Un consiglio al ministro Giovannini: passare il testimone

Non era possibile annunciare l’apertura di nuovi cantieri, sia perché in oltre diciotto mesi non se ne è aperto neppure uno, sia perché tutti i progetti inseriti nel Pnrr sono ancora nella fase pre-progettuale, cioè nella fase della intuizione e solo alcuni prossimi al bando di gara; in tutti i modi lontani dalla cantierizzazione. Non era possibile annunciare nuove riforme perché in 18 mesi sono state annunciate e in parte portate a termine, tuttavia quelle fondamentali come il Codice degli appalti sarà definitivamente pronta solo alla fine del 2023. Non era possibile annunciare l’avanzamento delle opere in corso come ad esempio il collegamento ferroviario ad alta velocità Verona-Vicenza-Padova o Genova-Milano (Terzo Valico dei Giovi) o il nuovo tunnel ferroviario Torino-Lione e quello del Brennero, perché tali opere erano state avviate nel 2010 grazie alla Legge Obiettivo.

E allora per poter essere presenti e attivi, in modo sistematico e continuo con il mondo mediatico, il ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili Enrico Giovannini ha subito fatto sapere che “Quattro anni e in strada cambierà tutto. Usare la bici sarà la norma”. Una dichiarazione sicuramente d’effetto e continuando a leggere le sue dichiarazioni rilasciate in una intervista pochi giorni fa apprendiamo: “Di nodi difficili da far digerire a chi è abituato alla vecchia idea di mobilità ce ne sono parecchi. Non si tratta solo di sostituire ad esempio i mezzi a benzina con quelli elettrici e un domani a idrogeno, ma di cambiare il modo di spostarci. E questo ha a che fare anche con la qualità del trasporto pubblico, che in alcune città deve fare molti passi in avanti. Il secondo elemento è la intermodalità, ovvero poter andare dal punto A al punto B usando diversi mezzi veloci e sostenibili, dalla metropolitana alla bicicletta elettrica, così da poter rinunciare all’uso della propria auto. Con i fondi del Pnrr stiamo sostenendo questa trasformazione attraverso un primo bando per realizzare il programma Mobility as a service che è stato vinto da Roma, Milano e Napoli e un secondo andato a Torino, Firenze e Bari. Si stanno lanciando app attraverso le quali tutti i sistemi di trasporto sono integrati e si possono usare con biglietti unici”.

Leggendo queste dichiarazioni si rimane senza dubbio interessati al processo che il ministro, giustamente, intende avviare ma, al tempo stesso, si rimane sconcertati di fronte al fatto che finora c’è stata solo, come dicevo prima, una sistematica azione mediatica, un riportare sempre l’elenco delle azioni programmatiche, una ricchezza delle proposte inserite nel Documento di economia e finanza, un impegno ad assicurare risorse per il rilancio delle ferrovie, per il rinnovo dei mezzi del trasporto pubblico e per la modalità ciclistica. E tutto questo rilevante impegno programmatico, che in questi diciotto mesi non ha visto alcuna trasformazione concreta e misurabile, deve concludersi entro e non oltre il 31 dicembre del 2026.

Non voglio assolutamente mettere in dubbio l’impegno e la buona fede del ministro nel credere in questa sua linea strategica, o meglio, in questo articolato sistema di linee strategiche, però forse in un momento in cui è necessario rispondere con urgenza, ad esempio, alle esigenze della mobilità delle persone nelle grandi aggregazioni urbane si scopre che le uniche metropolitane con i lavori in corso sono quelle della Linea M4 a Milano e parzialmente quella della Linea 1 di Napoli, cioè trattasi di reti metropolitane avviate la prima nel 2013 e la seconda nel 2007 grazie sempre alla Legge Obiettivo.

In questi diciotto mesi non è partita la Linea C di Roma, non è partita la metropolitana di Torino, non è partito a Roma l’anello ferroviario che tra l’altro fa parte delle opere urgenti da completare entro il 31 dicembre del 2024 per il Giubileo. Ma non sono partiti neppure i lavori dei collegamenti veloci ferroviari e metropolitani tra l’aeroporto di Tessera e Venezia, tra l’aeroporto di Fiumicino e la stazione Termini a Roma.

Potrei continuare a elencare gli interventi che, rivestendo un ruolo chiave proprio nei processi di mobilità all’interno delle grandi aree metropolitane, sono invece fermi alla fase pre-progettuale. Invece l’unica attività, come più volte raccontata dallo stesso ministro, è stata quella di dimostrare la disponibilità delle risorse e l’assegnazione delle stesse alle amministrazioni preposte alla spesa; ma questo ruolo, questa attività la conoscevamo sin dall’estate del 2020 quando l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte ci comunicò, addirittura, che entro il dicembre del 2020 sarebbe arrivato un primo acconto di 20 miliardi dalla Unione europea perché per quella data saremmo stati in grado di far partire determinate opere e aprire nuovi cantieri.

Quindi, siccome non credo che il ministro Giovannini si candidi, in questi sessanta giorni che ci separano dal 13 ottobre (data in cui si insedierà il nuovo Parlamento), il ministro ci racconti almeno il perché della mancata apertura di cantieri in questi diciotto mesi e il perché del suo atteggiamento critico nei confronti di un’opera che sono sicuro, anche per sua diretta responsabilità, non si realizzerà mai più e cioè quella del collegamento stabile sullo Stretto di Messina. Sicuramente il ministro dirà che è suo merito se si è dato il via a uno Studio di fattibilità; io però ricordo al ministro che in tale studio, su sua precisa richiesta, è contemplata anche la “ipotesi zero”, cioè è contemplato l’obiettivo di tutti coloro che come il ministro sono contrari all’opera e sono certamente non interessati alla crescita del Mezzogiorno. Lo so, sessanta giorni per fare un sano esame di coscienza sono pochi, ma penso sia utile e indispensabile passare il testimone in autunno ammettendo, una volta tanto, anche i propri errori.

(*) Tratto da Le Stanze di Ercole

Aggiornato il 08 settembre 2022 alle ore 11:26