Cambiare la gestione dei nostri porti

venerdì 15 ottobre 2021


Sono rimasto davvero sconcertato leggendo pochi giorni fa una notizia che, a mio avviso, nell’arco di un quinquennio rivoluzionerà il trasporto delle merci via mare; in particolare la notizia apparsa sull’inserto Economia del Corriere della Sera precisava: “Tra poco più di un mese la prima nave cargo completamente a guida autonoma, senza equipaggio e ad emissioni zero, inizierà a collegare Heroya e Brevik due città della Norvegia distanti una decina di chilometri”.

La Yara Birkeland, lunga 80 metri e larga 15 ha un enorme motore elettrico con un’autonomia di sette ore e una velocità massima di poco più di dieci nodi e può trasportare sino a 60 container a viaggio. La Yara Birkeland ha un sistema di intelligenza artificiale sofisticato simile all’hardware e al software impiegati dai droni; in realtà una serie di radar, raggi laser, sensori impostano la rotta migliore e modificano la traiettoria della nave in caso di correnti o mare mosso con una precisione elevatissima. La porta container ha una guida completamente autonoma ma può anche essere pilotata a distanza. Ebbene, dopo una fase di rodaggio di circa due anni il nuovo cargo entrerà nella piena attività a scala internazionale. La nave, ripeto, è a propulsione elettrica e quindi davvero a impatto zero.

Due anni nel mondo dei trasporti e della logistica sono un segmento temporale bassissimo e quindi prepariamoci a qualcosa che non ridimensionerà solo il numero delle forze lavoro coinvolte in questa elevata capacità professionale legata alla gestione della movimentazione dei container e delle rinfuse secche ma ridisegnerà integralmente l’articolazione della offerta logistica dei vari nodi portuali che oggi movimentano quasi l’80 per cento dell’intero volume mondiale delle merci. Infatti, se i collegamenti tra porto e porto saranno gestiti da intelligenza artificiale a maggior ragione la gestione all’interno delle piastre portuali, come quelle di Rotterdam e di Singapore in cui già è operante una simile funzione, diventerà una attività normale di prelievo e stoccaggio dei container.

Scompare quindi l’uomo o si ridimensiona in modo sostanziale la sua presenza? Sicuramente sì, ma, contestualmente, prende corpo una nuova ingegneria della offerta logistica, prende corpo indirettamente una nuova interpretazione della supply chain management perché l’intero ciclo che caratterizza la storia della merce dalla produzione alla distribuzione si arricchisce di una componente davvero nuova, che è quella della conoscenza capillare non solo della ubicazione delle merci e dei container ma, anche, della possibilità di incidere direttamente sulla modifica di determinati itinerari ottimizzando sempre l’intero processo logistico.

Tutto questo comporterà una immediata modifica nella organizzazione dei nostri impianti portuali e, prendendo come esempio la portualità del Mediterraneo, siamo sicuri che i porti di Algeciras, Valencia, Pireo stanno esaminando attentamente questa nuova innovazione tecnologica e stanno rendendo sempre più autonome le gru a portale presenti nei rispettivi impianti in modo da poter, con adeguati aggiornamenti, rendere compatibile l’interazione tra le navi autonome e l’impianto fisso.

E cosa sta avvenendo nei nostri impianti portuali, cioè cosa sta avvenendo nei nostri sistemi portuali di Genova, La Spezia, Livorno, Napoli, Gioia Tauro, Augusta, Taranto, Ravenna, Venezia, Trieste e Cagliari; volutamente ho preso come esempio quegli impianti portuali in cui potenzialmente potrebbe prendere corpo questa nuova offerta logistica e in cui il mancato adeguamento esaspererà sicuramente ulteriormente la distanza tra i tre porti prima menzionati di Algeciras, Valencia e Pireo in cui si movimentano globalmente circa 16 milioni di container e gli undici porti italiani in cui si movimentano solo globalmente 10 milioni di container. Questo gap che spero venga subito capito e ridimensionato rischia di crescere e di mantenere come possibili nodi solo quelli di Genova, di Livorno, di Gioia Tauro e di Trieste.

Questa corsa verso l’adeguamento dei singoli impianti portuali italiani trova, a mio avviso, un vincolo nella assenza di autonomia gestionale delle singole 16 Autorità di Sistema portuale. Sono sicuro che i vari presidenti delle Autorità sono coscienti di questa vera rivoluzione gestionale e sanno anche che questo processo di ottimizzazione e di ricorso a tecniche informatiche avanzate è diventata operativa da almeno dieci anni, tuttavia non sono in grado di effettuare investimenti mirati per ottimizzare la offerta dei singoli impianti perché le risorse sono solo quelle condivise ed autorizzate dall’organo centrale e ogni scelta avanzata e innovativa, come ad esempio quella fatta dall’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale (impianto portuale di Trieste), viene considerata anomala o sperimentale.

Ma questa mancanza di autonomia penso che non potrà reggere a lungo; a tale proposito ricordo che i gettiti annuali da Iva nei porti sono pari, nell’anno 2019 (prima della pandemia), a 10.871.373.726,52 euro (quasi 11 miliardi di euro) e di questo introito alle singole Autorità va appena un importo di 50.960.000 euro (appena 51 milioni di euro). Solo il porto di Genova e Savona, insieme, generano un valore da proventi da Iva pari a oltre 3.529 milioni di euro e ottengono come trasferimento alla Autorità solo 16,5 milioni di euro (poco più di sedici milioni di euro). Forse bisognerà utilizzare, come già fatto solo una volta per la costruzione della piastra a mare del porto di Vado Ligure, quanto previsto dai Commi 990, 991 dell’articolo 1 della Legge 296/2006.

In tal modo assicureremmo una disponibilità finanziaria accettabile. Indipendentemente, infatti, dalle risorse previste nel Pnrr per il rilancio della nostra offerta portuale, ritengo che questa o queste innovazioni tecnologiche, queste nuove forme di aggredire concretamente un mercato, quello del trasporto delle merci via mare, in continua evoluzione, non possano trovare i vari presidenti, i vari gestori dei sistemi portuali privi di una sana autonomia gestionale e decisionale. Cosa può fare il sistema portuale di Genova-Savona con la quota percentuale delle risorse del gettito di Iva pari ad appena, come riportato prima a 16,5 milioni di euro; ma ancora peggio cosa potrà in futuro fare il porto di Augusta in cui su un gettito di Iva prodotto dalla movimentazione pari a 1.524.459.665 euro (oltre un miliardo e mezzo di euro) all’Autorità portuale viene trasferito un importo di appena 7.145.965 euro (poco più di sette milioni di euro).

Approfittiamo, quindi, di questa rivoluzione tecnologica e di questo radicale cambiamento della stessa supply chain, cambiamento generato da una rivisitazione sostanziale del controllo dell’intero sistema logistico portuale, per inserire possibilmente nel prossimo Disegno di legge collegato alla Legge di Stabilità 2022 questo respiro strategico che attualmente le nostre Autorità portuali non hanno.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole


di Ercole Incalza (*)