Una due diligence sui conti pubblici italiani

lunedì 5 settembre 2022


Il Governo che si insedierà dopo le elezioni del 25 settembre si troverà una situazione dei conti pubblici che limiterà – è un eufemismo – la possibilità d’intervento del nuovo Esecutivo a sostegno delle imprese e delle famiglie italiane.

Tutto quello che è stato concesso al Governo giallo-rosso e al presidente del Consiglio, Mario Draghi, sarà precluso all’eventuale Esecutivo di centrodestra. Per quanto si sforzerà Forza Italia di trovare sponda nel Ppe (Partito popolare europeo), il trattamento di Bruxelles nei nostri confronti non sarà tenero. Il primo a spiegare che cosa succederà nell’immediato futuro è stato il presidente francese, Emmanuel Macron: “È finita l’era della abbondanza e della spensieratezza”. Tradotto: è terminato il periodo delle vacche grasse.

Il debito pubblico italiano nella diciottesima legislatura è cresciuto di oltre 430 miliardi di euro, sia in termini nominali che rispetto al Pil. L’esplosione del debito pubblico in tutta Europa è stata resa possibile dalla necessità di sostenere l’economia a causa della pandemia da Covid-19. I “ragionieri” custodi dell’ortodossia dei “Paesi frugali,” se hanno tollerato gli scostamenti di bilancio rispetto ai parametri fissati a Maastricht, ritorneranno prepotentemente a mettere l’Italia all’indice. Un altro significativo problema che dovrà affrontare il nuovo Esecutivo è la continua crescita dei tassi d’interesse che farà ulteriormente lievitare il costo del servizio del debito pubblico italiano. Gli interessi pagati dallo Stato, secondo una stima dell’Istat nel 2021, sono stati superiori a 63 miliardi di euro, con tassi di mercato decisamente più bassi rispetto al 2022. Il presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, non sosterrà più il nostro debito sovrano con gli acquisti massicci previsti dal Quantitative easing. È stato introdotto un nuovo strumento d’intervento, ancora non meglio precisato e comunque lontano dalle possibilità del Quantitative easing stesso.

Gli Hedge fund si stanno preparando da tempo per speculare al ribasso sui nostri Btp (Buoni poliennali del tesoro). Una rigorosa due diligence (verifica dei dati di bilancio) diventerebbe un’operazione di trasparenza e di verità sulla reale situazione finanziaria del Paese. La verifica – attenta e puntuale – dei dati di bilancio dovrà essere affidata a una commissione indipendente di tecnici, di riconosciuta autorevolezza e competenza. La due diligence permetterà all’Esecutivo di individuare le criticità e di capire come intervenire per attuare una politica di rientro del debito entro limiti fisiologici. Una vera e propria revisione della spesa, non gli slogan relativi alla cosiddetta spending review.

Gli operatori sui mercati finanziari basano le loro decisioni d’investimento sulle aspettative. Una politica orientata al risanamento delle finanze pubbliche innescherebbe un circuito virtuoso e “taglierebbe le unghie” ai tentativi di speculazione sul nostro debito sovrano. Fatta salva la spesa pubblica incomprimibile in settori chiave come la sanità, l’istruzione e un vero welfare, occorre effettuare sin dall’inizio della legislatura una revisione della spesa clientelare e improduttiva, con l’eliminazione di provvidenze e agevolazioni fiscali che premiano alcuni a danno degli altri contribuenti. Le risorse che si renderanno libere potranno essere impiegate per una pedissequa riduzione del carico fiscale fino all’obiettivo di una aliquota marginale applicata per tutti i contribuenti. Basterebbe attuare il dettato dell’articolo 81 della Costituzione: “Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenuto conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico. Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali. Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte”.

In definitiva, è possibile conciliare la riduzione dell’imposizione fiscale se si agisce parallelamente sulla spesa!


di Antonio Giuseppe Di Natale