica farsa

mercoledì 14 aprile 2021


Le opinioni riguardanti l’Unione europea sono divise tra chi la considera inutile e costosa e chi la ritiene il futuro dell’Europa e un modello per gli esseri umani.

Ma qual è la realtà?

Prima che emergesse l’Ue odierna, la costruzione di un’unione europea fu, inizialmente, un enorme successo.

Molti schierati a Sinistra hanno la memoria corta, ma l’Ue non è sempre stata la grande macchina distante che è diventata. Nell’era di quelle che venivano denominate in modo più modesto “Comunità europee – comportando, ad esempio, la cooperazione tra le economie di più Paesi; o in seno al settore carbosiderurgico e nucleare – l’Europa ha conquistato quattro libertà di movimento: la libera circolazione di merci, persone, servizi e capitali. Nonostante i suoi difetti, le carenze e le innumerevoli imperfezioni (niente di umano è perfetto), questo mercato comune –o unico – ha dato un contributo massiccio e sostanziale alla libertà e alla prosperità degli europei.

È impossibile non considerare un progresso il fatto che un cittadino francese possa circolare liberamente in Italia o che un imprenditore spagnolo abbia il diritto di offrire servizi ai cittadini dei Paesi Bassi. Il mercato comune europeo originario era in tutto e per tutto in linea con il concetto costruttivo di Jean Monnet di “pace grazie alla prosperità.

Il problema era che gli ideologi di tutte le fedi non potevano accontentarsi di questa Europa come mero strumento, di natura essenzialmente economica. No, era necessario aggiungere un’Europa politica, un’Europa sociale, un’Europa della difesa, una politica estera europea, un’Europa ecologica e persino un’Europa geopolitica.

Questa evoluzione è consistita, innanzitutto, nel sovvertire le istituzioni europee per far loro realizzare, oltre ai loro scopi economici, anche obiettivi a loro estranei, come una “politica estera comune” che fosse qualcosa di più che non mere parole. Come si potrebbe avere una politica estera comune al Regno Unito, all’Austria e al Portogallo?

Successivamente, le istituzioni e le procedure sono state e continuano ad essere, costantemente adattate, rinnovate e rivoluzionate per servire fini extra-economici – come, ad esempio, la “pace”, la “lotta alla discriminazione sociale”, la “promozione del progresso scientifico e tecnologico”, la “sicurezza e la giustizia” – anche a scapito di quelli economici.

Oggi, lo scopo economico della costruzione europea è stato ufficialmente ridotto – attraverso i trattati – al minimo indispensabile, mirando a “uno sviluppo sostenibile basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi” e assoggettato alle richieste dell’Europa politica, sociale e ambientalista. Tali richieste iniziano, ad esempio, con il Patto Verde Europeo che mira a trasformare l’Europa nel primo continente “climaticamente neutrale” riducendo le emissioni europee di gas a effetto serra per arrivare a un punto di “zero emissioni nette” entro il 2050, anche se le conseguenze economiche per gli europei sono insostenibili. Secondo IndustriAll, il sindacato europeo della categorie industriali europee, c’è il grande rischio che il Patto Verde Europeo metta in ginocchio interi settori industriali, tagliando milioni di posti di lavoro nelle industrie ad elevato consumo energetico, senza alcuna garanzia che i lavoratori delle industrie colpite avranno un futuro.

Pertanto, l’Ue, che in passato ha offerto un contrappeso alla furia antieconomica dei suoi Stati membri, è ora l’amplificazione permanente di questa furia.

Nessuna risoluzione sul genere o sull’ambientalismo approvata dal Parlamento tedesco o da quello francese può competere con le dichiarazioni sempre più estremiste emanate dalle istituzioni europee su questi temi, come su altri. Ad esempio, l’integrazione della versione più estrema della teoria di genere: l’idea che “maschio” e “femmina” sono concetti culturali e non biologici, è ora la politica ufficiale dell’Ue.

Ciò che consente a queste istituzioni europee di spingersi sempre più lontano sulla via dell’ideologia è il fatto che sfuggono alle sanzioni democratiche, poiché l’Unione europea rimane prima di tutto un’organizzazione intergovernativa. La Corte costituzionale federale tedesca ha diagnosticato un “deficit strutturale democratico nella costruzione dell’Unione europea, in quanto i processi i processi decisionali nell’Ue rimangono in gran parte quelli di un’organizzazione internazionale. Il processo decisionale si basa sul principio dell’uguaglianza degli Stati membri. Il principio di uguaglianza degli Stati e il principio di uguaglianza dei cittadini non possono essere armonizzati nell’attuale assetto istituzionale dell’Unione europea, ha affermato la Corte tedesca. Ovviamente, le istituzioni dell’Ue adottano un linguaggio fiorito – come, ad esempio, “rendere l’Unione Europea più democratica” – volto a far credere alla gente che le istituzioni dell’Ue (...) sono sempre più democratiche e aspettano solo di esserlo pienamente.

Nulla potrebbe essere più lontano dalla verità. In quanto organizzazione intergovernativa, l’Unione europea non è, non è mai stata e non sarà mai una democrazia. Un’organizzazione internazionale non è un accordo tra governi: aggiungere allo schema un “Parlamento europeo” eletto, con capacità molto limitate, non altera le preoccupazioni intergovernative di tale organizzazione.

