Inps, 500mila posti in più nel 2023

A dicembre 2023 il saldo annualizzato positivo è di più +523mila posizioni di lavoro. Nel 2023 l’Inps ha registrato 8 milioni 175mila nuovi rapporti di lavoro nel settore privato (esclusi i domestici e gli operai agricoli), stabili rispetto al 2022 (+0,3 per cento) e comunque superiori al livello pre-pandemico, vale a dire nel 2019. In flessione, rispetto al 2022, risultano le assunzioni di contratti in somministrazione (-6 per cento), in apprendistato (-5 per cento) e a tempo indeterminato (-3 per cento). Tutte le altre tipologie registrano una leggera crescita: lavoro intermittente +5 per cento, tempo determinato +3 per cento e stagionali +1 per cento. Si registra altresì una lieve flessione per le classi di dimensione aziendale fino a 15 dipendenti (-0,3 per cento) e 100 e oltre (-1 per cento); in crescita invece risulta la classe dimensionale intermedia da 16 a 99 dipendenti (+2,8 per cento). Per quanto riguarda le tipologie orarie, l’incidenza del part time (considerando sia quello verticale che quello orizzontale) è rimasta stabile sia per l’insieme delle assunzioni a termine – incluso apprendistato – (37,4 per cento) che per quelle a tempo indeterminato (32,8 per cento). Lo rileva l’Inps nell’Osservatorio sul precariato dal quale emerge che le trasformazioni da tempo determinato nel corso del 2023 sono risultate 788mila, in aumento rispetto al 2022 (+4 per cento), superiori anche al valore registrato nel 2019. Contemporaneamente le conferme di rapporti di apprendistato giunti alla conclusione del periodo formativo risultano in flessione rispetto al corrispondente periodo del 2022 (-15 per cento): è l’effetto atteso (a tre anni di distanza) della caduta delle assunzioni di apprendisti osservata nel 2020.

Le cessazioni del 2023 – si legge ancora nel report – sono state 7 milioni 652mila, in diminuzione rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (-1 per cento). Concorrono a questo risultato i contratti in somministrazione (-7 per cento), a tempo indeterminato (-5 per cento) e i contratti in apprendistato (-4 per cento). In controtendenza invece risultano i contratti stagionali (+1 per cento), i contratti a tempo determinato (+2 per cento) e quelli di lavoro intermittente (+5 per cento). Per quanto riguarda le cessazioni dei contratti a tempo indeterminato con riferimento alla motivazione della cessazione, si evidenzia una riduzione tra il 2023 rispetto al 2022 dei licenziamenti di natura economica (-10 per cento), dei licenziamenti disciplinari (-10 per cento); modeste risultano le variazioni delle dimissioni (-1 per cento) e delle risoluzioni consensuali (+4 per cento). La quota complessiva dei licenziamenti sul totale dei rapporti a tempo indeterminato conclusi negli anni post pandemici (2022 e 2023) si è aggirata attorno in media intorno al 25 per cento mentre in precedenza (2019) era pari al 33 per cento. Calano i licenziamenti di natura economica nel 2023 che raggiungono quota 523.656 (-6,86 per cento sul 2022).

Aggiornato il 21 marzo 2024 alle ore 18:41