Le ragioni profonde di un grande scandalo

Dopo che si è scoperta l’acqua calda delle super-retribuzioni di molti papaveri della Cisl (in foto il segretario generale del sindacato, Annamaria Furlan), la maggior parte degli operatori dell’informazione sono letteralmente caduti dal pero. I pochi talk-show televisivi di approfondimento politico ancora attivi d’estate, tra cui “In Onda” condotto da David Parenzo e Tommaso Labate, hanno affrontato la questione spinosa come se si trattasse di un epifenomeno. Una sorta di effetto collaterale di una democrazia nella quale, secondo una comune e diffusa illusione, a causare certi guasti è soprattutto la mancanza di trasparenza. Ed è proprio la mitologica glasnost’ che autorevoli osservatori del calibro di Sergio Rizzo, ospite di Parenzo e Labate, continuano ad invocare quale panacea per contenere il citato malcostume. In sostanza, secondo chi crede in codesta illusione, basterebbe mettere on-line le retribuzioni dei sindacalisti, al pari di altre categorie investite di un ruolo pubblico, onde ottenere una decisa moralizzazione, limitando le pretese di questi novelli mandarini.

Ora, senza contare il detto - sempre molto attuale in Italia - secondo il quale “fatta la legge trovato l’inganno”, chi ragiona in questi termini non sembra aver compreso la natura profondamente sistemica del fenomeno. In estrema sintesi, i sindacati tradizionali sono al vertice di quel colossale sistema burocratico-assistenziale che ogni anno redistribuisce altrettante colossali risorse. Ed è pertanto ovvio che i principali soci vitalizi della nostra democrazia acquisitiva, la quale solo sotto il capitolo Inps spende oltre il 20 per cento del Pil, approfittino in prima persona di questo enorme fiume di denaro che passa da un soggetto ad un altro anche attraverso la loro abile opera di intermediazione burocratica.

Pertanto la linea giusta, tanto per cambiare, per ridurre l’inevitabile parassitismo di chi si fa garante del medesimo Stato burocratico e assistenziale, è quella che passa per un ragionevole ridimensionamento di un perimetro pubblico smisurato. In Italia abbiamo senz’altro bisogno di più mercato e meno tutele sindacali, soprattutto se queste sono pagate a peso da una collettività già ampiamente stremata da una tassazione folle.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:13