Buia (Ance): la crescita si misura in cantieri, non in carte

L’assemblea generale dell’Associazione nazionale costruttori edili (Ance) svoltasi il 28 ottobre scorso, ha rappresentato, a mio avviso, una vera soluzione di continuità tra un passato, in cui le richieste del mondo delle imprese di costruzione erano legate al contingente, erano legate al superamento di determinate criticità, ed un momento, quello attuale, in cui il presidente Gabriele Buia ha sollevato due precise argomentazioni:

– Il respiro programmatico oltre il Pnrr.

 – La certezza delle scelte e la relativa attuazione.

 In merito al primo punto riporto di seguito un passaggio del presidente Buia in cui emerge in modo chiaro un tema che, escluso l’intervento del presidente del Consiglio Mario Draghi in occasione della presentazione dello stesso Pnrr, non aveva visto finora una chiara esplicitazione. Buia in particolare ribadisce:

“Stiamo utilizzando il treno del Pnrr per salire in corsa e cercare di accelerare processi di cambiamento e di spesa che erano incagliati da anni. Occorre però dimostrare di saper diventare un Paese normale in cui lavorare, abitare e vivere. Che succederà dopo il 2026? Torna tutto come prima? vediamo troppe norme con una scadenza, troppi provvedimenti pensati a uso e consumo del Pnrr. Non possiamo ancora una volta legiferare con il fiato corto; occorre mettere in campo strumenti e risorse duraturi e costanti. Il Pnrr deve essere la molla per una crescita che dopo il 2026, grazie a tanti strumenti messi in campo, dovrà essere ancora più propulsiva. Non possiamo accontentarci di una fiammata. Bisogna avere il coraggio di cambiare”.

In merito al secondo punto, quello legato alla certezza ed alla attuazione delle scelte, Buia ha detto “la crescita si misura in cantieri, non in carte”. L’Ance, negli ultimi dieci anni ha praticamente perso 120mila imprese e 600mila addetti, quindi non crede più nelle “certezze” dichiarate ma solo nelle “certezze” attuate. A tale proposito non posso non ricordare al presidente Buia che forse avrebbe fatto bene a denunciare in modo più forte e più incisivo le inadempienze dei Governi che si sono succeduti negli ultimi sei anni; sì dei Governi che, con l’assurdo strumento del Codice Appalti, avevano praticamente bloccato l’intero comparto delle costruzioni. Addirittura io avevo proposto, con un mio articolo proprio su questo giornale, al presidente Buia, nell’Assemblea dell’Ance del 2019, di ascoltare senza intervenire l’intervento dell’allora ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli; a mio avviso, infatti, ricordai a Buia che era inutile parlare con interlocutori istituzionali che per sei anni avevano compromesso la crescita di un motore chiave della crescita dell’intero Paese.

Ebbene, per essere in una nuova fase, per essere usciti davvero dal tunnel del nulla che aveva caratterizzato soprattutto gli ultimi sei anni di gestione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ed in fondo anche dei Governi che si sono succeduti, in modo particolare nei tre anni dei Governi Conte I e Conte II, occorre che l’Ance, che con il comparto delle imprese di costruzione garantiva fino al 2014 il 12 – 14 per cento di Pil, sia attenta controllore proprio della coerenza tra “volontà a fare” e “fare”, tra dichiarazione strategica e messa a terra delle strategie. In realtà non sarà facile tornare a quella soglia di partecipazione al formazione del Pil, una soglia che in soli sei anni è scesa a livelli davvero esigui e ciò non a causa del Covid.

Io chiedo però proprio all’Ance di assumere un altro impegno: perseguire un preciso obiettivo nei confronti del Mezzogiorno; utilizzo in proposito e ripeto la stessa frase del presidente Buia: “la crescita si misura in cantieri” ed allora sarà opportuno che l’Ance chieda al ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili ed alla ministra del Sud e della Coesione territoriale, di non aspettare il 2026, ma denunciare sin da ora quanti e quali cantieri si apriranno nel Sud entro il 2022; l’Ance non chieda la stessa cosa per il Centro Nord perché il Centro Nord, soprattutto per il Nord del Paese, i cantieri sono già aperti da tempo. E soprattutto chieda al ministro Giovannini e alla ministra Mara Carfagna di utilizzare nelle loro esternazioni il passato prossimo “abbiamo fatto” e non il futuro “faremo”.

Insisto, non ritengo sufficiente conoscere l’impegno nell’allocare le risorse alle varie Amministrazioni preposte alla gestione degli interventi, non ritengo sufficienti le assicurazioni sul mantenimento dei tempi dettati dal Pnrr. Dobbiamo, come ribadito dall’Ance andare oltre il 2026, altrimenti il Pnrr non rappresenterebbe una soluzione di continuità, dobbiamo in realtà cambiare il modo di apprezzare il comparto delle costruzioni, non è assolutamente il brodo in cui vive e cresce la malavita come più volte denunciato dal Movimento 5 Stelle, in proposito consiglio di leggere un ottimo saggio del professor Beniamino Caravita che, utilizzando i dati di una ricerca dell’Eurispes, denuncia la totale distonia tra corruzione esistente e percezione del fenomeno (fatto 100 il numero di procedimenti penali iniziati giungono a condanna meno dell’8 per cento); non è assolutamente un comparto disomogeneo fatto di imprese valide al Nord e di imprese mediocri nel resto del Paese ma è composto da una diffusa ed incisiva qualità imprenditoriale; è un comparto, quello delle costruzioni, che produce eccellenze (ricordo che le tecniche di progettazione e di realizzazione più avanzate sono, per una parte rilevante, prodotte da imprese italiane nel mondo).

Sarebbe già un risultato apprezzabile se fra soli sei mesi l’Ance effettuasse un tagliando sull’avanzamento del programma del Governo, sia sul Pnrr, sia sul Programma complementare, sia sul Programma del Fondo sviluppo e coesione 2014 – 2020 relativo alle opere non impegnate, sia del Programma dei Fondi strutturali comunitari 2021 – 2027; se l’Ance effettuasse cioè un tagliando su l’avanzamento di interventi coperti da un volano di risorse pari ad oltre 350 miliardi di euro e in tale occasione misurasse la distanza tra impegno programmatico ed avvio reale della spesa, tra descrizione cartacea delle volontà e cantieri realmente aperti o di prossima apertura. Un tagliando doloroso ma utilissimo soprattutto se si vuole definire il momento storico che stiamo vivendo come una vera occasione di soluzione di continuità e se si vuole misurare quanto sia vera la voglia di cambiare l’approccio di quella che solo a voce e, purtroppo, da sempre chiamiamo la politica del Mezzogiorno.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 10 novembre 2021 alle ore 10:34