Il predominio mondiale del dollaro è alla fine?

venerdì 29 aprile 2022


È curioso che il più stretto alleato degli Stati Uniti in Medio Oriente, Israele, che versa dollari nelle finanze dello Stato ebraico su base annuale, si sia reso conto del rischio di avere solo dollari ed euro e si sia ora mosso per aggiungere lo yuan cinese al suo portafoglio di valute di riserva, con l’intenzione di cominciare a creare una copertura contro il rischio di follia da parte dell’Amministrazione statunitense ed europea, che spingono verso la guerra mondiale. L’aggiunta dello yuan servirebbe a ridurre automaticamente l’esposizione al dollaro e soprattutto all’euro sottoposto a nuove enormi pressioni di vendita, dopo che i politici europei si sono mossi per un nuovo ordine mondiale “verde” decenni prima di avere qualsiasi sostituto ai combustibili fossili.

Allo stesso modo, l’Arabia Saudita ha accettato di quotare il petrolio anche in yuan come alleata petrolifera con Cina e Russia. Si è resa conto che l’Amministrazione di Joe Biden sta distruggendo l’economia mondiale solo per aver trasformato un sistema neutro, come la rete di pagamenti internazionali Swift, in uno strumento politico sanzionatorio, ponendo fine alla globalizzazione dei mercati finanziari globali. Ciò ha spinto la Cina a accelerare a tutto vapore l’implementazione di un suo sistema di pagamenti concorrente. Perfino Israele, alleato degli Stati Uniti, sta cercando di rendersi gradualmente indipendente dal sistema attuale. La realtà è che tutto l’investimento di capitali a livello internazionale è a rischio per l’instabilità geopolitica tra Stati Uniti, Russia e Cina che fino a pochi anni fa non esisteva e che oggi ha il potenziale per minare l’architettura finanziaria e monetaria esistente basata sul dollaro. A tal proposito, il Fondo monetario internazionale ha avvertito che le recenti sanzioni finanziarie imposte alla Russia, per la sua invasione dell’Ucraina, stanno minacciando di indebolire il predominio del dollaro statunitense come valuta mondiale.

Ma prima che finisca il predominio mondiale della valuta americana passerà qualche tempo perché, contrariamente a quanto afferma il Fondo monetario internazionale, il trend del dollaro al rialzo continua imperterrito proprio a causa dell’instabilità geopolitica che spinge i capitali verso un porto percepito ancora come sicuro. Quando si scatena il panico, nel mercato valutario non c’è alternativa al dollaro. Il suo stato di riserva è creato dal fatto che i capitali internazionali possono essere parcheggiati nel debito degli Stati Uniti, ancora senza rischio. Il motivo per cui il dollaro è la valuta di riserva leader nel mondo è, appunto, l’esistenza di un mercato obbligazionario liquido molto ampio denominato in questa valuta. Gli investitori possono acquistare titoli del Tesoro a trenta, dieci anni o trenta giorni. Questo mercato obbligazionario profondo e liquido, denominato in dollari, è necessario per fornire il mercato dei prestiti di un collaterale affidabile e di qualità. Il che non succede per altre valute come, ad esempio, il debito europeo ormai acquistato solo dalla Banca centrale europea perché illiquido.

Chiunque, poi, può emettere obbligazioni nella valuta globale, cosa impossibile ad esempio con la valuta giapponese, lo yen, strettamente controllata dal Governo. L’India non emette obbligazioni in rupie né il Brasile in real e in genere tutti i Paesi emergenti emettono obbligazioni nella valuta statunitense, perché il mercato non si fiderebbe di valute poco liquide. Altro motivo per cui il biglietto verde è rimasto valuta di riserva è che gli Stati Uniti, diversamente dall’Europa, non hanno mai cancellato le proprie banconote: quelle da cento, mille, 5mila e 10mila dollari, emesse dal 1934, hanno ancora corso legale.

Tuttavia, c’è un grosso problema con il dollaro. I capitali che si stanno riversando sulla valuta di riserva, spingendola sempre più verso l’alto, non solo danneggiano l’economia statunitense dal punto di vista delle esportazioni ma creano forti pressioni deflazionistiche soprattutto nei Paesi emergenti, che saranno costretti a rifinanziare il proprio debito in una valuta sempre più forte che li metterà tutti a rischio di inadempienza. La conseguente contrazione della disponibilità di dollari – e quindi della liquidità globale – spingerebbe la valuta di riserva ancora più in alto. Sarà l’innesco di questo ciclo di panico, combinato con la situazione geopolitica corrente, a porre fine al sistema monetario internazionale così come lo conosciamo e quindi al dollaro come valuta di riserva. La de-dollarizzazione mondiale non avverrà nel breve termine ma, secondo noi, dopo la fine di questo disgraziato ventennio quando, forse, la capitale finanziaria del mondo si sposterà in Cina e lo yuan assumerà lo scettro di valuta globale.

Per il dollaro avverrà come per la sterlina britannica al tempo della Guerra civile americana. Il forte rialzo dell’allora moneta di riserva esportò la deflazione in tutto l’Impero britannico, provocandone la disgregazione attraverso movimenti separatisti. Uno dei più importanti fu quello del Canada che ottenne l’indipendenza nel 1867. Con la seconda grande ondata di separatismi, arrivata alla fine della Seconda guerra mondiale, anche l’India ottenne l’indipendenza nel 1947. Gli Stati Uniti correranno il rischio di frantumarsi a causa di condizioni economiche simili che, a loro volta, alimenteranno battaglie ideologiche e politiche tra sinistra e destra e ci sarà un’alta probabilità che si separino in gruppi regionali. Questo, oggi, può sembrare irrealistico. Ma sembrava irrealistica, allora, anche la disgregazione dell’Impero britannico sul quale, come si diceva, il sole non sarebbe mai tramontato.


di Gerardo Coco