Abbiamo letto proprio in questi giorni molti comunicati stampa relativi al convegno internazionale svoltosi a Trieste con il titolo: “L’Italia e i Balcani Occidentali crescita e integrazione”; hanno partecipato a tale convegno sia la presidente Giorgia Meloni che il ministro degli Esteri Antonio Tajani ed hanno ribadito il pressing concreto sulla Unione europea per promuovere l’adesione dei Paesi dei Balcani Occidentali e in tal modo impedire, in una fase delicatissima innescata dalla guerra in Ucraina, che Serbia, Albania, Macedonia del Nord, Bosnia, Montenegro e Kossovo finiscano nell’orbita di Mosca. Senza dubbio questi incontri, questi convegni sono utilissimi ma penso sia anche opportuno, con la massima urgenza, effettuare una attenta analisi su una serie di interventi che, a mio avviso, danno a due dei Paesi prima elencati, in particolare l’Albania e il Montenegro, un ruolo che non solo diventa determinante nelle strategie che il nostro Paese e la Unione europea intendono portare avanti nel bacino del Mediterraneo ma, soprattutto, diventa antitetico e concorrenziale con la offerta portuale del nostro assetto meridionale se non gestito sin da ora con la massima attenzione nelle vari fasi programmatiche che già sono in corso. Cerco, in modo sintetico, di approfondire due episodi o meglio due distinte linee strategiche che testimoniano non solo l’interesse della Russia, della Cina e della Turchia sui due Paesi prima richiamati, cioè il Montenegro e l’Albania, ma anche la scelta di ampliare il ruolo e le funzioni del Mar Nero.

Prima di entrare nel merito dei due Paesi ricordo che geograficamente sono due Paesi che si interfacciano direttamente con realtà territoriali Mezzogiorno del nostro. Ho voluto fare questa precisazione perché saremmo miopi ed irresponsabili se non effettuassimo da subito un capillare monitoraggio sulla serie di azioni che i due Paesi hanno già intrapreso ed a cui un anno fa se ne è aggiunta un’altra azione, intrapresa dalla Turchia che ha ulteriormente fatto crescere il ruolo e la rilevanza strategica sia del Montenegro che dell’Albania. Ed allora approfondiamo prima il caso Montenegro ed in modo particolare soffermiamoci per un attimo sul porto di Bar e sui collegamenti stradali e ferroviari tra il porto e l’intero sistema montenegrino e la città di Belgrado. Nel 2010, il nostro Paese, consapevole del ruolo e della importanza dell’asse ferroviario Bar-Belgrado, avviò, attraverso la Società Italferr la progettazione dell’asse ferroviario Bar-Belgrado; questo asse è lungo 550 Km ed a causa della orografia non facile del territorio attraversato (il tempo di percorrenza supera le 12 ore) veniva utilizzato poco; ricordo tra l’altro che il vecchio tracciato comprendeva 254 tunnel (uno di tali tunnel superava i sei chilometri) e 435 ponti. La Italferr fece il progetto di fattibilità ma dopo un anno arrivarono, in modo ufficioso prima ed ufficiale poi, sia il Governo russo che quello cinese e fecero a gara, negli anni dal 2015 fino al 2021, per ristrutturare il porto di Bar e realizzare sia l’ammodernamento dell’asse ferroviario Bar-Belgrado che l’asse autostradale Bar-Belgrado.

