Istat: aumentato rischio povertà per coppie con figli nel 2021

Il reddito netto medio delle famiglie nel 2020, anno della pandemia, è 32.812 euro con gli interventi di sostegno (reddito di cittadinanza e altre misure straordinarie) che ne limitano il calo (-0,9 per cento in termini nominali, -0,8 per cento in termini reali).

Questo quanto evidenziato dall’Istat, che rimarca come, rispetto al 2007, anno precedente la crisi economica, è inferiore del 6,2 per cento. L’Istituto nazionale di statistica, peraltro, rimarca che “la perdita complessiva rispetto ai livelli del 2007 resta decisamente più ampia per i redditi familiari da lavoro autonomo (-25,3 per cento in termini reali) rispetto ai redditi da lavoro dipendente (-12,6 per cento), mentre i redditi da capitale mostrano una perdita del 15,6 per cento, in gran parte attribuibile alla dinamica negativa degli affitti figurativi (-18,1 per cento in termini reali dal 2007)”. Tra l’altro, per i redditi netti da pensioni e trasferimenti pubblici si segnala un aumento dal 2007 del 10 per cento.

Osservando le persone a rischio povertà, cioè quelle con un reddito netto equivalente che è inferiore al 60 per cento di quello mediano (quindi 10.519 euro) e non pure ai nuclei con una bassa intensità lavorativa o quelli in una situazione di deprivazione materiale, nell’anno passato il dato tocca il 20,1 per cento delle persone residenti in Italia (quasi 11 milioni e 800mila individui). A livello nazionale, la quota resta – bene o male – stabile nel confronto coni due anni precedenti (20 per cento e 20,1 per cento rispettivamente nel 2020 e nel 2019), con un miglioramento nel Mezzogiorno e al Centro e un aumento del rischio di povertà nelle ripartizioni del Nord.

Il 5,6 per cento della popolazione (circa 3 milioni e 300mila individui) è in condizioni di grave deprivazione materiale, nel senso che presenta almeno quattro dei nove segnali di deprivazione individuati dall’indicatore Europa 2020; un valore che risulta più basso rispetto a quello dei due anni precedenti (5,9 per cento nel 2020 e 7,4 per cento nel 2019). A seguire, l’11,7 per cento degli individui si trova in famiglie a bassa intensità di lavoro, con componenti tra i 18 e i 59 anni che hanno lavorato meno di un quinto del tempo, percentuale in aumento rispetto all’11 per cento dell’anno precedente e al 10 per cento del 2019.

La popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale (indicatore composito), stiamo parlando cioè della quota di individui che è in una delle suddette tre condizioni (riferite a reddito, deprivazione e intensità di lavoro), ammonta al 25,4 per cento (circa 14 milioni 983 mila persone), cifra sostanzialmente stabile rispetto al 2020 (25,3 per cento) e al 2019 (25,6 per cento). Il Mezzogiorno resta l’area del Paese con la percentuale più alta di individui a rischio di povertà o esclusione sociale (41,2 per cento), stabile rispetto al 2020 (41 per cento), in diminuzione rispetto al 2019 (42,2 per cento).

Infine, il rischio di povertà o esclusione sociale è più marcato tra gli individui delle famiglie con tre o più figli (41,1 per cento rispetto al 39,7 per cento nel 2020 e 34,7 per cento del 2019), tra le persone sole (30,6 per cento, come nel 2019, e in riduzione dal 31,6 per cento del 2020), soprattutto tra quelle che hanno meno di 65 anni (34,6 per cento contro il 34,4 per cento nel 2020 e 32,4 per cento nel 2019), e nelle famiglie mono-genitore (33,1 per cento invece del al 32,2 per cento del 2020 e al 34,5 per cento del 2019).

Aggiornato il 10 ottobre 2022 alle ore 17:12