Quale percentuale di cittadini europei è in grado di nominare anche un solo membro del Parlamento europeo, un Eurocommissario o un giudice della Corte di Giustizia europea? Gli americani si sentono americani prima di essere del Wyoming o dell’Arkansas; mentre italiani, spagnoli, svedesi, polacchi e sloveni si identificano con il loro Paese prima di sentirsi europei (nell’accezione generica del termine, non riferendosi all’Ue).

Per ragioni storiche, la Germania si attiene il più spesso possibile alle regole e alle istituzioni dell’Unione europea. Come è stato osservato da Ulrich Speck: “Il Paese ha costruito la sua identità politica e il suo sistema politico sul concetto di essere l’opposto dello stato nazista. Oggi, i tedeschi vedono il regime nazista, tra le altre cose, come una forma radicalizzata di potere politico classico, qualcosa che si considerano fortunati di essersi lasciati alle spalle”.

In altre parole, molti tedeschi vedono l’Ue come l’ultimo antidoto alle tendenze egemoniche del loro passato. Sebbene abbiano gestito relativamente bene la prima parte – la mitigazione – della recente pandemia, hanno deciso di fare affidamento sull’Ue per la gestione dei vaccini. C’è una logica in questo approccio: in primo luogo, insieme siamo più forti nel negoziare con “Big Pharma” e, inoltre, non è questa un’opportunità per dimostrare agli europei che questa Unione europea che a loro non piace è almeno utile?

Non soddisfatta di essere inutile e costosa, come nel caso delle vaccinazioni contro il Covid-19, l’Ue si è dimostrata terribilmente, ridicolmente e tragicamente inefficace. AstraZeneca, ad esempio, ha semplicemente “informato” il blocco che non sarebbe stata in grado di fornire il numero di vaccini che Bruxelles aveva sperato di avere – e pagato – entro la fine di marzo. I leader dell’Ue erano “furiosi” per il fatto che l’azienda farmaceutica sembra adempiere i propri obblighi di consegna per il mercato del Regno Unito e non per il loro. Il risultato dell’incapacità di Bruxelles di far rispettare gli impegni assunti nei suoi confronti dai produttori di vaccini è senza appello.

Tra cinquecento anni, quando gli storici ripenseranno all’era del Covid, diranno che “l’operazione Warp Speed, voluta dall’amministrazione Trump è stata un trionfo della scienza e della logistica.

Se ci sono voluti cinque anni per sviluppare un vaccino contro l’Ebola – il precedente record mondiale – in Occidente c’è voluto meno di un anno per realizzare diversi vaccini contro il Covid-19, per lo più sotto pressione e con il finanziamento dei contribuenti statunitensi. Ben presto il governo degli Stati Uniti si è reso conto che la sfida era anche logistica: va bene sviluppare un vaccino, ma deve anche essere prodotto in grandi quantità e poi distribuito.

Su richiesta del governo Usa, nel giro di pochi mesi, sono state costruite intere fabbriche per produrre il vaccino (che all’epoca non era ancora stato sviluppato), mostrando un impegno la cui portata e dimensione non erano dissimili dallo sforzo dell’industria bellica statunitense nel 1941. Quando è arrivato il momento di distribuire il vaccino, il governo americano ha utilizzato il miglior strumento a sua disposizione: le proprie forze armate. In definitiva, il programma di vaccinazione di massa degli Stati Uniti viene attuato in un lasso di tempo senza precedenti: il presidente Joe Biden ha dichiarato all’inizio di marzo che gli Stati Uniti avranno abbastanza vaccini da somministrare a ogni americano entro la fine di maggio, ossia due mesi prima del previsto.

Rispetto agli Stati Uniti, il fallimento dell’Ue è totale. Mentre in Europa la sfida era solo quella di produrre e distribuire il vaccino, l’Unione europea ha fallito miseramente su entrambi i fronti. Il programma di vaccinazione europeo è ora molto indietro rispetto a quello statunitense e lo è ancora di più rispetto ai programmi di vaccinazione di Israele e della Gran Bretagna post-Brexit.

Secondo i dati attuali, il ritorno alla normalità in Europa sarà in ritardo di un anno rispetto a quello in America e nel Regno Unito. Quest’anno segna una moltitudine crudele di deficit, fallimenti e disastri personali. In termini relativi, ciò presagisce una massiccia regressione economica che l’Ue si aspetta, rispetto al resto del mondo.

La gestione della somministrazione del vaccino contro il Covid-19 nell’Unione europea è una metonimia per l’Ue: una tragica farsa nelle mani di ideologi tanto ottusi quanto inefficienti. Le élite dell’Ue sono deboli, codarde e pusillanimi perché sanno di non rappresentare nessuno, nel vero senso democratico della parola, poiché non vengono elette democraticamente, non sono trasparenti e non sono responsabili verso nessuno. In definitiva, sono alla mercé dei governi che non sono mai d’accordo tra loro, ma hanno la legittimità di essere realmente democratici: eletti, trasparenti e responsabili. Non esiste nemmeno uno strumento per i cittadini che consenta di non eleggere nessuno, se desiderassero farlo.

Il comune buon senso imporrebbe di ridurre l’Ue a un mercato unico, un territorio senza frontiere interne o senza altri ostacoli normativi alla libera circolazione di beni e servizi. L’arroganza ideologica che anima le istituzioni europee e i loro sponsor ideologici li spingerà nella direzione opposta, quella di una sempre maggiore centralizzazione, a scapito dei cittadini europei e dei loro interessi vitali.

(*) Tratto dal Gatestone Institute

Traduzione a cura di Angelita La Spada


di Drieu Godefridi (*)