De profundis per le politiche monetarie

Di recente il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, ha annunciato le dimissioni dalla Banca centrale tedesca dove ha lavorato per una decina d’anni. Weidmann sarà ricordato come il maggiore oppositore delle politiche monetarie di Mario Draghi quando presiedeva la Banca centrale europea, criticandolo tuttavia per la ragione sbagliata. Weidmann credeva che la politica monetaria espansiva innescasse un’inflazione fuori controllo. Ma l’inflazione non è un fenomeno unidimensionale creato da un semplice aumento dello stock monetario. L’inflazione è determinata da un concorso di cause che la portano sempre a mescolarsi con la deflazione. Brevemente: affinché ci sia inflazione, si deve avere prima un boom economico in cui il pubblico spende liberamente e questa è inflazione da domanda. Quando però, come ultimamente, l’inflazione si verifica in assenza di crescita ciò avviene a causa di strozzature nell’offerta che fanno aumentare solo i costi e il fenomeno si chiama stagflazione. La continua tassazione e regolamentazione del Governo poi, consumando una porzione sempre crescente della capacità produttiva e del reddito disponibile nella società, contrae il volume degli affari e finisce per far ristagnare il sistema economico in una perenne deflazione con decrescita e disoccupazione. In questo caso, gli stimoli monetari hanno l’effetto di un defibrillatore su un cadavere. Questo è quello che è successo e continuerà a succedere in Europa, contrariamente ai timori di Weidmann.

L’idea di innescare l’inflazione semplicemente aumentando l’offerta di moneta e creare un boom, presumendo che l’economia sia composta da bambini che spendono i soldi senza riguardo per il domani, è la più stupida che la Bce potesse immaginare. Quando le persone vivono nell’insicurezza e non hanno fiducia nel futuro, non spendono il denaro ma lo accumulano. L’imposizione di interessi negativi sulle riserve delle banche (i depositi che hanno presso la Banca centrale) per spingerle a prestare il denaro “ozioso” e far ripartire l’economia, è figlia proprio di questa stupida idea. Creando l’aspettativa di un’implosione dell’intero sistema finanziario, i tassi negativi sono stati la campana a morto per i capitali europei involati in luoghi più sicuri e remunerativi. È così che le banche europee investendo sul dollaro, che rendeva più dell’euro, ne hanno determinato il rialzo mettendo però in difficoltà il resto del mondo che ha una forte esposizione nella principale valuta di riserva ma ha redditi per pagarla espressi in valute relativamente molto più deboli. Indirettamente, la politica monetaria europea è pure riuscita a esportare deflazione nel resto del mondo! Tutto ciò era già stato previsto cinque anni fa su queste colonne nel nostro articolo “Al collasso con euro debole e dollaro forte”.

In presenza di una crisi da debiti sovrani la politica monetaria, lungi da dare impulso all’economia, è servita da cortina fumogena per tenere in vita governi e i loro addetti ai lavori, lasciando intatti gli impedimenti strutturali alla crescita. L’acquisto, a qualunque prezzo, di grandi quantità di obbligazioni di Stato che sono la base per la determinazione del prezzo di tutte le altre attività finanziarie, privandole del loro contenuto informativo, ha eroso il rapporto rischio-rendimento e portato a gravi distorsioni nella forma di bolle finanziarie. Così la politica monetaria ha contribuito a fermare il motore della crescita della produttività globale.

Weidmann, soprattutto, avrebbe dovuto avvertire che la politica dei rendimenti negativi avrebbe reso la Banca centrale l’unico acquirente del debito europeo disattivando, di fatto, il mercato obbligazionario. L’Eurozona, infatti, non potrà più raccogliere denaro senza alzare i tassi di interesse e senza far collassare di colpo i mercati finanziari. Che valore ha una moneta che non paga più interessi sul debito? Sono forse i privati a comprare il debito dell’Argentina? No, perché non ne hanno fiducia. Lo può comprare solo il Fondo monetario internazionale. I privati comprano forse il debito del Venezuela? No, solo la Cina e Russia possono perché si fanno ripagare il debito col petrolio. Il debito in euro sarà comprato solo dalla Bce. Mario Draghi ha dunque “salvato” la moneta unica non più di quanto il Fondo monetario abbia salvato e continui a salvare il peso argentino.

Nessun grado di monetizzazione, ora, può invertire l’implosione economica e l’unico motivo per cui i tassi di interesse potrebbero aumentare è con la conversione simultanea del debito in perpetuo, il che significa che l’unica via d’uscita che si prefigura per i governi è quella di dichiarare che pagheranno solo interessi come una rendita senza restituzione del capitale. Ciò consentirà loro di sfuggire all’inevitabile default formale. Uno swap di valuta digitale consentirà quindi la scusa perfetta per cambiare la struttura della moneta comune. Tale è il progetto allo studio della Bce e, se attuato, segnerà la fine del paradigma delle politiche monetarie. L’idea del potere onnipotente della Banca centrale è stata a lungo un cliché nei mercati finanziari che ha convinto investitori, politici e cittadini delle sue infinite risorse per piegare l’economia alla sua volontà ma da un decennio abbiamo avuto solo il miraggio dell’espansione economica. Eppure, qualcuno ha beneficiato delle politiche monetarie. Persone ricche o persone povere? Ovviamente, quelle ricche perché sono loro a possedere patrimoni cospicui. Ma questo sta portando a conseguenze politiche enormi che fino a oggi si sono fatte sentire solo in parte.

Poiché i prezzi delle attività finanziarie sono aumentati molto più rapidamente dei salari, la persona media è rimasta indietro. Questo minaccia lo status quo politico, perché solo la crescita economica, che agisce come l’alta marea sollevando tutte le barche, può ridurre la disuguaglianza. Ma se i prezzi delle attività finanziarie aumentano molto più velocemente dell’economia come avviene oggi, l’aumento della disuguaglianza diventa esponenziale. E allora? Stiamo avvicinandoci al collasso definitivo della fiducia pubblica e questo va ben oltre la portata delle Banche centrali, i cui massicci tentativi di intervento non serviranno più a nulla. Siamo già entrati in un territorio inesplorato, che rappresenta le paure più oscure delle persone, perché nessuno sa nulla dei prossimi scenari.

Aggiornato il 05 novembre 2021 alle ore 09:43