Mezzogiorno: il fallimento della Legislatura

mercoledì 24 agosto 2022


Unico tema che sicuramente non farà comodo invocare come esempio nel bilancio delle cose fatte in questa Legislatura è il Mezzogiorno perché in questi anni, in realtà, almeno per il comparto delle infrastrutture, non si è fatto nulla. Sicuramente sia la senatrice Barbara Lezzi, sia Giuseppe Provenzano, sia infine l’onorevole Mara Carfagna non condivideranno una simile mia denuncia e saranno pronti a raccontare quella serie di atti che hanno, quantomeno, garantito la redazione di appositi Piani di rilancio e l’avvio di iniziative che hanno salvaguardato il mantenimento delle risorse, di quelle previste all’interno del Bilancio ordinario, di quelle del Pnrr e di quelle inserite nel Fondo di Coesione e di Sviluppo.

I tre ministri che si sono succeduti dal 2018 a oggi all’interno di tre distinte compagini – la prima quella del Governo Conte 1, la seconda quella del Governo Conte 2 e la terza quella del Governo Draghi – hanno, senza dubbio, sensibilizzato al massimo l’attenzione sull’emergenza Mezzogiorno ma non sono riusciti a “spendere” risorse per la realizzazione di nuovi assi infrastrutturali, di nuovi nodi strategici. Interessanti Piani, interessanti incontri e, addirittura, convegni in cui sono stati coinvolti le massime cariche dello Stato, tra cui anche il Presidente della Repubblica, interessanti impegni a garantire percentuali sempre più rilevanti del valore globale delle risorse stanziate: una vera gara fatta non solo dai tre ministri prima richiamati ma anche da altri, come il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Paola De Micheli e il ministro, sempre delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, Enrico Giovannini. Addirittura una gara che è passata dalla soglia del 40 per cento fino a raggiungere il 60 per cento e, in una dichiarazione dell’ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, superare anche il 70 per cento.

Ebbene, questo interessante quadro mediatico è rimasto solo mediatico”. Cioè, solo il tipico racconto di chi ha ritenuto il Mezzogiorno sempre una grande realtà da non dimenticare perché portatrice di un rilevante bacino elettorale e, soprattutto, di una realtà territoriale ricca di esigenze infrastrutturali e, al tempo stesso, con gravi indicatori socio-economici. Ho ricordato sempre il primo cancro, la prima negatività che i tre ministri del Sud e della Coesione territoriale, prima richiamati, hanno dovuto affrontare e cioè quello della mancata attuazione del Programma previsto dal Fondo di Sviluppo e Coesione 2014-2020 pari a 54 miliardi di euro. Dico mancata attuazione perché il vero indicatore è – e rimane – solo uno: la reale spesa e, purtroppo, la reale spesa non ha superato in sette anni il 6-7 per cento, cioè appena 4 miliardi di euro. Ma la cosa più grave che dei 54 miliardi sono stati impegnati solo 24 miliardi di euro e entro il 31 dicembre del 2023 dobbiamo impegnare e spendere i restanti 30 miliardi di euro.

In modo sistematico, dall’inizio di questa legislatura ho ricordato questo dato, questa scadenza e più volte ho richiamato le denunce fatte da Marc Lemaître, direttore della Politica regionale e urbana della Unione europea. Denunce formali fatte anche in Assemblee internazionali in cui il nostro Paese ha subito due messe in mora davvero gravi: una legata al mancato versamento globale della quota del 50 per cento del Fondo e l’altra relativa all’incapacità della spesa. Le mie denunce, giustamente, non sono state neppure prese in considerazione. La cosa grave è che neppure quelle del direttore Lemaître lo siano state. E questo ha pesato negativamente nella definizione delle risorse del Fondo di Sviluppo e Coesione 2021-2027.

Se effettuiamo un approfondimento sulla spesa realmente attivata dei 30 miliardi del Fondo 2014-2020, scopriamo che poco, forse nulla, si è fatto. E questa è la prima grave responsabilità di chi ha ricoperto ruoli così determinanti proprio per la definizione delle scelte programmatiche e per la reale attuazione delle stesse. Poi, soprattutto con l’arrivo del Pnrr, i ministri Provenzano e Carfagna si sono trovati di fronte a due distinte finalità: definire le opere e dare concreto avvio alle progettazioni e alle realizzazioni. Ricordo che, solo per il comparto delle ferrovie, le opere del Pnrr ubicate nel Mezzogiorno sono le seguenti (vedi scheda).

Ho volutamente preso come riferimento le opere del comparto ferroviario perché rappresentano, per circa il 60 per cento, l’intero impegno delle grandi infrastrutture nel Mezzogiorno. Il resto riguarda interventi nelle realtà urbane e in alcune dighe. Quindi, le opere infrastrutturali nel Mezzogiorno si attestano su un valore di 13 miliardi di euro a cui vanno aggiunti 9,4 miliardi del Piano nazionale per gli investimenti complementari da assegnare alla realizzazione dell’asse ferroviario dell’alta velocità Salerno-Reggio Calabria. Pertanto, su un volano globale di infrastrutture per il Mezzogiorno pari a circa 23 miliardi di euro, dopo due anni dalla definizione del Pnrr e dello stesso Pnc (Piano nazionale complementare), allo stato sono stati assegnati lavori solo per circa 1,9 miliardi di euro e sempre relativi ad opere già avviate a realizzazione come l’asse ferroviario dell’alta velocità Napoli-Bari.

Ora nascono spontanee alcune considerazioni:

– dei 209 miliardi del Pnrr più 30,5 miliardi del Pnc, cioè del valore globale di 239,5 miliardi di euro, per infrastrutture nel Sud sono state previste solo circa 23 miliardi di euro;

– dopo due anni di questo volano di risorse si è attivato solo un importo di circa 1,9 miliardi e speso finora nulla.

Sono vere denunce rivolte non solo a chi ha gestito il dicastero del Mezzogiorno ma anche a chi ha avuto un ruolo nel dicastero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili. Sicuramente, ascolteremo e apprezzeremo, con grande interesse, la serie di iniziative da loro intraprese in questa legislatura. Ma tutto quello che si è fatto o si è tentato di fare in concreto non ha consentito l’apertura di nuovi cantieri, non ha prodotto e forse non produrrà nel breve termine risultati misurabili. Quindi, ripeto, nel bilancio delle cose fatte questa assenza di risultati non credo possa essere apprezzata proprio da chi ha vissuto – e da chi vive – questo vuoto di concretezza nel Mezzogiorno.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole


di Ercole Incalza (*)