Per quanto concerne invece l’Albania non posso non ricordare che nel 2005, nella redazione delle Reti Trans European Network (Ten-T), fu inserito anche il Corridoio 8; un Corridoio che partiva dalla Puglia, in particolare da Taranto raggiungeva Bari e poi entrava in Albania attraverso il porto di Durazzo e si estendeva fino a Varna e va dato atto proprio al vicepresidente Antonio Tajani, negli anni successivi, nel suo ruolo di Commissario ai Trasporti della Unione europea per l’impegno profuso perché tale Corridoio potesse ottenere apposite risorse comunitarie. Purtroppo non essendo l’Albania membro della Unione europea fu possibile solo riconoscere alcune risorse alla Bulgaria soprattutto per i porti di Varna e di Burgas sul Mar Nero. Ma negli ultimi anni l’Albania ha continuato a credere nella importanza strategica di tale asse e ha effettuato investimenti sia sul porto di Durazzo sia sull’asse viario verso Varna. Veniamo al terzo fatto nuovo nel rapporto tra l’area meridionale del Mediterraneo ed il Mar Nero, mi riferisco al nuovo canale parallelo al Bosforo. Il presidente turco Erdogan ha avviato la costruzione del Canale di Istanbul, che attraverserà parallelamente il Bosforo e collegherà il Mar Nero e il Mar di Marmara. Erdogan ha precisato che si apre una nuova pagina nello sviluppo della Turchia, posando la prima pietra nella costruzione del Canale di Istanbul, che sarà lungo 45 chilometri e avrà una larghezza minima di 275 metri e una profondità di 21 metri. Il Canale verrà completato entro sei anni con un costo stimato di 15 miliardi di dollari. Secondo il presidente turco, il Bosforo sta vivendo una fase di grande stress, visto che sono “45 mila le navi che ogni anno attraversano” il canale. Tre interventi e tre linee strategiche non in un area lontana dalla Unione europea, non in un area lontana dal nostro Paese ma in un quadro geografico praticamente confinante con il nostro Mezzogiorno e, cosa davvero inconcepibile, dal 2015 in poi non abbiamo trovato nessun atto, nessuna iniziativa del nostro Paese capace di diventare interlocutore chiave con questi Paesi proprio nella definizione infrastrutturale dei tre punti di affaccio sul Mediterraneo, due ormai esistenti e quanto prima operativi ed uno, quello relativo al nuovo canale del Bosforo, pronto fra cinque – sei anni.

Più volte ho ricordato la opportunità che i porti della Puglia come Bari, Brindisi e Taranto assumessero un ruolo chiave nella concreta realizzazione di simili iniziative così “rivoluzionarie” per l’assetto del Mediterraneo ed in particolare del nostro Mare Adriatico e, giustamente, più volte i Presidenti delle nostre Autorità portuali hanno ricordato che pur concordando con la importanza strategica di tali scelte la loro “autonomia” aveva dei limiti che non consentivano alcun coinvolgimento sostanziale. Quindi dobbiamo prendere atto che dal 2015 in poi, anni in cui si sono costruite queste condizioni in ambiti territoriali distanti dalla nostra Puglia solo 70 – 150 chilometri, i Governi che si sono succeduti hanno praticamente ignorato queste potenzialità ed hanno regalato, soprattutto alla Cina, un ruolo strategico che sicuramente penalizzerà le rendite di posizione dei nostri porti ubicati nella fascia meridionale. Ben vengano quindi gli impegni assunti dalla presidente Meloni e dal vicepresidente Tajani nel convegno di Trieste e soprattutto speriamo che con l’inserimento nella Unione europea del Montenegro e della Albania sia possibile garantire adeguate risorse al Corridoio 8; addirittura sarebbe auspicabile che già nella ultima versione delle Reti Ten-T in corso di definizione si possa inserire una clausola che precisi: “preso atto dell’imminente inserimento dei Paesi Balcani come la Serbia, il Montenegro e l’Albania nella Unione europea, si inseriscano, come parti essenziali nelle nuove Reti Ten-T, sia il collegamento tra Bari e il porto di Bar, sia la riconferma, dando adeguato supporto anche economico, del Corridoio 8 e al tempo stesso si autorizzino i porti di Bari, Taranto, Brindisi, Bar e Durazzo a costruire un unico Hub logistico”. Lo so è una frase da approfondire e sicuramente da riscrivere ma leggendo le dichiarazioni dei due massimi responsabili del nostro Governo a Trieste sono convinto che l’impegno italiano, sia a portare questi Paesi all’interno della Unione europea, sia a caratterizzare questo nuovo inserimento con proposte progettuali ubicate all’interno delle Reti Ten penso rappresenti un evento finalmente nuovo per un’area del Sud che finora ha svolto un ruolo secondario, anzi non ha svolto nessun ruolo, e che potrebbe diventare una prima tessera di quel “mosaico della crescita” tante volte invocato e mai attuato nel nostro Mezzogiorno.

(*) Tratto da Le Stanze di Ercole

Aggiornato il 04 febbraio 2023 alle ore 11:46