Implicazioni liberticide della Legge Zan

Non sono molti ad aver colto le implicazioni liberticide dell’articolo 4 della “legge Zan”. Ne conosco due: Pierluigi Battista e Maurizio Crippa. A parte me, ovvio, che all’infausta “legge” ho dedicato già due articoli qui sull’Opinione. Ripassiamolo attentamente quest’articolo 4: “Ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compi­mento di atti discriminatori o violenti”.

Mettiamolo a confronto con l’articolo 21 della Costituzione: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. E completiamo il raffronto con l’articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue: “Ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera”. L’ordine degli articoli rappresenta la gerarchia inversa delle fonti. Cioè: l’articolo 11 prevale sul 21 che prevale sul 4. Detto altrimenti l’articolo 4 deve essere giudicato e, se del caso, interpretato alla luce del 21 e dell’11. Non viceversa, come purtroppo implica la formulazione del 4, che già soltanto perciò sarebbe incostituzionale, se fosse promulgato.

L’articolo 4, Maurizio Crippa l’ha bollato come “fascistissimo”, più per squalificarlo intuitivamente che qualificarlo costituzionalmente. Ma i regimi fascisti e comunisti non erano né sono così pudibondi come il legislatore (in fieri!) italiano. Tappano la bocca e basta. Invece il nostro legislatore non ha deposto il pudore normativo e l’ha adoperato per formulare una norma repressiva con il pretesto della nobile causa. Ma non lo assolvono né la causa né le intenzioni, perché nelle libertà fondamentali (e questa, se me lo concedete, è la libertà fondamentalissima) come nella condotta umana, le intenzioni non garantiscono nulla.

Il “fatte salve” e il “purché idonee” sono cavilli e contorsioni che, a parte il testo così raffazzonato, svuotano la libertà che intendono preservare e che non ha affatto bisogno né di essere protetta né di essere precisata dalla legge ordinaria essendo già garantita in assoluto dalla legge costituzionale. Infatti, quelle condizioni e subordinazioni, quei parametri, consegnano al magistrato un “arbitrium merum” nel giudicare della preziosissima libertà di parola e di stampa. La piena e indiscriminata discrezionalità, essendo incompatibile con l’idea stessa di soggezione alla legge, gli è costituzionalmente preclusa.

Inoltre l’articolo 4 viola anche il principio di uguaglianza (articolo 3 della Costituzione) perché restringe la portata dell’articolo 21, allorché l’esercizio della libertà di manifestazione del pensiero concerna le persone o le qualità appartenenti alle categorie protette dalla “legge Zan”. Come se dicesse che gl’Italiani e gli stranieri (l’articolo 21 riguarda anche loro) hanno piena libertà di parola purché non parlino in un certo qual senso di quelle specifiche categorie, concedendo così ad esse “ope legis” un privilegio legale vietato dalla Costituzione. Un altro aspetto sconcertante sta nel fatto che l’articolo 4 ha pure uno sgradevole carattere allusivo che, mentre pare inconciliabile con la certezza del diritto, sembra pure invertire l’onere della prova.

Nel Regno Unito, dove non esiste una Costituzione formale, l’inesistenza è totalmente a favore della libertà di parola, considerata naturale come respirare, che consente a chiunque di dire ciò che vuole nel rispetto di fattispecie concrete. La reputazione è protetta dall’azione di diffamazione, purché la causa riguardi un individuo specifico, che deve provare la lesione effettiva. La presa in giro, per esempio, non è mai considerata diffamatoria.

Negli Stati Uniti la libertà di parola è ampiamente garantita e le occasionali limitazioni in casi specifici dipendono dalle sentenze della Corte Suprema, per esempio nel caso di provocazione verbale o di oscenità. Rimarchevole è che, non avendo i singoli Stati il diritto di punire chi brucia la bandiera, la legge del Congresso che li ha autorizzati è stata dichiarata incostituzionale dalla Corte suprema perché violava la libertà di pensiero! Mentre il Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti proibisce al Congresso di “fare alcuna legge per limitare la libertà di parola e di stampa”, per contro in Italia è proprio il Parlamento che pretende di limitarla con la “legge Zan”!

Non traspare dalla “mens legislatoris”, obiettivata negli atti e nei dibattiti, quanto la libertà di parola sia fondamentale non solo in sé ma anche per comprendere l’essenza morale, civile, politica, giuridica della libertà tout court. A che servirebbe una libertà di parola che, in modo esplicito o surrettizio, indicasse cosa poter dire oppure no, e come dirlo? Il valore della libertà individuale consiste nel fatto che non sappiamo come la useremo. La libertà che ci viene concessa per usi specifici o per scopi definiti o con divieti particolari, ha quasi nessun valore. Non è più libertà, che invece consiste in un “concetto negativo”. Non da oggi la definisco così: “La libertà è la condizione contraddistinta dall’assenza del suo contrario”. La libertà di parola risultante dall’articolo 4 non ha niente di “negativo” in tal senso, ma è “positiva” perché la condiziona e la circoscrive, subordinandone il contenuto all’intenzione del legislatore.

Ho cercato di domandarmi perché il legislatore abbia voluto l’articolo 4, che all’apparenza sembra addirittura eccentrico rispetto alla “ratio legis”. La risposta a me pare questa: i più accorti parlamentari favorevoli hanno percepito l’impatto della disciplina speciale sulle disposizioni costituzionali ed hanno cercato, maldestramente, di salvare capra e cavoli. Consapevoli del pericolo, hanno cercato di minimizzarlo e mimetizzarlo. Invece l’hanno ingigantito e svelato. Immemori della lezione di William Blackstone: “la libertà di parola e di stampa consiste nel non porre restrizioni preventive, e non nella libertà dalla censura allorché notizie incriminabili siano state pubblicate.”

Infine, Dacia Maraini ha svelato candidamente la ragione politica della “legge Zan”, scrivendo sul Corriere della Sera (12 maggio): “Ho letto la legge contro le discriminazioni omofobiche. Mi sembra scritta in maniera piuttosto farraginosa. Ma la voterei subito. Si tratta di un gesto di grande importanza anche simbolica”. In Italia, è vero, le leggi sono ormai d’ogni genere, al punto da sembrare manifesti, bandierine e, appunto, simboli. A parte ciò, la patria del diritto sbaglia comunque nell’affidare alla legislazione e alla repressione ciò che spetta all’educazione familiare, scolastica, civile.

Aggiornato il 13 maggio 2021 alle ore 09:17